MERCOLEDI 18 MARZO …

Puntini, dimenticanze e … vicinanza

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o
un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Un pensiero per la giornata. … 

Proprio come nella vita. Quando tralasci i puntini e i trattini tutto sembra saltare in aria. La storia di Dio con il suo popolo è una storia di amore, di vicinanza. Essa va custodita da una Parola che il Signore rivolge a chi vuole intraprendere il grande viaggio della libertà alleandosi con Lui. Le storie d’amore cominciano sempre da piccole cose che rivelano grande attenzione: con Dio e tra noi. Quando sboccia un amore ci si sente unici perchè qualcuno/a ci riconosce a partire da una piccola attenzione, da un particolare importante per noi, da un fiore nato sul ciglio del marciapiede, da un bacio, da un piccolo messaggio fatto di due parole che vale più di una conferenza interessantissima sull’amore … insomma: iota (che è una piccolissima lettera dell’alfabeto ebraico, della dimensione del nostro apostrofo) e puntini fanno la differenza. Iota e puntini dicono: ci sono con tutto me stesso, e te lo dico a partire da piccoli particolari che parlano di rispetto e di unicità, perché “il tutto è nel frammento” quando ci si vuole bene. Da quel piccolo nasce il futuro. La grandezza di una storia. 

Il compimento di cui parla Gesù, allora, diventa fondamentale. Su questa strada ritrovo me stesso. Nella memoria di una vicinanza che riparte e ricorda, l’attivazione di una nuova storia. Un dire che dal rispetto di certe pratiche apparentemente irrilevanti tutto può essere trasformato. 

In questi giorni abbiamo ridotto la grandezza del nostro mondo a pochi metri quadrati: quelli delle nostre case. In quel piccolo spazio, nel piccolo dei nostri gesti attenti, magari possiamo riscoprire il senso delle cose grandi, che un giorno hanno sancito l’inizio di storie promettenti, perse nell’universo della dimenticanza … di noi stessi. 

Buona giornata!

Per riflettere:

Quali sono i piccoli particolari che hanno attivato il mio amore e le mie passioni? (Pensane almeno 3)

Cosa posso fare per riscoprire gli “iota” e i “trattini” dimenticati della mia storia?

MARTEDI 17 MARZO …

TERRENO MINATO

Buongiorno a tutti! 

Prima di riportare il testo del Vangelo di oggi e di leggerlo, vi chiedo di fare un esercizio. 

Per favore, provate a farlo, non abbiate fretta! 

Chiudo gli occhi e immagino una situazione nella quale, per qualsiasi motivo, volente o nolente, per sbaglio o per intenzione di farlo, ho deluso una persona alla quale voglio bene. L’ho delusa, l’ho fatta arrabbiare, l’ho allontanata da me. Continuo a pensare. A pensare come sto male, a pensare a quanto sono stato ingiusto o a quanto è stata ingiusta la vita a fare sì che le cose finissero così male … non ci dormo … mi ritorna questo pensiero inquietante. Poi un giorno, un messaggio, una telefonata,  la normalizzazione di un modo di parlare …. Sì, quella persona MI HA PERDONATO! … Richiudo gli occhi: il mio cuore riprende a battere, sono invaso dalla felicità, mi sembra di tornare in vita, perché fino a pochi istanti prima mi sentivo morto, lontano da un’altra persona ma anche lontano da me stesso … non si può vivere così. 

Bene, adesso siamo un po’ più pronti a capire la risposta di Gesù alla domanda di Pietro sul numero di volte che dobbiamo donare il perdono:  Non ti dico sette, ma settanta volte sette”. 

E allora io ribalto la domanda di Pietro e la faccio a me stesso: “IO, QUANTE VOLTE VOGLIO ESSERE PERDONATO QUANDO SBAGLIO?” … e qui, mi viene da alzare il dosaggio numerico … non so se bastano settanta volte sette. 

Dio con noi, ci promette Gesù, fa così … 

Io?

Ok, sono pronto a capire il Vangelo di oggi: 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Eh sì, il Vangelo e Gesù ci riportano sempre, ma dico SEMPRE, a noi stessi. 

E ci ricordano che con la misura con cui misuriamo sarà misurato a noi. Non è Dio. Siamo noi. 

E ci ricordano che quando preghiamo il Padre Nostro diciamo: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” … 

“Luigi, quante volte vuoi essere perdonato, quando sbagli?” 

