13 MAGGIO, MERCOLEDÌ …

COLLEGAMENTI 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Un pensiero 

Oggi il Vangelo ci porta in campagna, davanti a una vigna, per riscoprire nelle cose che ci circondano e vediamo tutti i giorni, il luogo di residenza delle verità più belle della vita. 

Tra queste, certamente, quella che ci ricorda che la vita esiste solamente perché è COLLEGATA ed è ATTRAVERSATA. 

A dispetto del nostro mondo ego-centrato, dove tanti IO si vantano e ritengono ancora di potere vivere autonomamente e in piena indipendenza, la vite e i tralci, nella loro semplicità ci ricordano che un pensiero del genere è piuttosto ingenuo: esisto perché sono un tralcio attaccato a una vite, dalla quale provengo e provengono tutti i frutti che mi circondano; per la quale vivo, proprio perché, a partire da lei una linfa scorre e mi impedisce di essere infruttuoso e di seccare.

Se qualcuno è insofferente alla creatività del Figlio di Dio e non sopporta questo genere di discorsi,  può benissimo rifarsi alla concretissima esperienza empirica dei nostri giorni: esisto se faccio attenzione con una semplice mascherina, a proteggermi e a non contagiare gli altri. Gli starnuti di Wuhang sono arrivati fino ad Alba. Piccole ingenuità e trascuratezze possono generare grandi conseguenze, a volte addirittura mortali. Vivo e non vivo solo collegato.  Da sempre è stato così, forse lo sapevamo anche, ma abbiamo sempre fatto finta di niente. Noi italici, poi, abbiamo un po’ il vizio, di provarci finché va bene e nessuno ci sanziona. A quel punto, magari, torniamo in noi. Ora, madre Terra ha suonato il campanello per farci interrogare nuovamente sulle nostre responsabilità e sulla cura di quei legami buoni in grado di dare la vita. 

Per l’Agricoltore celeste la cura per la vigna è grande, una cura destinata a potare e a rifinire continuamente  il tralcio affinché non porti semplicemente frutto, ma più frutto, molto frutto! Con una linfa speciale: rimanere in Lui e fare rimanere in noi le sue Parole. 

Proprio vero: sono sempre le parole e i messaggi che ci fanno operare.  Dalla qualità della parola compresa, meditata e vissuta nasce la qualità delle opere. Non è vero il detto: “fatti e non parole”, io dire “parole e fatti!”, le cose vivono sempre insieme, altrimenti anche i fatti da soli possono essere degli asteroidi distruttivi anziché dei semi di possibilità nuove. E le parole buone possono diventare per noi germogli di futuri significativi e di apertura. 

Giornata propizia, oggi, per fermarci e domandarci che genere di parole attraversano e costituiscono la linfa dei nostri cuori e delle nostre menti. 

 

12 MAGGIO, MARTEDÌ …

PIETRE

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, giunsero [a Listra] da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali persuasero la folla. Essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto. Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli si alzò ed entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe.
Dopo aver
annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto.
Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e,
dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto.
Appena arrivati, riunirono la Chiesa e
riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.

Un pensiero …  

Bella storia quella di Paolo & Co.!

Davanti alle menzogne dei “persuasori di folla” (ops, non vi ricorda niente?),  lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto.

Il giorno dopo (c’è proprio scritto così!) Paolo riparte con Barnaba per continuare ad annunciare il Vangelo e ricorda, incoraggiando i suoi ascoltatori, che per entrare nel Regno di Dio bisogna passare attraverso molte tribolazioni. 

Tornati ad Antiochia,  alla fine dei loro viaggi,  raccontano agli  altri che Dio, attraverso di loro, aveva permesso a molti pagani di aprire la porta alla fede.  

E la Parola si tuffa nella nostra vita, o noi ci tuffiamo in essa. 

