Per chi vuole alle ore 21,00
Corso Piave, 71/b – 12051 Alba Cn
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Chissà perchè in questi giorni mi ritorna in mente quell’espressione adoperata da Giovanni nel libro dell’Apocalisse, quando dice: “mi girai per vedere la voce”?
Forse il Vangelo dice il senso di questa espressione, quando Gesù, presentandosi come il pastore che conduce le sue pecore ai pascoli della vita afferma: esse “ascoltano la mia voce”. Ascolto è VISIONE di futuro. Perchè noi diventiamo quello che ascoltiamo. Siamo il presente del passato del nostro ascolto. Quando il bambino sente la voce della mamma non sa ancora perchè, ma il suo cuore è pieno di gioia, perchè sa che sta arrivando la presenza che lo accudisce, lo nutre, lo circonda di affetto e di tenerezza. Il suono di questa voce gli è già sufficiente per farlo sorridere, per illuminare i suoi occhi, per fargli tendere le braccia, sa che la voce è rivelazione di chi parla e di chi incontrerà. Anche la Parola di Dio è così: la senti e quando inizi ad accoglierla, ossia, ti giri verso di essa per permettere di raggiungerti, tu inizi a VEDERLA, perchè prende forma, si concretizza, apre il tuo mondo e lo riempie di significato. E il tuo cuore, come quello di un bambino, ricomincia a riempirsi di gioia perchè sai che quella Parola coincide con Colui che la dice: il Signore Gesù.
Gesù fa una promessa: “io dò loro la vita eterna”. Ossia, Gesù comunica con noi affinché la nostra vita sia custodita e mai distrutta da nessuna forza avversa e nessuna comunicazione ammalata. Noi siamo circondati dalla parole. La nostra mente, quando la nostra bocca è chiusa, ci parla, ci dice tante cose. Alcune parole ci fanno bene, altre ci ammalano. Quella di Gesù vuole essere un DONO DI VITA COSTANTE: quando mi metto ad Ascoltare il Vangelo è come se mi mettessi davanti al sole: per essere scaldato nel gelo del mio cuore, per essere illuminato quando ho la percezione che attorno a me c’è ben poca luce in grado di farlo.
E infine: “nessuno le strapperà dalla mia mano”. NIENTE! NESSUNO! Non ci sarà mai nulla di perduto. Perchè Gesù e Dio sono UNO, e noi siamo anche uno in Gesù che è in Dio. Niente ci strapperà dalle mani di questo amore che ci viene incontro e vuole proteggerci. Neanche la morte. San Paolo lo aveva capito: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? “ , risposta: … “in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore”.
Proviamo a vivere questa settimana IN ASCOLTO, orientati VERSO QUANTO CI DÁ VITA e SICURI CHE NELLE SUE MANI non ci sarà mai, ma proprio mai, nulla in grado di toglierci la vita. Neanche la morte!
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Ma che strano, Gesù, il Risorto, torna tra i suoi discepoli e questi non si accorgono che è Lui! Com’è possibile, dopo averci trascorso tre anni assieme, dopo avere condiviso cammini 24 ore su 24: non si accorgono di Colui che è stato il loro Maestro e il loro Signore? E questo non capita solo immediatamente dopo la Resurrezione, ma anche dopo … infatti, ci dice il Vangelo, “era la terza volta che Gesù si manifestava”. É interessante: i discepoli – come anche noi, suoi discepoli di oggi – siamo nella medesima situazione. Noi a volte ci diciamo … “se solo lo vedessimo, ci accorgeremmo di Lui” … Così non è invece, perchè loro vedono e non si accorgono.
Il Vangelo ci dice allora una cosa che vale PER TUTTI: sia per chi l’ha visto, sia per chi non l’ha visto: IL RISORTO SI CONOSCE SOLO NEL RI-CONOSCIMENTO DEI GESTI CHE CI HA LASCIATO IN SUA MEMORIA PER RACCONTARCI E PERMETTERCI DI FARE ESPERIENZA DELLA SUA PRESENZA IN MEZZO A NOI. E quali sono questi gesti? 1. La Parola e 2. Il Pane della vita: preso, spezzato, condiviso e donato. Ossia, anzitutto, l’Eucarestia. Ossia, di conseguenza, ogni pensiero e ogni gesto che nell’amore e nel dono trova la sua sorgente per ostacolare ogni forza di morte che si trova lungo il cammino. E che accade “ogni volta che lo avete fatto (e riconosciuto) al più piccolo dei miei fratelli”.
La coscienza dei sette discepoli che quello era Gesù sorge proprio così: nel momento che si affidano e si fidano del suo invito a gettare la rete dall’altra parte, dopo una notte di pesca infruttuosa (la Parola di Dio) e dal modo di Gesù di avvicinarsi, prendere il pane e donarlo. Pane e Parola: Eucarestia. Vivere la Messa, allora, significherà ricomporre le nostre diversità attorno al solo che rimane sempre se stesso per noi: Gesù. Attorno a quell’UNICO che armonizza tutte le nostre differenze che si ricompongono e re-suscitano ogni volta che ne viviamo consapevolmente l’incontro. Finalmente riconosciuto: ” E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore”.
