LA PREGHIERA, CUORE DELLA VITA

Riporto la sintesi dell’incontro con don Pino Isoardi, della Città dei Ragazzi di Cuneo. Un momento bellissimo, molto partecipato sul tema della preghiera, che sta a cuore a tutti. 

 

LA PREGHIERA, CUORE DELLA VITA. 

I due polmoni della comunità dei piccoli fratelli di Charles de Foucauld, sono I POVERI, nostri maestri, e la PREGHIERA: per scoprire Gesù nell’Eucarestia e servirlo nei poveri. 

I poveri educano anzitutto ad avere un LINGUAGGIO SEMPLICE. 

Iniziamo da un testo di Matteo: 

Mt. 7, 21 Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22 Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? 23 Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me … 

A volte pensiamo che non bisogna tanto pregare, quanto FARE. 

Ma Gesù in questo caso ci parla del legame tra pregare e vivere. 

La nostra vita deve essere collegata al Padre. 

A volte c’è una SCOLLATURA tra preghiera e vita: allontaniamo la vita dalla preghiera, e la preghiera dalla vita. 

In Corea visitando un uomo malato di lebbra mi sento rispondere: “quando siamo in Chiesa siamo tutti angeli, quando usciamo ci cadono subito”. 

Ci sarà sempre una distanza, ma almeno bisogna TENDERE ALLA COERENZA. 

Gesù dice che IL VERO MIRACOLO É VIVERE IL QUOTIDIANO E LA NOSTRA VITA IN AMICIZIA CON DIO. E questo è alla portata di tutti. Viverla con Lui e in alleanza con Lui. Perchè questa è la SANTITÁ DELLA PORTA ACCANTO. A volte anche con persone che hanno DESIDERIO DI VITA AUTENTICA, anche se non si va a Messa, ti viene da dire QUI C’É SANTITÁ. Vivere in modo autentico IN Gesù, da fratelli e grazie allo Spirito Santo diventa il nostro compito più importante. 

Ci facciamo due domande e poi ci chiederemo come faccio a capire se la mia preghiera è vera, autentica. 