Pensavo alla difficoltà di entrare nel Regno di Dio, alla richiesta di tribolazioni previste. Non si tratta semplicemente degli altri, ma di noi stessi: difficile a volte “evangelizzare” i nostri cuori e le nostre menti.  Difficile percorrere la “logica” del Figlio di Dio (questo significa, anzitutto, entrare nel Regno di Dio) in mezzo a logiche tutte diverse, che a volte ti confondo, ti seducono, ti rendono la vita difficile e ti fanno fare cose che non vorresti (ricordate Paolo, quando dice: faccio il male che non voglio e non faccio il bene che vorrei?). Eppure quell’ingresso, quella porta aperta della fiducia e della speranza sono le forze vitali più grandi e indispensabili che esistano! Quelle che ti fanno capire che, quando domandano una rinuncia,  lo fanno per farti rinunciare … a ciò che ti fa male e ti fa morire! 

E allora, anche il nostro caro Paolo, grande uomo, grande apostolo, ma, grazie a Dio,  ricco di difetti proprio come noi, ci insegna nella pagina che abbiamo letto, che, a dispetto del fatto che “sembrasse morto” sotto  il peso sferzante delle pietre e delle calunnie persuasive, IL GIORNO DOPO si rialzava per riprendere il suo lavoro di annunciatore. C’è una forza che lo abita, lo precede, lo supera, molto più grande di lui. C’è quel Vangelo della vita. 

E ti rimetti a pensare: gran bel messaggio anche per noi. 

Nonostante tutte le pietre, le lapidazioni dai mille volti che la vita riserva a tutti noi, nella sua anormalissima normalità, la Parola può diventare possibilità per rialzarci, per incamminarci di nuovo “il giorno dopo” e magari, alla fine della giornata, renderci consapevoli che “il Signore aveva fatto”, aveva operato, aveva suscitato qualcosa di nuovo che non ci aspettavamo neanche. 

“Nella tua Parola, io camminerò” dice un canto da noi conosciutissimo. 

Sarà proprio così anche per me? 

11 MAGGIO, LUNEDÍ …

PRETI, CARDINALI e … PELLICCE

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Un pensiero:

Sabato sera, in televisione, hanno replicato uno spettacolo di Benigni, di qualche anno fa, sui dieci Comandamenti. 

Col il suo fare burlone e particolare, all’inizio della serata, il comico ha detto una cosa molto simpatica: “questa sera nessuno di noi mi venga a dire di non credere in Dio! Stasera per capire i comandamenti non ce lo possiamo permettere … e nonostante ci siano dei preti e dei cardinali, che fanno di tutto per non farci credere, noi vogliamo continuare a credere in Dio!”. 

É stata un’uscita intelligente, perché, a prescindere dal fatto che sia vero che a volte preti e cardinali non siano così appetibili e attraenti dal punto di vista testimoniale, a volte capita, nelle nostre vite, che siamo pronti a sciorinare un lungo elenco di motivi per cui decidiamo di non credere, senza avere le idee altrettanto chiare relativamente ai motivi per credere in Dio.  

E si butta tutto via: acqua sporca e bambino! 

La prima lettura di oggi, dagli Atti degli Apostoli ci chiarisce le idee.

Si racconta che “c’era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava Paolo mentre parlava e questi, fissandolo con lo sguardo e vedendo che aveva fede di essere salvato, disse a gran voce: «Àlzati, ritto in piedi!». Egli balzò in piedi e si mise a camminare”.

Ecco quale dovrebbe essere l’elemento discriminante e generativo della nostra fede: “avere fede di essere salvati” aprendo il nostro cuore a Colui che ha solo questo desiderio: farci rialzare, ritti in piedi! E … vedendo che aveva fede di essere salvatobalzò in piedi e si mise a camminare! 

Anche il Vangelo di oggi, come lo show del comico di sabato,  parla di comandamenti, che nel Vangelo sono sintetizzati in un unico comandamento in grado di riattivare e accendere la vita sempre e nonostante tutto: l’amore. 

Sappiamo che non si ama per comando, ma Gesù lo sapeva anche bene. Anche Lui, infatti,  per amare sino alla fine aveva bisogno insopprimibile di trascorrere del tempo “presso il Padre”, di sentirlo accanto a Lui. C’è una gerarchia di azioni: l’amore è preceduto dall’ascolto della Parola; l’ascolto e l’osservanza della Parola permettono a Dio di “prendere dimora in noi”; la presenza di Dio in noi cambia il nostro cuore e ci rinnova: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 

Il nome della nostra “identità”, dal punto di vista cristiano, è “alleanza”. 