Per riflettere:

Chi devo perdonare? 

So perdonare me stesso? 

So perdonare anche se il mio perdono, giusto, non viene accettato? 

LUNEDI 16 MARZO

Il Vangelo di oggi:

«In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Un pensiero … 

Io trovo il Vangelo di oggi imbarazzante: i compaesani di Gesù si arrabbiano talmente con “il figlio di Giuseppe” –  che pensavano di conoscere benissimo – perché faceva i miracoli a Cafarnao e non a Nazareth. Lui, che aveva addirittura il coraggio di citare due episodi nei quali i profeti domestici – non ben accetti in patria – fanno delle guarigioni “all’estero”,  ossia a Sidone e con lo straniero Naaman che veniva dalla Siria!

Si arrabbiano talmente che “lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù” … 

“Che razza di Figlio di Dio è  mai questo, che non trasforma le pietre in pane?”

“Che razza di Figlio di Dio è un “rappresentate” di Dio che non risolve i problemi del mondo?”  

Adesso profetizzo pure io: chissà quanti di noi che pensano di “conoscere Gesù”  si rifaranno la stessa domanda: “che razza di Dio è quello che permette una cosa del genere?” … Non c’è! Chiuso! Giù dalla rupe!   

Eppure il Vangelo oggi si conclude con queste parole: “passando in mezzo a loro, si mise in cammino”. Scivola via. Perché non può essere ospitato da questi pensieri. 

Mi sorge una domanda: non è che Gesù più che cambiare il mondo, vuole anzitutto cambiare il nostro modo di “camminare” nel mondo? 

Mi vengono i brividi a sentire le persone che dicono: “dobbiamo pregare!” (sottointeso, “altrimenti non ne usciamo”) , come se fossero solo questi i momenti nei quali si debba alzare la nostra invocazione al cielo.

 A me puzza tanto di egoismo … di “almeno salva la mia pelle!”  … “poi se ci sono altre centinaia di migliaia di morti non importa, l’importante che mi salvi io” , e loro, non hanno pregato? Con loro Dio non ha fatto nulla? Come quelli che ringraziano per la pace mentre nel paese al confine  c’è la guerra … ma loro non hanno pregato? 

La preghiera non cambia il mondo, può eventualmente, se lo permettiamo, cambiare il nostro modo di CAMMINARE nel mondo. Possiamo dirlo: può CONVERTIRCI (non siamo in Quaresima?).  Può ricominciare a suggerirci che vale ancora la pena ri-pensarci: noi e la nostra storia. Può  sostenerci e suggerirci che nonostante le batoste che ci schiaffeggiano inesorabilmente, il nostro legame con il Salvatore ci può ancora portare fuori dai nostri blocchi; che continuare a sperare e a sapere che non tutto finisce in ciò che finisce ci permette di rialzarci; che riscoprire l’amore come risposta ultima (o prima) da continuare a offrire intorno a noi – con l’estrema fatica che comporta – sia la sola chiave che apre le strade dei nostri cammini. 

E non è poco. 

Anzi, forse, è tutto. 

Per riflettere:

Cosa “attiva” nella mia vita l’ascolto della Parola di Dio?

Quando penso a Dio penso a Gesù o a qualcos’altro/qualcun altro?

DOMENICA 15 MARZO

LA DOMENICA NON ANDANDO ALLA MESSA … 

Carissimi tutti,

stamattina ho celebrato la Messa così … è stato proprio strano, mai mi è  successo di vivere una Messa domenicale in questa maniera. Eppure, non ho mai sentito così forte la presenza di Gesù e anche la vostra, di tutti, di tutti quanti credono ancora che nonostante il vuoto, l’assurdo, il non senso, c’è ancora una pienezza, una Parola e un senso che ci stanno aspettando e continueranno ad aspettarci, sempre. E anche di quelli che non lo credono, perchè forse lo vogliono ancora di più.

Andate a leggere il Vangelo di oggi, fatelo lentamente. É il bellissimo testo della Samaritana che incontra Gesù al pozzo ( Gv 4,5-42) … (che bello sarebbe riprendere in mano quella Bibbia o quel Vangelo mescolato tra tanti libri e mai più toccato, da tanti anni) … La donna Samaritana ha una curiosa espressione: “ho parlato con un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto” … Ossia, riconosce il Messia perchè “riguarda il vero delle cose di tutti i giorni” … “quello che ha fatto” …  Gesù, infatti,  parla di Dio a partire dall’acqua, dal cibo, dall’amore.