DUE IDEE SULLA PREGHIERA

  1. La preghiera non è anzitutto un DOVERE ma un MERAVIGLIOSO DONO: quando diciamo “dobbiamo pregare”, “Dio se lo merita” … rende la cosa subito pesante. Come gli insegnanti che dicono BISOGNA STUDIARE. Ma l’insegnante che ama i suoi ragazzi e la sua materia non deve dire di studiare, perchè É CONTAGIOSO. Come l’amicizia. Non è un dovere. É un grande bisogno. La PREGHIERA É POTERE ESSERE PRESI SUL SERIO DA DIO: sulla nostra vita e nella nostra vita. Potere consegnare la vita con tutte le sue variazioni ed essere presi sul serio è qualcosa di enorme. Così METTERCI AD ASCOLTARE DIO nella nostra coscienza, negli avvenimenti … // Se noi siamo un po’ amici della nostra coscienza e siamo disposti ad ascoltarlo, stiamo tranquilli che Lui risponde. Se chiediamo a Dio: “sei contento di come faccio … ?” e abbiamo il coraggio di ascoltare, DIO CI PARLA, e GIOISCE di potere parlare con noi. // A partire dal giorno d Battesimo la vita di Dio è in noi. Lo Spirito di Dio è comunicato a noi, e il nostro corpo diventa un TEMPIO. “Non sapete che siete tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi?”, ricorda San Paolo. Che significa che dobbiamo renderci conto di cosa abbiamo ricevuto in Dio. La preghiera NON DOBBIAMO CREARLA NOI CON I NOSTRI MUSCOLI SPIRITUALI, ma è il permesso accordato al Padre che inizia a farla in noi, perchè, a livello di inconscio collettivo, c’è tanta PAURA DELLA DIVINITÁ. Ma lo spirito in noi grida ABBÁ, PAPÁ, ossia ci vuole liberare dalle paure su Dio, facendoci capire che Dio è solo maternità e paternità. Yves Congar scrive sulla Chiesa  che lo STESSO SPIRITO CHE HA PREGATO IN GESÚ fa pregare noi, così poveri. Lui SI FA SENTIERO, ci porta a Gesù e Gesù ci porta al Padre. E in questo senso la preghiera è dono, altro che dovere! 
  2. LA PREGHIERA NON É QUALCOSA DI COMPLICATO. Non è FACILE ma É MOLTO SEMPLICE e ci rende SERI e RESPONSABILI. Gesù nel Vangelo parlava a gente che nel 95% dei casi era IGNORANTE. Povera gente a cui Gesù parlava del Padre e della preghiera in modo meraviglioso e anche ALTO. // E allora la preghiera non è nient’altro che APRIRE LA VITA A DIO, lasciarlo ENTRARE. Lui c’è, ma a volte lo costringiamo all’angolo o lo ignoriamo, e lui è presente 24/h al giorno, ma una cosa è che Lui ci sia, un’altra che noi siamo contenti di aprirgli le porte e le finestre. In questo senso la preghiera è SEMPLICE ED ESIGENTE, e non ci chiama a convertirci, ma CI FA METTERE ORDINE, ossia ci fa essere noi stessi. // Ma allora PERCHÉ ABBIAMO PAURA DI SPALANCARE LA PORTA E LE FINESTRE A DIO? Il problema è la nostra IDEA DISTORTA di Dio, che ci fa pensare che a casa sua si sta male, è una prigione, e allora uno se ne va. Ma il figliol prodigo,  tornando fa esperienza che  l’abbraccio paterno gli fa capire che non è come pensava lui;  e l’altro figlio stava in casa, ma non era convinto, lo serviva come un padrone: L’IDEA DISTORTA DI DIO GENERA UNA VITA DISTORTA E DI PAURA. E noi abbiamo la sensazione che se gli apriamo la porta, Dio ci punta il dito. Gesù, invece, ci ha parlato di un Dio molto diverso. Natanaele si chiede: “ma da Nazareth, può venire qualcosa pieno di buono?” … Gesù dice di lui: “qui c’è un israelita in cui non c’è falsità”. La prima cosa che vede Dio in me è LA PERLA. Sulla sincerità si può costruire tutto. A ZACCHEO dice: “oggi mi devo fermare a casa tua”, ossia CONSIDERAMI TUO AMICO, IO CI TENGO ALLA TUA AMICIZIA. E quindi si trovano alla mensa assieme. E mette ordine nella vita. Nessuno mette ordine PER IL DITO PUNTATO, MA PERCHÉ SI SENTE FINALMENTE AMATO, e questo è il desiderio più profondo di ognuno di noi: tutti noi abbiamo solo bisogno di sentirci AMATI e STIMATI, e quando questo capita,  LÍ CAMBIA TUTTO. É l’amore che fa cambiare le persone, non le leggi. Le persone timide che trovano la persona giusta CAMBIANO. Quando apriamo il cuore a Dio, la prima cosa che mi vuole dire non è CONVERITITI, ma TU SEI MIO FIGLIO E IO TI AMO, E NON ASPETTO AD AMARTI QUANDO SARAI SANTO, MA ADESSO, E SE TU CREDI AL MIO AMORE TU POTRAI DIVENTARE SANTO. I santi non sono degli eroi, ma persone che hanno creduto all’amore di Dio attraverso il Vangelo e di lì nascono le cose che nascono. Questa è la cosa più difficile ma anche quella che ci salva: “quando andiamo all’eucarestia”, quando ci confessiamo, credere all’amore che si comunica a noi: amati per potere amare. 

 

CI SONO SEGNI PER CAPIRE SE LA NOSTRA PREGHIERA É AUTENTICA O NO? Ci sono quattro segni: “Guardatevi da agnelli che sembrano chissà cosa, dai loro FRUTTI li riconoscere”. Noi non capiamo se stiamo pregando bene, ma il criterio più vero è vedere cosa capita. 