Solo questo legame atteso, curato e vissuto con attenzione sarà in grado di farci ricomprendere una cosa importante: “non ci sono cardinali, preti o incoerenti cristiani che tengano,  e neanche frasi come: “quelli sono peggio degli altri”, o pellicce di dame agghindate a festa come un albero di Natale”, perché credere in Dio significa avere, anzitutto, fede di essere salvati da Lui. Se manca questo, non potrà esserci neanche il resto. E noi rimarremo nell’ambito delle recite teatrali. 

Tanti personaggi  affannati… poche persone liberate.

10 MAGGIO, DOMENICA …

LA PAROLA AI … CRESIMANDI! 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

 

Ebbene sì, oggi ci aiuteranno a riflettere sul Vangelo i nostri giovani amici che si preparano a fare la Cresima. Vi invito a leggere e gustare le loro riflessioni, magari con molta attenzione e lentezza,  facendo 30 secondi di silenzio tra una e l’altra, per interiorizzarle e farci incontrare dal loro pensiero e dalla loro sensibilità. C’è sempre da ricevere quando il nostro cuore diventa ospitale: 

 

1. Mi ha colpito il passo in cui Gesù dice “In verità, in verità io vi dico: chi crede in me,  anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre“. Mi fa pensare che nel nostro piccolo ognuno di noi, seguendo gli insegnamenti e l’esempio di Gesù, può  compiere grandi cose. Ogni nostro piccolo gesto può avere un grande valore se esprime servizio e amore verso il prossimo.

Matteo

2. ”Signore non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?”: secondo me rappresenta l’indecisione che paralizza gli uomini nella vita quotidiana. Alla fine però è proprio in Dio che troviamo la risposta alle domande che ci immobilizzano, ed è allora che la nostra indecisione si trasforma in sicurezza e voglia di fare.

Pietro

3. “E del luogo dove io vado conoscete la via”: Gesù vuol dire ai discepoli che Lui è la via verso il Padre e il Paradiso.

Federico

4. ”Credete a me: io sono nel padre e il padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me,  anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché  io vado al Padre”:  per me questa frase che Gesù rivolge ai suoi discepoli ha un messaggio di fiducia. Gli fa capire che loro non hanno bisogno di vedere il Padre, perché egli è proprio davanti a loro. Se loro seguiranno Gesù nel suo cammino saranno anch’essi artefici del bene che egli può fare. Gesù in questo caso si rivolge ai discepoli, ma anche a noi, per farci capire che  seguendo Gesù seguono anche il Signore. 

Federica

5. “Perché dove sono io siate anche voi”: in un momento così difficile dobbiamo restare tutti uniti dentro ma distanti fuori.

Andrea

6. Il vangelo inizia con questa frase: “ Non sia turbato il vostro cuore”, una frase che io ritengo particolarmente significativa e che mi riempie di speranza.Lui non ci chiede di essere all’altezza di tutto, lui non ci da un livello di importanza in base a cosa facciamo, non valuta i nostri risultati, ci chiede solo una cosa, rimanere in pace, e lo fa usando l’imperativo come ci dice Giovanni; questo fa capire l’importanza che ha per lui questa cosa, l’importanza che dovrebbe avere per tutti.

Arianna

7. “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.  Questa citazione mi fa pensare a una persona che ti vuole bene, che ti accoglie così come sei e che ci tiene a te. Dio non vuole perdermi e mi fa pensare che non mi tradirà mai per tutta la mia vita.

Carola

8. “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Leggendo il Vangelo di oggi ho cercato di comprenderne  il significato e ho capito che questa frase mi faceva molto riflettere. Come primo impatto non sono riuscita ad elaborare una vera e propria considerazione ma, al contrario, ho invece assaporato il profondo significato della speranza.

La speranza! Dio che mi tende la mano, vuole aiutarmi, vuole che io stia bene… E io ho fatto nella stessa maniera con qualcun altro? Ora come ora tutti noi abbiamo delle necessità, dei problemi e delle insicurezze, ma adesso come adesso possiamo e dobbiamo essere in grado di porgere la mano verso gli altri, verso chi ci ha sempre donato un sorriso ma anche verso chi è sempre stato un nostro rivale. Anch’io ora ho bisogno!I miei parenti, amici e le mie abitudini mi iniziano a mancare troppo, ma a casa ho chi è capace di darmi un regalo e un abbraccio e che mi sa insegnare a non arrendermi e a tendere la mia  mano verso la gente!