Insomma, da noi.

Forse ce ne siamo dimenticati e l’abbiamo sempre cercato altrove, allora non lo abbiamo mai trovato. Ma se lo cerchi al di fuori del vero della tua vita Lui non lo trovi, perchè al di fuori del vero della mia vita …  esiste nulla.

“State in casa” … “rientra in te stesso” … ma per parlare con Uno che ti aspetta per parlare a partire dal vero di questi giorni e dei nostri giorni … Rientra, ma per uscire nuovo! Perchè … “alla Tua luce, Signore, troviamo la luce” , e anche il pane, l’acqua e l’amore.

BUONA DOMENICA!

SABATO 13 MARZO

 

IL VANGELO DI OGGI 

“Mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa”.

Un pensiero per il giorno … 

Oggi riporto soltanto un versetto del Vangelo, quello del Figliol Prodigo, che parla del centro  da cui tutto parte  e a cui tutto arriva: il cuore del padre. A fare da perno di equilibrio alla conosciutissima narrazione della Parabola – che sarebbe meglio dire del Padre Misericordioso –  è infatti, proprio il cuore di questo padre in attesa, che è lì, che scruta la strada polverosa per vedere se verrà  di nuovo calpestata dai piedi di quel giovane figlio autoesiliatosi dal suo affetto e dalla vita. 

Da cosa parte quel viaggio di ritorno?  Dalla scelta del ragazzo di “rientrare in se stesso”.  

In questi giorni, anche noi, volenti o nolenti, siamo costretti a “rientrare in noi stessi”, a “stare nelle nostre case” … a volte proviamo del disagio, non ci siamo più abituati. Su Whatsapp gira anche una simpatica battuta: “Sono rimasto a casa mia con la mia famiglia, sembrano brave persone!” 

Rientrare e stare un po’ in noi stessi può sembrare immediatamente un disagio, ma può farci anche un gran bene. Magari per ripensare il nostro futuro. Magari per ricominciare a comprendere che a partire da questo tempo ci sentiremo sempre di più parte di un unico mondo e di un unico grande respiro … e magari per riscoprire che non tutti i mali verranno per nuocere ma a volte possono aiutarci a “tornare in vita e a ritrovarci”! 

Per riflettere:

Cosa “provo”  quando rientro in me stesso? 

Quando finirà questo periodo, cosa farò per “tornare in vita” e per “ritrovarmi”? 

 

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

Quando saremo docili,
quando la mitezza avrà pervaso l’anima Quando il nostro io,
quello dei principi senza apertura
sarà sottomesso,
quando avremo voluto con ogni forza tutto questo…
entra in noi.
E pervasi di Te,
potremo guardare
con gli occhi di Gesù
e nei pensiero avremo il suo…

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

Coì da donare amore, dalla mani e dal cuore e da ogni cellula di noi.
Essere ad immagine e somiglianza di Dio. Avrà così il suo dolce compimento senza fine e nei pensiero avremo il suo…

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

 

 

ORE 15,00: CATECHISMO PER LE MEDIE

A tutti i ragazzi delle medie un caro saluto!  Resistete! Approfittate di questo tempo anche per pensare, inventare qualcosa di nuovo, ri-immaginare un futuro che, spero dopo questa esperienza, non ci vedrà più uguali, ma avrà sempre più bisogno della responsabilità di tutti noi … INSIEME!

Ciao!

 

Don Luigi,  le Caterine, Margherita e Daniela.

VENERDI 13 MARZO

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.  Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.  Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».  Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:  “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Un pensiero … 

Oggi la Parola di Dio parla di gente che “va alla ricerca”: nel libro della Genesi c’è Giuseppe che va alla ricerca dei suoi fratelli, nel Vangelo il padrone della vigna, che, per incontrare i suoi affittuari, invia i suoi servi e, infine, il suo figlio. Vanno a cercare delle persone per cercare dei frutti, ma altro non trovano che violenza e cattiveria. Rifiuto. Eppure era il fratello, eppure era il figlio del padrone della vigna, “almeno di lui avranno rispetto!” … e invece no! Sappiamo tutti di chi stia parlando il Vangelo, che oggi ci incontra facendoci una domanda: “tu, la tua vita la consideri un’eredità da possedere o un compito, diciamo pure “unico”, in affitto, ossia da “fruttificare”? Il possesso ci inganna e ci rende schiavi, la grata laboriosità della nostra risposta ci apre verso nuove possibilità. 