  1. LA MIA PREGHIERA É IN SALUTE SE MI RENDE RESPONSABILE DEI MIEI IMPEGNI: non deresponsabilizza mai se è vera, perchè DIO NON ACCETTA DELEGHE: è un tipo così: SA LAVORARE SEMPRE IN ALLEANZA: sempre PER noi, ma sempre CON noi.  La Parola ALLEANZA attraversa tutta la Scrittura. Noi siamo chiamati a vivere un rapporto di Amicizia con Dio. Dio è ALLEANZA IN SE STESSO, e quando opera fuori, OPERA SEMPRE IN ALLEANZA. // Il mondo è pieno di gente responsabile. Il xano è responsabile PER AMORE e PER SERVIZIO; quello che facciamo non rimane, ma l’amore che mettiamo nel fare le cose RESTA. Se pulisco lo faccio con cura per fare ABITARE BENE: Non è solo pulire  per terra o passare lo spazzolone: dobbiamo avere il CRITERIO DELL’AMORE PER LE PERSONE e in definitiva a Dio. Per un bene che vogliamo per gli altri. 
  2. Chi PREGA DAVVERO SENTE IL BISOGNO DI STACCARSI DAL MALE E ATTACCARSI AL BENE. Quando non ci fermiamo mai, la coscienza si ferma. Chi prega ha una UNA COSCIENZA SVEGLIA per cui il male viene segnalato IMMEDIATAMENTE, come anche il BENE. La coscienza AVVISA IN TEMPO REALE. In questo momento magari ci fa stare male, ma in questo momento mi posso consegnare al Signore e ripartire. E poi quando preghiamo vediamo molto di più il bene che possiamo fare, vediamo anche il BENE che c’è negli altri, la nostra vita si riempie di gioia. DI BENE CE N’É TANTO. I nostri occhi diventano più acuti; salutare, dare una mano per un piccolo lavoro, la disponibilità per le relazioni. Il bene non deve partire subito in missione. Il bene ha mille forme nel quotidiano. 
  3. Ci RENDE PIÚ UMILI. Avvicinandoci di più a Dio, noi ci rendiamo molto più conto di come siamo MISERI E LIMITATI, ma non per vivere nei sensi di colpa, ma per essere pieni di speranza e consapevoli del nostro limite. Siamo poveri ma pieni di speranza. Non guardiamo a noi, ma contiamo su Dio. Quando siamo pessimisti e scoraggiati questa cosa non viene da Dio. 
  4. Paolo fa l’elenco dei FRUTTI DELLO SPIRITO: uno è il DOMINIO DI SE’. In un settore molto preciso che sono LE NOSTRE PAROLE che possono fare un bene immenso e possono avvelenare i rapporti. Io SONO A IMMAGINE DELLA PAROLA DI DIO, e allora venendo a contatto con la Parola chiediamo al Signore di PURIFICARE, di GUARIRE le nostre parole. C’era un missionario che diceva che “se non puoi parlare di una persona in un modo buono, taci!”. Com’è anche brutto il linguaggio volgare. La volgarità d linguaggio rende volgare il cuore. La psicolinguistica dice che se noi usiamo parole violente diventiamo più violenti dentro. Esterno e interno si compenetrano a vicenda. // E poi sul COME VINCERE LE DISTRAZIONI per avere una preghiera più raccolta, devo guardare come gestisco la giornata; non c’è bisogno di riempire la testa di notizie negative guardando cinque TG. Lo smartphone è un dono di Dio, non se ne può più fare a meno, però può essere usato male. 