Rebecca

9. “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore”: ho scelto questa frase perché mi piace il fatto che ci siano molte dimore, quindi ci può essere un po’ di spazio per tutti, semplicemente basta che seguiamo e ascoltiamo Gesù, noi dobbiamo fidarci di lui e basta, perché è lui che ci prepara un posto, è lui che ci indica la via, la strada, e tutte queste grandissime cose le otteniamo nel momento in cui noi ascoltiamo gli insegnamenti di Gesù e li mettiamo in pratica nella vita di tutti i giorni.

Matteo

10. Una frase che mi ha colpito è “non sia turbato il vostro cuore” ; mi dà serenità perché mi fa sentire protetto da Dio. Lui placa i miei timori e rende il mio animo tranquillo,  e poi, “Vi avrò preparato un posto”, quindi questa pace che Dio mi dona in vita continuerà anche dopo la morte. 

Andrea

11. “Perché dove sono io siate anche voi“.
È questa la frase che mi ha colpito nel Vangelo della prossima Domenica. Questo mi ha fatto ricordare che Gesù era come noi, non ha trattato i suoi discepoli come servi, ma come fratelli. Dio che è padre, figlio e spirito santo, si è fatto carne ed è sceso in mezzo a noi.
Soprattutto in questo periodo di difficoltà, anche se non possiamo starci vicini fisicamente, proviamo a farlo con la mente e con il cuore. Perché ognuno di noi merita l’aiuto necessario per stare bene. Quindi, così come dobbiamo amare il prossimo come noi stessi, dobbiamo anche rispettare il prossimo come noi stessi.

Nicole

12.  “Perché dove sono io siate anche voi” , secondo me questa frase ha un significato di incoraggiamento soprattutto in questo periodo dove non puoi vedere le persone a te care ma c’è speranza e fiducia che tutto andrà bene.

Sofia

Grazie a tutti, ragazzi e … BUONA DOMENICA!

9 MAGGIO, SABATO …

VEDERE IL PADRE

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

Un pensiero:

Il Vangelo di Giovanni non è mai particolarmente “emozionante” a una prima lettura, anzi, a volte sembra farraginoso, intricato e incomprensibile, coi suoi lunghi discorsi e le sue frasi enigmatiche e contorte.  

Cosa significa questa richiesta di Filippo? 

Cosa vuol dire “vedere il Padre”? 

Non so, per capirci qualcosa mi rifaccio a un’espressione, piuttosto gergale, in uso tra noi. Quando una persona sta molto bene è solita dire: “sto da Dio!”. Ma non nel senso che si trova presso il Padre, ma nel senso che ritiene di stare come dovrebbe stare Dio: “tutto ok, senza problemi, le cose vanno benissimo, un successo dopo l’altro, ogni cosa che faccio va benissimo! Altrimenti … che Dio sarebbe?”. 

Allora dire: “mostraci il Padre” significherebbe: mostraci la definitiva soluzione della stanchezza della vita, la liberazione dai fastidi e dalle tristezze, dalle oppressioni politiche (i nemici di Israele) e dal fastidio del cammino quotidiano … 

Ora, se un sedicente cristiano dicesse una frase del genere con quello stesso spirito, a mio parere non si potrebbe più definire così, perché  il discepolo capisce chi è Dio guardando Gesù (“Chi vede me vede il Padre”!), comprendendo che la vita del Signore è assai più complessa, tutt’altro che priva di problemi: le sue opere e le sue parole non riscontrano sempre (anzi, raramente, quasi mai) il gradimento del “pubblico”, soprattutto degli uomini pieni di se stessi; il suo desiderio di portare luce nel buio, categoricamente rifiutato; gli ultimi giorni della sua vita un fallimento completo sulla Croce. Insomma … che razza di Dio???