Bene, oggi il Vangelo, Giuseppe,  vengono a cercare pure noi. In questi giorni-Coronavirus  la situazione che stiamo vivendo “ci viene a cercare” … che cosa ci stanno insegnando? Quando penso al fatto che la vita sia disponibilità a farsi trovare, mi viene in mente una canzone di Battiato, che si intitola proprio “Ti vengo a cercare” (andate a sentirla, ascoltatela) … alla fine dice: “Questo secolo oramai alla fine / Saturo di parassiti senza dignità / Mi spinge solo ad essere migliore / Con più volontà / Emanciparmi dall’incubo delle passioni / Cercare l’Uno al di sopra del Bene e del Male / Essere un’immagine divina / Di questa realtà”. Parole da soppesare col bilancino. 

Per riflettere …

In questi giorni da chi, da che cosa mi faccio incontrare? 

Quali pensieri mi stanno cercando? 

Sono convinto che il mondo ha bisogno di me per diventare migliore? 

GIOVEDI DELLA PAROLA DI DIO

Cari amici, non ci troviamo in Parrocchia, ma vi voglio offrire degli spunti per cominciare a pensare il Vangelo di Domenica prossima, anche se, purtroppo, non ci incontreremo intorno all’Eucarestia.

Il testo è quello famosissimo della Samaritana che Gesù incontra al pozzo.

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Il testo è famoso, non è semplicemente un resoconto di un fatto della vita di Gesù ma un racconto che vuole dirci tante cose.

La città di Sicar, era la famosa città di Sichem famosa ai temi dei partiarchi; qui c’era L’ASSEMBLEA DI SICHEM, qui Giosuè chiese al popolo “quale Dio volesse adorare”: il Signore che li ha liberati dall’Egitto o gli dei? Sicar si trova tra il monte Ebal e quello Garizim. 

A Sicar c’erano 2 sorgenti d’acqua, perchè la donna va al pozzo che si trova a 800 – 900 mt.  dalla sua città? 

Qui, c’è scritto, che Gesù DOVEVA passarci. Una necessità che si realizza nel popolo pagano della Samaria. 

Poco prima nel Vangelo viene ricordata la figura del Battista a cui viene chiesto: “chi sei?”. E lui risponde: “io sono l’amico dello sposo”. 

Questa donna ha avuto tanti amanti ma non ha mai avuto uno sposo definitivamente. 

Nell’Antico Testamento si pensava a Dio come a un uomo che ama, come uno sposo che viene a cercarsi la sposa. Osea, il profeta, lo racconta con la sua vicenda personale: era innamorato di Gomer, prostituta sacra, che lo sposa;  un giorno la donna se ne va lui va a ricercarla. Osea rilegge la sua storia come quella di Dio con il suo popolo. 

Gesù, dunque, affaticato per il viaggio si ferma a quel pozzo, profondo 32 mt., ancora oggi in funzione. 

La donna si fa quasi un km.  a piedi perchè qui arrivavano i pastori, i mercanti, gli innamorati. Nell’Antico Testamento tante coppie  si conoscono al pozzo e poi si sposano. 

Dunque il Vangelo fa questo richiamo al simbolismo del pozzo. Ci si incontra davanti a diversi pozzi. 

L’evangelista dà un significato simbolico a questo incontro. I discepoli erano andati a Sicar a comprare cibo. E Gesù rimane solo al pozzo. Questa donna di Samaria rappresenta  Israele che non è fedele al suo Dio. Dio aveva bisogno di riprendersi la sposa.  (E non c’è nessuna donna che va a mezzogiorno ad attingere, fa troppo caldo). Questa donna non ha un nome. É figura generica definita solo dal suo essere SAMARITANA, ossia, di un popolo imbastardito dal paganesimo. 

DAMMI DA BERE nella cultura semitica è una richiesta che significa bisogno di amore, di ospitalità. Il Salmo 83 dice: “di Te ha sete l’anima mia”. 

L’uomo con i suoi idoli riesce ad andare avanti, ma CHI STA MALE É DIO! Lui va dai suoi figli per ri-cercarli e amarli. 