DUE SUGGERIMENTI PRATICI

  1. Nella preghiera che faccio devo mettere TESTA E CUORE: la preghiera è anzitutto QUESTIONE DI QUALITÁ:  affidandoci allo Spirito Santo che è il maestro d nostra vita. Affidargli la Memoria, la mente, le emozioni: chiediamo allo Spirito Santo di aprirci alla Parola di Dio, a una Parola umile, fatto con spirito di umiltà 
  2. Chiediamo di AMARE IL SILENZIO. Un xano che rispetta la sua fede, dovrebbe trovare 10 MINUTI, che sulle 24 ore sono 1/100 della giornata, che non è un dono per lui, ma anzitutto per noi stessi. E chiedermi: 1. COSA VIVO OGGI? PER CHI CREDO? Portare le persone che soffrono davanti a Lui. Se non portiamo a Dio la vita, che cosa portiamo? E invece noi SIAMO CHIAMATI A PORTARE CARNE E SANGUE DELLA NOSTRA VITA, cercando il volto di Dio e mettendoci alla sua presenza. 2. Quando iniziamo a pregare dobbiamo dire: “SIGNORE, HAI QUALCOSA DA DIRMI?” Ci sono persone che non hanno mai tempo per noi, ma noi a volte facciamo la stessa cosa con il Signore. Non è che subito abbiamo delle risposte e magari possiamo fare delle cose. Senza essere feudatari che si fanno servire. Lasciare che Dio parli perchè LUI VUOLE SOLO METTERE ORDINE NELLA NOSTRA VITA e DIO É MOLTO PIÚ UMANO DI NOI, a partire dall’OGGI dove sono chiamato a fare un piccolo passo con il suo aiuto,  questo significa mettere assieme determinazione e pazienza. 
  3. NON IMPROVVISIAMO LA MESSA DELLA DOMENICA. Non esiste forma più alta di preghiera dI questa. Un Missionario aveva scritto sull’altare DOVE CI SEI TU C’É IL PARADISO. Nell’Eucarestia c’è Lui, la sua presenza che si dona a noi, ed è importante non improvvisare l’Eucarestia. Sapere che Parola di Dio ci sarà, ma non per sapere delle cose, ma per SCAVARE IL MIO CUORE: magari chiedendomi: SIGNORE, CHE COSA MI DICI DEL TUO AMORE IN QUESTA PAGINA? E il nostro cuore è più aperto. Noi davanti a Dio possiamo andare con un ditale o con un grosso secchio, L’EUCARESTIA É PIENA IN SE’, ma il problema siamo noi, quanta ricchezza vogliamo contenere e quanta pienezza vogliamo vivere. 

A un vescovo chiedono: che percentuale di persone va a Messa la domenica nella sua Diocesi? Lui risponde: non mi interessa il numero, ma un’altra cosa, ossia: “QUELLI CHE ENTRANO, COME ESCONO?”

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Paolo dice ai Tessalonicesi 5: “pregate incessante e siate sempre lieti”. Bisogna pazientare per crescere. La CURA per come pregare è fondamentale, e lascia segni di comunione dentro di noi. E la COMUNIONE è importante. Nel lavoro LA GENTILEZZA è una terapia. La preghiera non è un dovere ma è anche vero che noi dobbiamo darci un minimo di “spirito di preghiera” che ci fa sentire la sete di Dio in noi. 

Conta a chi ci si rivolge nella preghiera (Arcangeli, Spirito santo, Gesù, Santi …) ? Come si fa a capire se le ispirazioni sono buone o cattive? In paradiso sono tutti d’accordo quindi vanno tutti bene! Occorre anche avere molta prudenza, ci sono cose piccole che orientano al bene, e a volte ci va l’umiltà di chiedere il confronto con una persona di Dio. 

A volte è difficile ascoltare e ESSERE PERSEVERANTI nell’ascolto. 

Nel Vangelo del Figliol prodigo c’è scritto che tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinano per ascoltare e gli specialisti dell’ascolto invece MORMORANO. Ma guarda un po’! 

A volte serve anche magari una volta al giorno ASCOLTARE BENE UNA PERSONA perchè questo significa anche ASCOLTARE DIO. 

QUARTA DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA

ENTRA!

LA PAROLA DI DIO  

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola:  «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

Il Vangelo di oggi è uno di quei testi che non richiedono commenti, tanto sono chiari nell’intento di Gesù di parlare dell’infinita misericordia di Dio per noi. Un Vangelo che non parla mai di fantasie, ma anzitutto di realtà come la difficoltà delle relazioni famigliari, la mancanza di una figura materna, dei gesti che letteralmente uccidono considerando i propri cari semplicemente come emissari di banconote per celebrare la libertà divincolata da ogni senso e da ogni compassione. Storia delle nostre storie, quando ci perdiamo e ci viviamo come la celebrazione di noi stessi al punto da diventare e sentirci disperatamente soli: quando pascolava i porci, infatti, “nessuno gli dava da mangiare” …