Eppure Gesù ci dice solo questa cosa: che il Padre, Dio,  uno lo può vedere PROPRIO AL CENTRO DI UNA VITA COSÍ: contraddittoria, faticosa, ambigua, gioiosa e straziante.  Ma può “vedere il Padre” SOLO chi , nel mezzo delle cose che capitano,  RIMANE in Lui: ” il Padre rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse”.

E allora, forse, più che dire “stare da Dio”, dovremmo imparare a “stare con Dio”, il quale non cambia l’inesorabile e imprevedibile scenario dei nostri giorni, ma, all’interno di questa stranezza, cambia il nostro cuore per vivere,  dando prospettive di speranza e vita che impediscono alla morte di avere l’ultima parola su di noi. Se Dio, ci dice Gesù, ha la Prima Parola per noi, allora, e solo così, diventerà la parola Ultima e Definitiva in grado di rialzarci, cambiarci, farci riprendere i cammini, con la certezza che nulla, ma proprio nulla è perduto. 

Forse, se ci pensiamo bene, noi non abbiamo abbandonato il Dio del vangelo, di cui parla Gesù, ma quello delle nostre fantasie. 

Quello di Gesù si è rivelato nel modo di vivere del Figlio, che, guarda caso, è proprio molto simile al nostro. Ma lì, proprio lì, SOLAMENTE così, ha qualcosa da dirci. 

Per riflettere: 

Quando penso Dio, sono sicuro di pensare a Gesù?

8 MAGGIO, VENERDÌ …

 

OGGI 

Dal Vangelo secondo Giovanni 

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».

Dal Salmo 2

“Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato” 

Un pensiero … 

In una frase, di poche parole, il Salmo 2, a mio parere condensa tutto il significato di una vita umana: la scoperta di quel legame che nel/dal tuo oggi ti permette di vivere. 

Anzitutto, dire che “qualcuno ci genera”, per Gesù significa comunicarci che il nome di Dio è PADRE, ossia uno che ha la possibilità di  metterti al mondo (che non significa solo un gesto biologico!), di comunicarti  novità e  nuove energie. Un Padre che nel suo Figlio Gesù, per chi lo vuole, ha sempre da suggerire orizzonti e direzioni. 

É bello cominciare la giornata, o concluderla per “innaffiare” quella successiva, con quella Parola di vita che ti permette di ricominciare e trasformarti continuamente, accompagnato dal suono promettente di una memoria, che continuamente ti dà vita e inizio. L’ha detto Giovanni: IN PRINCIPIO ERA IL VERBO. All’inizio di tutto c’è sempre una parola, una suggestione, una comunicazione. Sarebbe bello chiederci quali sono le nostre, quali sono le parole “generative” che ci danno la vita, e quanto tempo riserviamo loro per leggerle e farle scendere sempre più in profondità. 

Inoltre la parola non è un frutto, ma un seme da mettere nella terra della vita: non è una “cosa a disposizione”, ma una VIA – come dice Gesù a Tommaso –  ossia un percorso da fare, a partire dalla Verità che Lui è per noi. 

Ogni OGGI diventa allora una possibilità unica e irripetibile. 

Ogni OGGI sarebbe bello ripetere quelle parole che le persone della mia età, in giovinezza o adolescenza, appendevano sul muro della loro camera: “TODAY IS THE FIRST DAY OF THE REST OF MY LIFE” . Sì, oggi è una possibilità unica per ricomiciare, oggi è il primo giorno del resto della mia vita. 

Attenti a due malattie terribili, che sono il RINVIO e la DIMENTICANZA. Per noi e per la cura della nostra “spiritualità” – che io amo definire il “respiro della nostra concretezza” – sembra che ci sia sempre tempo, e poi, piano piano il rinvio si trasforma in oblio, ma con tutta l’amarezza di sentire che qualcosa dentro di noi non funziona: si sente un vuoto, un’oscurità, la percezione che manchi qualcosa di importante. E allora ci si giustifica, anche perché per riscoprire il positivo della vita occorre guardare negli occhi il negativo che c’è in noi (allora è meglio rinviare!); e anche perché per pulire la casa occorre rimuovere tutta la sporcizia che abbiamo nascosto sotto il letto, tanto non si vede (meglio dimenticare!!) … ma continua a farsi sentire. 

L’unico modo per fare pulizia è tirare fuori la sporcizia. 