E poi: di chi si innamora Dio? Dei dei santi o dei perfetti, di chi non ha difetti?  No! IL vangelo dice che Gesù-Dio per noi Dio fa un lunghissimo viaggio per chiedere da bere e innamorarsi. E va a chiedere scambio di acqua e amore a una donna. La sete di Dio e di infinito riemerge in ogni uomo. Noi la possiamo cercare con gli idoli e altri surrogati, ma il nostro cuore è fatto per l’INFINITO. Non possiamo farla tacere. Le cose più importanti non sono solo quelle che conquistiamo, ma anzitutto quelle che ci vengono donate. É Dio il grande donatore e la donna non capisce perchè ripiegata sempre e solo sulla sua anfora. 

Gesù dice che dà un’acqua che diventa SORGENTE ZAMPILLANTE per tutte le seti che noi possiamo avere.

Alla donna Gesù dice di “cercare il suo sposo!” Perché quello che ha trovato non è il vero marito che cercava. Gesù non minaccia,  ha una tecnica di approccio a questa donna cercando di fare capire che c’è UN DIO SPOSO CHE DÁ SENSO E DIVENTA L’AMORE CHE RIEMPIE TUTTA LA VITA: altrimenti ci saranno sempre nuovi idoli, e non si sarà mai sazi. 

“CREDI A ME, DONNA”, vuol dire affidarsi, innamorarsi. La chiama DONNA! Donna che cerca il suo sposo.  Donna che vive perché ha trovato il suo amore. 

E la donna dimentica l’anfora che rimane vuota, perchè la donna non ha bisogno di ricorrere a quell’acqua che non disseta mai. 

GIOVEDI 12 MARZO

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.

E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». 

Un pensiero per la giornata … 

In questi giorni mi ritorna continuamente in mente un  verso di una poesia di Eliot, che diceva: “nella mia fine il mio inizio” (in my end is my beginning). Mi viene in mente perchè penso che la pandemia che stiamo vivendo parli proprio di questo: una fine che se verrà presa in considerazione con saggezza e serietà,  una volta debellata, potrebbe diventare inizio di qualcosa di nuovo, totalmente diverso per l’umanità. “Se!”. Perchè tutto è collegato a questa piccola sillaba che contiene il mondo. Se penso alla parola FINE, poi, mi viene in mente la parola CON-FINE, che richiama un limite, uno spazio circoscritto, quello del ricco epulone,  benvestito e con la pancia piena, ma ben distante dal poveretto che giaceva alla sua porta e gratificato solo dall’attenzione dei cani che gli leccavano le piaghe. Il ricco epulone non vedeva da vicino (quando stava bene) ma “vide di lontano” (quando stava male) Abramo, e Lazzaro a accanto a lui. Quello che prima sembrava un innominabile fantasma, diventa una persona con un nome: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma” … incredibile come basti così poco per acquisire nuove consapevolezze. Incredibile come l’ottusità del benessere non ci faccia più capire nulla (“l’uomo nella prosperità non comprende”, dice un Salmo), incredibile come non considerare che, o quelli che riteniamo i nostri limiti di privilegio si aprono a spazi di con-divisione, oppure saremo destinati a morire nella nostra solitudine, come dice Geremia: “Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere” … Si tratta di una porta, quella del cuore e dell’umano che è comune.  

Per riflettere …

Chi/che cosa sta bussando alla mia porta? 

Voglio farlo morire? 

MERCOLEDÍ 11 MARZO, ORE 17,00 e ORE 18,00

Anche oggi continuiamo il catechismo, anche se in modo virtuale, ma molto reale, collegati  tra noi. Un caro saluto ai bambini di Quarta Elementare che si preparano alla prima Comunione, a quelli di Quinta che continuano il cammino e ai carissimi Cresimandi (insieme ai vostri genitori e famiglie)! Le catechiste avranno cura di raggiungervi attraverso i gruppi di Whatsapp. Non si tratta di “fare il compito”, ma di sentirci comunità che cammina insieme anche nei momenti in cui non ci possiamo incontrare. 

Io vi ricordo intanto che, tra gli impegni del digiuno e della carità, stare a casa rinunciando apparentemente a parte della nostra libertà di muoverci è un bellissimo gesto di amore, attenzione e rispetto paziente verso le altre persone. Portiamo nella preghiera questi giorni, affinché la Parola di Dio ci indichi e doni la forza di attraversarlo pieni di amore e di umanità. 

Un caro saluto, buona continuazione e a presto! 

Don Luigi e catechiste.