Non è tanto un problema di cibo, ma di nutrimento di amore. Allora ritorna a casa, il figlio perduto, disposto a barattare il padre con un padrone pur di ritrovare un nutrimento all’urlo angosciato della sua anima. E il Padre … aspetta, anzi, attende … senza addirittura chiedersi il vero motivo del ritorno. É tornato. Punto! E, osserva benissimo Ronchi: “ non gli domanda da dove vieni?, ma DOVE SEI DIRETTO? Non gli chiede perchè lo hai fatto? Ma VUOI RICOSTRUIRE LA CASA? Non si lancia in un Te l’avevo detto, ma HAI FAME?” . Semplicemente meraviglioso pensare a Dio come un ricostruttore, riapritore di strade e di futuro; uno che non libera il passato, ma il futuro. E la Bibbia è la storia di gente che sempre cambia idee e strada.

E poi c’è la figura del secondo figlio, che c’è, non si muove, lavora, ma É ASSENTE! La cosa più triste e non riuscire più a vivere la vita “amando ciò che si fa e lavorando per ciò che si ama”. Il padre era considerato un padrone. Lo stare con lui, stare senza di lui … e allora, anche per il secondo figlio, una corsa piena di amore per pregarlo di entrare e capire il senso delle cose. E poi … non si sa come sia finita questa storia d’amore, ma la cosa importante è domandarsi come continui in noi e che possa essere vera comprensione dell’eccedenza dell’apertura del cuore del Padre dei Cieli anche per me.

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

ZAPPARE E CONCIMARE

 

 Dal Vangelo secondo Luca

Lc 13,1-9

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Nell’inconscio religioso è sempre stata viva la sensazione che alle disgrazie, alle sventure, al male che capitava nella vita fosse sempre associabile un intervento di Dio di tipo remunerativo o punitivo per atteggiamenti, scelte o comportamenti non in linea con i desideri divini: “Hai sbagliato? Allora paghi!”

Gesù, rifacendosi a due fatti di cronaca cancella questo modo di pensare, per dire che davanti alla contingenza e al limite degli eventi che appartengono alle nostre vite, legate molto ma molto sovente alla nostra responsabilità assunta o inesistente, la cosa più drammatica non è quello che può capitare, ma il non pensare a come vivere la nostra vita tra le cose che capitano: questa per Lui è la disgrazia più grande, per questo la frase di quel momento improvviso che ci trova “quasi per caso” in mezzo alla strage del pazzo o sotto la torre, diventa il segnale e l’invito per potere aprire il cuore a ciò che veramente conta, costruisce le nostre vite e rimane per sempre. Solo così non ci sarà nessun “sequestro” ingiusto e indebito nei nostri confronti, perchè il nostro incedere nella vita diventerà un legame in grado di sostenere tutte le nostre fini e i nostri limiti in un orizzonte nuovo e immenso. 

La parabola del fico sterile, poi,  sovente associato a sensazioni che noi abbiamo di noi stessi (infruttuosi e sterili) , racconta che, sempre e nonostante tutto, da parte del “divino contadino” che è Gesù stesso, la Parola che Lui ci rivolgerà sarà solo e sempre un infinito incoraggiamento: “lascialo ancora un anno!”. Come dire che c’è sempre del tempo per sperare e operare, ma, sopratutto che la possibilità di dare nuovi frutti non è solo il risultato della nostra buona volontà, ma anzitutto del lavoro di un Compagno Speciale che sempre continuerà a zappare e concimare ogni volta che troverà un albero “disponibile” per essere lavorato.  

Buona settimana!

 

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

MANCIATE DI LUCE 

 Dal Vangelo secondo Luca

Lc 9,28b-36
 
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Come sarebbe bello che anche noi come Pietro dicessimo a Gesù, ogni volta che ascoltiamo e “respiriamo” la Sua Parola: “Maestro, è bello per noi essere qui”, quasi in risposta al meraviglioso versetto del Salmo 26 che ci ricorda perchè “siamo qui”, ossia: “Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore”!