PERCHÉ NON RIUSCIAMO A FIORIRE? PERCHÉ I NOSTRI “OGGI” SONO SEMPRE UGUALI AI NOSTRI “IERI”? PERCHÉ CI DIFENDIAMO DALLA VITA CHE URLA DENTRO DI NOI? 

OGGI potrebbe essere un momento speciale per farci “liberare dal male” da Gesù, facendo un bellissimo lavoro di bonifica che Gesù è venuto a inaugurare per coloro che gli rispondono: “sì, lo voglio!”. 

Cosa c’è da perderci? Proprio nulla. 

Anzi! 

7 MAGGIO, GIOVEDÌ …

LAVARE

Dal Vangelo secondo Giovanni

[
Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto;
ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

Oggi il Vangelo ci fa fare un “passo indietro”

Torniamo agli ultimi gesti e alle ultime parole che Gesù pronuncia e fa, lasciandoli come “eredità” per la “memoria” dei suoi discepoli.

Leggendolo mi colpiscono tre cose: 

1. DEVE COMPIERSI LA SCRITTURA

Deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. 

Gesù  dice queste parole ai suoi discepoli parlando del tradimento di Giuda.  

Strano modo di compiersi della gloria del Figlio di Dio.  Eppure, Gesù pensa che il suo modo  più esatto di “essere Dio” ai piedi di Giuda,  sia proprio quello di continuare ad offrirgli la possibilità di lavare i suoi piedi e  dargli da mangiare, ossia di lavarlo e di nutrirlo, proprio come fa un genitore con il proprio figlio.

La fedeltà più forte del tradimento è segno unico di quella (divina) umanità capace di  riaccendere la possibilità di vivere, anche lì dove la morte sembra avere l’ultima parola. 

Amare, allora, servire la vita, i fratelli,  a partire da Gesù, non sono più  i gesti delle “persone buone”,  ma le potenti decisioni di donne e uomini coraggiosi che sanno che, a volte, si può continuare solo così,  nonostante tutte quelle forze avverse che la vorrebbero asservire, svilire e spegnere. 

Sapendo una cosa: l’amore non può essere né imposto né autoimposto, deve nascere da una comprensione, una consapevolezza e una scelta con radici ben più profonde, e il Vangelo ci racconta COME e QUANTO Dio ci ami, attraverso Gesù.

2. AI PIEDI (dei discepoli)

Gesù si mette ai piedi dei discepoli per dirlo. Lava i loro cammini, non ha paura di “scendere” per incontrarsi con l’odore, a volte sgradevole, della terra e di ciò che si può calpestare lungo la strada: di tutto! In quel gesto Giovanni identifica il gesto eucaristico del dono del suo corpo per noi. E ricorda ai suoi discepoli che un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. 

Beatitudine sarà “mettere in pratica”. 

Il Vangelo parte di lì. 

Solo quello il mandato della memoria del discepolo. 

3. AL POSTO (di Gesù) 

Oppure può capitare che a volte ci si metta “al posto di Gesù”  e/o di Dio. 

Allora capitano i pasticci: quella che voleva essere una Buona Notizia di speranza, amore e liberazione si trasforma in  pessima comunicazione di disperazione, paura, chiusura e oppressione. 

La storia insegna, non abbiamo bisogno di fare troppe esemplificazioni. 

Nel grande e nel piccolo le cose non cambiano. 

Oggi il Vangelo ci invita a prendere una POSIZIONE, a chiederci: ma noi, che ci diciamo cristiani, dove siamo: AI PIEDI, o AL POSTO di Gesù?. 

O da nessuna parte? Ma anche quella è una decisione! 

6 APRILE, MERCOLEDÌ …

LUCE SIA! 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato.
Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché
non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, 
che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

Un pensiero: 

Leggendo il Vangelo di oggi,  mi è tornata alla mente questa foto che, qualche mattina fa, mentre sorgeva il sole, ho scattato dalla finestra di casa mia. 

Più che spiegare e meditare, oggi vorrei invitarvi a contemplare, ossia a notare con stupore due elementi dell’immagine: il gesto benedicente di Gesù è all’altezza della luce del sole e  della Parola che sorregge con l’altra mano.  