Per chi desidera, alle ore 21,00
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Anche quest’anno voglio rinnovare la tessera del Partito dell’Apostolo Tommaso: imparando a dirmi e ridirmi che QUEL Signore Risorto è QUEL Signore Crocifisso: con le mani bucate e il fianco ferito. Il Signore vittorioso, che è VIA, VERITÁ e VITA – anche nella nostra Chiesa – sta tra la vetrata della Passione e quella della Resurrezione. Non c’è solo quella della vita semplicemente esplosa e luminosa: il Vangelo si adagia totalmente nei solchi profondi provocati dalle nostre lacrime, per destinarle ad altri orizzonti. Altrimenti torniamo al dio-di-satana: vittorioso, splendente, sola luce, fuochi d’artificio ed effetti speciali: questa roba non rispetta la serietà e la fatica della vita, non mi interessa. E infatti lo si lascia, come fanno la maggior parte delle persone, non passando dal Vangelo per (non) credere in Dio.
Ci rimane solo a disposizione quel “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”; una frase che – nonostante la nostra supposizione che il fatto di vedere il Maestro evitasse le fatiche che noi dobbiamo fare per avere fede in Gesù – ci ricorda che il Signore, in realtà, non si conosce quando lo si vede con gli occhi, ma nel momento in cui, fidandosi e credendo in Lui, ci si ri-crede sul nostro personale modo di vedere e concepire Dio. Fin dalla Pagina dell’Annuncio di Gabriele a Maria, il Vangelo mette in evidenza questo fatto: Dio lo vedi perchè lo ascolti e lo accogli. Il tuo cuore disposto a farsi modellare da questa parola, che non si può possedere ma soltanto ricevere, propizierà e renderà possibile la constatazione che quando inizi a fidarti di Dio e ad affidarti a Lui inizi a vedere la tua vita e il tuo mondo in modo nuovo e diverso: da resuscitato. Ossia, NUOVAMENTE SUSCITATO e RIMESSO IN PIEDI, CAMBIATO. I discepoli incontrati dal Risorto sono proprio i “cambiati” nel loro modo di concepire Dio e la loro umanità. Le porte della paura sono chiuse, ma Gesù è in mezzo: entra vita, aria, luce, inizia la missione della Chiesa che nasce da un amore accolto che riempie il cuore di pace e scatena la gioia di sapere che la vita ha un senso nuovo e tutto diverso.
Inizia con la Domenica delle Palme la settimana suprema della storia e della fede. In quei giorni che diciamo «santi» è nato il cristianesimo, è nato dallo scandalo e dalla follia della croce. Lì si concentra e da lì emana tutto ciò che riguarda la fede dei cristiani.
Per questo improvvisamente, dalle Palme a Pasqua, il tempo profondo, quello del respiro dell’anima, cambia ritmo: la liturgia rallenta, prende un altro passo, moltiplica i momenti nei quali accompagnare con calma, quasi ora per ora, gli ultimi giorni di vita di Gesù: dall’entrata in Gerusalemme, alla corsa di Maddalena al mattino di Pasqua, quando anche la pietra del sepolcro si veste di angeli e di luce. Sono i giorni supremi, i giorni del nostro destino. E mentre i credenti di ogni fede si rivolgono a Dio e lo chiamano nel tempo della loro sofferenza, i cristiani vanno a Dio nel tempo della sua sofferenza. «L’essenza del cristianesimo è la contemplazione del volto del Dio crocifisso» (Carlo Maria Martini).
Contemplare come le donne al Calvario, occhi lucenti di amore e di lacrime; stare accanto alle infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli, nella sua carne innumerevole, dolente e santa. Come sul Calvario «Dio non salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non protegge dalla morte, ma nella morte. Non libera dalla croce ma nella croce» (Bonhoeffer).
La lettura del Vangelo della Passione è di una bellezza che mi stordisce: un Dio che mi ha lavato i piedi e non gli è bastato, che ha dato il suo corpo da mangiare e non gli è bastato; lo vedo pendere nudo e disonorato, e devo distogliere lo sguardo.
Poi giro ancora la testa, torno a guardare la croce, e vedo uno a braccia spalancate che mi grida: ti amo. Proprio a me? Sanguina e grida, o forse lo sussurra, per non essere invadente: ti amo. Perché Cristo è morto in croce? Non è stato Dio il mandante di quell’omicidio. Non è stato lui che ha permesso o preteso che fosse sacrificato l’innocente al posto dei colpevoli. Placare la giustizia col sangue? Non è da Dio. Quante volte ha gridato nei profeti: «Io non bevo il sangue degli agnelli, io non mangio la carne dei tori», «amore io voglio e non sacrificio».
La giustizia di Dio non è dare a ciascuno il suo, ma dare a ciascuno se stesso, la sua vita. Ecco allora che Incarnazione e Passione si abbracciano, la stessa logica prosegue fino all’estremo. Gesù entra nella morte, come è entrato nella carne, perché nella morte entra ogni carne: per amore, per essere con noi e come noi. E la attraversa, raccogliendoci tutti dalle lontananze più perdute, e a Pasqua ci prende dentro il vortice del suo risorgere, ci trascina con sé in alto, nella potenza della risurrezione. (E. Ronchi)
LUNEDI, MARTEDI, MERCOLEDI DELLA SETTIMANA SANTA:
ORE 9,00: Celebrazione Eucaristica
GIOVEDI SANTO:
ORE 10,00: MESSA DEL CRISMA IN DUOMO:
ORE 20,30: MESSA DELLA CENA DEL SIGNORE
VENERDI SANTO:
ORE 15,00: CELEBRAZIONE DELLA PASSIONE DEL SIGNORE;
ORE 20,30: CELEBRAZIONE DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
SABATO SANTO:
ORE 20,30: VEGLIA PASQUALE