Ma … come possiamo arrivare a comprendere in verità queste parole? Ossia, come si fa a “trasfigurarsi”, a ritrovare la luce che illumina i nostri volti e i nostri abiti (abitudini, vita) e sentire che con il Signore la cosa che importa di più non è il luogo e la situazione da cui arriviamo, ma quella che sogniamo e vogliamo percorrere a partire dal nostro QUI E ORA?

La Parola di Dio ci suggerisce tre verbi:

  1. CAMBIARE POSIZIONE: Proprio così! Si tratta della nostra posizione del cuore e della mente. La posizione che nel silenzio dà il nome alla nostra vita, quel nome che noi non vorremmo mai sentire, quel nome che a volte ci suggerisce che forse stiamo facendo un cammino non proprio consono alle nostre ispirazioni e alla nostra vocazione di preziosi figli di Dio; Abramo deve alzare lo sguardo e contare le stelle per non farsi arrestare dalla sua infecondità; Paolo ricorda che la nostra cittadinanza è nei cieli: ossia: o cerchi una forza fuori di te, quella che ha il potere di sottomettere a se’ tutte le cose, oppure rischi tu di essere sottomesso da tutte le cose; Gesù “guarda” il Padre … e tutto si trasforma, cambia. Perchè la tua posizione non è più il tuffo in te stesso, ma l’uscita verso Colui che “fa nuove tutte le cose” e ti prefigura un destino altro e alto nella luce di Gesù che si trasforma letteralmente “mentre pregava”. Le domande che mi potrei fare: “come sto a tempo di silenzio davanti alla Parola? Quanto le permetto di fornirmi gli strumenti per lavorare il mio tempo? Quanto il Signore ispira le uscite dalla mia terra per indicarmi nuove strade?

2.⁠ ⁠CONTINUARE LA STORIA DELL’ESODO OGNI GIORNO: Gesù, Mosè ed Elia parlavano dell’Esodo del Figlio di Dio a Gerusalemme. Anche noi siamo come Gesù, siamo come Israele che cammina ogni giorno dal buio alla luce, dalla morte alla vita e diventiamo, nell’alleanza rinnovata e voluta con Colui che ci vuole liberare, speranza di un nuovo futuro. Propongo una domanda liberante che contraddice quella che impera nell’inconscio sociale. Perchè questa settimana, anziché domandarmi (senza saperlo mai) CHI SONO IO, non inizio a domandarmi PER CHI SONO IO? Questa è una domanda di Esodo. Che va diretta alla vita. E poi … partire!

3.⁠ ⁠RISCOPRIRE L’ARTE DEL SONNO: Abramo si addormenta. I discepoli si addormentano. Charles Peguy ha una bella poesia dove dice che Dio ama i suoi figli che dormono. Perchè, sovente, il sonno è un mollare gli ormeggi perchè ci si sente al sicuro e si sa di potere stare nel massimo agio proprio in quell’abbandono. Come il bimbo tra le braccia della mamma. Come il gatto sulle tue gambe. A volte per accedere al senso del mistero di Dio dobbiamo avere la capacità di rimetterci a dormire, sapendo che il senso della cose non è tutto nelle mie mani e nel mio controllo, che mi rende sovente insonne e isterico, ma in Qualcosa, in Qualcuno, che mi oltrepassa, mi precede, e … mi aspetta!

DIVIDI O UNISCI?

Dal Vangelo secondo Luca

Lc 4,1-13

 

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo“».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto“».

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo“».

Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

All’inizio della Quaresima la Parola  di Gesù ci invita a convertirci … che rottura sta conversione, diremo noi! Non siamo già cristiani? Certo! Ma proprio per questo ci dobbiamo convertire! Perchè le tentazioni sono un invito quotidiano a barattare quel senso della vita – intravisto nel Vangelo –  con scappatoie apparentemente comode e seduttive che, anziché darci vita, ce la tolgono sempre di più.