Adesso lo sappiamo, alcuni di noi lo hanno addirittura accettato: Gesù  possiamo sceglierLo come Maestro e Luce per la nostra vita.

La Parola altro non è che il segno della BENE-DIZIONE che Gesù ci offre  come possibilità di luce perenne e costante nel buio della nostra vita:

Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. 

Proviamo a fare risuonare nel nostro cuore questa parola, magari quando oggi ci fermeremo due minuti per riavere un po’ di pace nel cuore. Facciamo scendere nel nostro profondo questa convinzione: Gesù desidera solo venire da me per “fare luce” per “essere” la mia luce. 

E poi, l’altra bellissima frase:

non sono venuto per condannare il mondo ma per salvare il mondo

É tempo che ricominciamo a domandarci quanto spazio  ci sia dentro di noi per accoglierne la luminosità, per chiederci se la nostra vita sia una risposta alle tenebre o alla luce, alla morte o alla vita. Proviamo a scendere un po’ nel profondo di noi stessi, ad abbandonarci alla luce di Gesù, a farci abbracciare da questa parola: non sono venuto a condannarti, ma a salvarti, a darti vita, luce e accoglienza!. 

5 MAGGIO, MARTEDÌ …

CHIARE, FRESCHE, DOLCI ACQUE … 

Dal Vangelo secondo Giovanni

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore
ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Dal Salmo 86

E danzando canteranno:
«Sono in te tutte
le mie sorgenti».

Un pensiero: 

Per conoscere le cose bisogna andare in profondità, la natura ci insegna tutto! 

Me lo diceva stamattina un signore che ascoltava il mio racconto sugli innocenti fili di tenera erbetta, che si insidiano tra i cubetti di porfido del cortile della Parrocchia. Esili e impercettibili all’esterno, ma con radici nascoste, grandi e forti, capaci addirittura di smuovere il cemento. 

Verissimo: la natura ci insegna tutto! Quante cose, esteriormente, “sembrano nulla”, ma “in realtà …” 

Questa cosa la sapeva  benissimo tutta la sapienza biblica, di cui è impregnato anche  il linguaggio di Gesù: uva, pastori, pecore, grano, lievito, le cose di tutti i giorni costellano la lingua del Vangelo e ci parlano del Regno di Dio, in modo chiarissimo e inequivocabile. 

E allora, vediamo come, oggi, ci può venire incontro l’uso di queste parole per vivere la nostra giornata, o concluderla, per chi, magari, leggerà di sera. 

ERA INVERNO 

Sembra un’annotazione buttata lì per caso. Eppure se Giovanni l’ha messa ci sarà un significato. 

Inverno: tempo di attesa, di riposo della terra, di morte apparente, di sogni di frutti,  di sole e di calore. 

É significativo pensare Gesù come la possibilità del riscatto dell’inverno. Il Risorto che, nel Tempio, è la vita oltre la morte, oltre ogni morte che decide di non arrendersi a se stessa, ma si apre, con coraggio e decisione, con esiti a volte assai alterni, al Vivente. 

C’è il Tempio e c’è il Signore. Non sono la stessa cosa. Non è detto che la frequenza del Tempio corrisponda alla ricerca del Signore. Come per  i Giudei, ferventi religiosi, che non vogliono credere in Lui. Anche se gli parlano. Anche se gli fanno delle domande. Non appartengono al gregge di coloro che scelgono Gesù come pastore della loro vita. 

ASCOLTARE, CONOSCERE, SEGUIRE

Quelli che, invece, fanno parte del gregge del Pastore buono sono coloro che ascoltandolo, lo conoscono e lo seguono. Tre verbi diversi che però dicono e definiscono il senso della fiducia e dell’affidamento. Il senso della fede. 

Fede è sempre ascoltare una voce o un’ispirazione, approfondirla e conoscerla sempre di più, e seguirla, ossia renderla possibilità di viaggio e di cammino. Diciamo FEDE, ma potremmo dire anche molto semplicemente VITA.  Perché la fede É questione di vita! Se la mattina, quando ti devi alzare dal letto, non hai una voce che guida i tuoi pensieri, che ti rende responsabile (ossia, capace di risposta), che dà senso a quello che fai e ti fa organizzare il tempo e il senso e il cammino, allora, veramente, quando manca,  senti dentro di te che la migliore cosa da fare è girarsi sull’altro fianco per continuare a dormire. 

La cura della ricerca di ciò che in modo sempre più sensato, profondo e radicale fonda la mia vita è il lavoro di cui maggiormente avremmo bisogno ogni giorno, e, sovente, il più disatteso. 

É acqua, ma non abbiamo tempo per bere. É cibo, ma non abbiamo neanche tempo per mangiare. E non lo dico ironicamente. Però, se non ripartiamo di lì, ho paura che quella seducente voce della resa sull’altro fianco, possa prendere sempre più spazio, magari sotto le spoglie di un attivismo euforico,  immemore della sua vera fame. 

SONO IN TE TUTTE LE MIE SORGENTI

Concludiamo così, tornando all’acqua, all’essenziale. 

Perché tutto parte di lì, dalla nostra sorgente. 

Bene scrive Erri De Luca nel suo libro E disse: “Chi vede un fiume guarda il verso in cui scorre, dove scende secondo la corrente. Ma il futuro di un fiume è alla sorgente”. Ossia, viviamo e “scorriamo” in base a quello che noi scegliamo di mettere “all’inizio”.

E le differenze … sono grandi!

Per riflettere: 

Qual è la mia sorgente? 

4 MAGGIO, LUNEDÍ …

ESCO! 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse:
«Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.
Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

UN PENSIERO … 

Oggi inizia la FASE 2.

Si sente: la strada è più rumorosa, i marciapiedi molto più affollati, unica differenza rispetto a “prima”, una mascherina sulla bocca. 

Si esce! Non vedevamo l’ora. 

Ma si esce … da dove? 

Da casa! 

Solo da casa? 

Beh, sì, è già tanto. Però, sinceramente, voi non avreste anche voglia di uscire, non solo da casa, ma come ci suggerisce il quadro, da qualcos’altro che ci ingabbia, che ci tiene ostaggi, che, aldilà della pandemia ci fa sentire un disagio e un malessere di base che non ci fa sentire all’altezza del nostro cuore, dei nostri desideri e del nostro essere quello che siamo? 

Forse  io sono un po’ paranoico, ma ogni giorno sento questa necessità:  incontrare qualcuno che mi permetta di farlo, che mi consenta di non vivere solo, racchiuso dalle  quattro cornici del quadro, ma mi faccia vivere, mi apra, mi lanci nel mondo, diverso. 

Stamattina, mentre celebravo la Messa leggevo queste parole nel prefazio: “ In Lui (Gesù), vincitore del peccato e della morte, l’universo risorge e si rinnova, e l’uomo ritorna alle sorgenti della vita 

Ecco chi è per me Gesù: Colui che mi permette di tornare quotidianamente “alle sorgenti della vita”. Oltre la morte, oltre il peccato, che non è semplicemente cattiveria, ma opera che esprime la nostra terrificante paura di fidarci di Dio e della sua Promessa. Solo il peso di questa paura ci fa agire con gesti che tendono a “conservare” qualcosa che, per sua natura, esiste solo se si decide di donare: la vita. 

Vita che si chiama così perchè si muove. 

Vita che si chiama così perchè esce. 

Vita che si chiama così perchè non annega in se stessa. 

Vita che si chiama così, perchè sola forza che vince la morte. 

E oggi Gesù, Buon Pastore, nel Vangelo ci svela il SUO segreto, che può diventare anche il nostro, affinché la vita non sia mai sequestrata, distrutta e derubata da nessun brigante (come diceva il Vangelo di ieri): 

“NESSUNO ME LA TOGLIE PERCHÉ IO LA DONO DA ME STESSO”

Ecco perché Gesù è il Risorto! Gesù non può essere ucciso, perchè la sua vita è stata data fino alla fine, senza riserve e ripensamenti. Manco la morte può farcela. 

Nel momento in cui anche noi decidiamo di donare una cosa, nessuno ci deruberà. 

Questa è l’unica forma per riprendere i cammini e USCIRE!

Non solo da casa, ma da noi stessi! 

E magari … dietro al Buon Pastore! 

Buona ripresa a tutti! 

Per riflettere:

Io, da dove e da cosa voglio uscire?