Ma allora che cosa possiamo imparare dalle tre grandi proposte di “cambio-strada” suggerite al Figlio di Dio da parte del Diavolo? Nella prima davanti all’invito di trasformare le pietre in pane, Gesù risponde che non di solo pane vive l’uomo, ma anzitutto di quella parola che dà senso al pane, la parola dell’amore che Gesù propone come possibilità di divisione e moltiplicazione per tutti, perchè la giustizia dell’amore sia al cuore della vita. Ho letto che in Italia, ogni giorno, buttiamo via 13 mila quintali di pane. É vero che se non sappiamo trasformare le pietre in pane, siamo bravissimi a trasformare il pane in pietra: da buttare addosso alle persone che non ne hanno!

La seconda tentazione la vediamo al Tg tutti i giorni: «Ti darò tutto questo potere e la gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». É la tentazione che, assecondata, sta distruggendo il mondo: compravendita di stati, poteri assoluti di pochi poli di nazioni nel mondo, ricchezza  per “singoli” e povertà estrema per molti, guerre, arroganze diplomatiche che  cercano la divisione al posto dell’unità, uso della “guerra” come strumento per mantenere la “pace”! E via dicendo … e il Vangelo è chiaro: questo potere appartiene al diavolo e lui lo dà a chi (lo)  vuole.

E infine la tentazione di pensare Dio non a partire dalla croce di Gesù, ma da magici gesti che ci dispensino dall’esercizio della nostra responsabilità e della nostra presenza attiva nel mondo, che, come, direbbe Isaia, è quella di RIPARATORE DI BRECCE e RESTAURATORE DI STRADE DA PERCORRERE.

Il Signore è con noi, e dall’alto delle sua e delle nostre croci continua a dirci di continuare a credere alla promessa e alla forza dell’amore e della vita che, ultime rimaste, saranno ancora in grado di potere ispirare e realizzare un cambio del nostro mondo! Questa sarà Pasqua qui e ora per noi, solo questa!

OTTAVA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

OCCHI DI LUCE 

Dal Vangelo secondo Luca

Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:

«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

Il vangelo è un corso per imparare a vedere le cose in modo nuovo, luminoso e bello. 

Gesù ci ricorda che la nostra vita dipende dal nostro modo di guardare il mondo, la storia, i fatti. Ci sono dei ricercatori di pagliuzze, sulle nostre strade, che non potranno mai vederle ma solo immaginarle, perchè la trave del giudizio, dello sminuire, del sentirsi sempre i detentori della verità non può fare altro che far vedere rivalità, competizioni, accuse, controaccuse, risse e violenze. 

L’occhio di Dio invece è mendicante di buono e di bello. Quando il Creatore contempla l’opera-uomo dice: “è una cosa molto buona!” Perchè Dio guarda sempre oltre, nel futuro e nella profondità, e allora sa leggere oltre il peccato di Pietro il desiderio di un uomo dal cuore grande che diventerà la pietra sulla quale fonderà la sua comunità di discepoli; in Nicodemo oltre il buio vedrà una ricerca e una sete immensa di luce; nei peccatori la voglia di vivere una vita abbracciata e redenta … e ogni cosa che farà non sarà altro che fare emergere tutta la luce possibile in chi incontra. 

Poi Gesù ci parla di alberi. Il Vangelo, come tutta la Scrittura racconta la storia di piante da frutto, di cedri del Libano, di palme, di fichi e di granelli di senape … perchè la buona notizia della nostra vita è sempre legata alla fecondità e ai frutti buoni. I nostri frutti riveleranno che tipo di semi ci sono dentro di noi: buoni o cattivi? E quando un frutto è buono? Quando è a disposizione di tutti: terra, animali, uomini, attingono alla sua gratuità. Questo frutto buono ci insegna che anche noi diventiamo buoni perchè impariamo a vincere la legge del possesso per abitare quella del dono e della disponibilità. Lì c’è vita! Solo lì si manifesta la presenza di Dio. Scrive Kazantzakis: “«Dissi al mandorlo: parlami di Dio. Ed il mandorlo fiorì”.

Sarebbe bello se il nostro parlare di Dio fosse così, espandere e condividere profumo, luce e frutti buoni attorno a noi. Così diventeremo segni di Vangelo nutriente.