SABATO 4 APRILE …

Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Un pensiero:

Ci sono tanti modi per FARE FESTA. 

Anzitutto, bisogna ”ANDARE ALLA FESTA”!

Come quei tanti giudei che salirono a Gerusalemme per essere purificati … perchè “era vicina la Pasqua”.

Uh, come ci assomiglia il Vangelo! 

Anche per noi “si avvicina la festa di Pasqua”.

Sembra quasi nostalgia il  ricordo di quella gioiosa domenica delle Palme che già profumava di primavera, di fiori e ci vedeva numerosissimi attorno a quel segno di gioia, pace e benedizione che apriva la Settimana della Passione di Gesù. Quest’anno, per la prima volta per tantissimi di noi, NON ADREMO ALLA FESTA. Ma la festa verrà da noi, Gesù ci sarà e raggiungerà il cuore di chi volontariamente gli farà un po’ di spazio. Di chi lo ascolterà raccogliendosi e facendo silenzio. 

Noi ci incontreremo intorno a Papa Francesco, ci sentiremo Chiesa attorno al nostro “pontefice”, ossia “colui che fa i ponti”. Lontani ma vicini. Assenti ma più che mai presenti. Con Francesco possiamo diventare   comunità che si unifica a partire dalla Parola.

FESTEGGIARE

Già, però sarà difficile fare festa! 

Verissimo, ma non impossibile.

Soprattutto pensando al fatto che a volte le “assenze”  ci aiutano ad apprezzare le”presenze”, triste ma realistica  verità (con quanti nostri cari che non ci sono più, quante volte lo avremo pensato). Quello che non abbiamo ci fa desiderare e sognare quello che,  sovente, con superficialità e faciloneria davamo troppo per scontato e chissà perché “dovuto”.

Sono certo che a partire dalla prossima Settimana Santa ci sarà un nuovo modo di esserci e prendere parte. E gusteremo, capiremo tante cose, in modo nuovo. …. e guai a chi ci vorrà togliere la nostra infinita voglia di fare festa! 

Per riflettere… 

VERRÁ ALLA FESTA, GESÚ?

(Sì, ci sarà!)

E io?

Ci andrò? 

VENERDI 3 APRILE …

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto:
voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Un pensiero:

Certo che è proprio strano: uno passa la vita a dirti che quello che fai non è destinato al nulla ma ha un senso, passa la vita a dirti e a essere una Parola che vuole riempire di forza i tuoi giorni, passa la vita a dirti che se c’è uno da cui non ti devi mai sentire condannato ma sempre invogliato ad accogliere una misericordia per alzarti è il Padre che è nei cieli, passa la vita per uscire dal sacro recinto per incontrare quelli che stavano fuori: “miserabili, peccatori, lebbrosi, malati, maledetti da Dio … “, passa la vita a toccare occhi che non vedono,   a dare acqua di sorgente a chi è abituato a bere acqua fangosa di pozzanghera, a dare luce a chi si sente nel buio, a essere timida parola di speranza per chi non ne può più, a fare ri-nascere i non ancora nati  (l’elenco continua) e … che cosa fanno? 

Raccolsero delle pietre per lapidare Gesù”. E Gesù lo chiede ai Giudei, ma fa la domanda anche a noi: “per quale di queste opere mi volete lapidare?” … É tremendo l’enigma del male. É tremendo che anche noi, che abbiamo a volte la stridente impudenza di definirci “cristiani” “credenti non praticanti” (ma allora a cosa credi?) ,  dopo anni di spensierata frequenza di Messe domenicali, catechismi, novene, pellegrinaggi e benedizioni Urbi et Orbi … facciamo fuori Gesù.

Perchè mica bisogna prendere le pietre per fare fuori qualcuno. Basta far finta che non esista. Basta ignorarlo. “Fare fuori”, infatti, è il contrario di “dare un posto”. 

Da Natale, ce lo dice il Vangelo, “non c’era posto per loro”, per raccontare una storia di persone. 

“Le tenebre non accolsero la luce” … per essere un po’ più filosofici, come Giovanni. 

E continua la storia … non c’è posto. 

Oggi possiamo farci la domanda: “perché noi viviamo come se Gesù non esistesse (parlo per me, chiaramente, non sto accusando nessuno)?  Cosa ci dà fastidio di Lui? Perché a volte, davanti agli amici, a certe situazioni, la sua presenza è come il suono emesso dalle unghie che passano su una lavagna?”. 

Secondo me se l’è chiesto anche Gesù. Per questo, “ritornò … nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava”, cioè dal luogo nel quale inizia il suo ministero pubblico. 

Ogni tanto bisogna tornare nei luoghi dove è iniziato tutto, e chiedersi “perché?” … fa male, tanto male, ma bene, anche bene! 

Insomma, forse c’è una nuova possibilità di partenza, sempre suggerita da Gesù: 

  1. Riscoprire questa cosa: IO non esisto. Esistiamo NOI. Gesù non ha MAI detto di essere Dio, ma solo e sempre FIGLIO DI DIO, ossia, figlio di un legame. Di un Padre. Da solo NON ESISTE.   Lo stesso Gesù “non ci chiama più servi ma amici” (ossia  persone che vivono un legame di elezione, preferenza, amore incondizionato) perché ci ha detto la Parola che ci può salvare. 
  2. Ogni giorno dobbiamo scegliere, ricordarci, dopo il Vangelo, che noi non siamo né figli di Adamo, o “esuli figli di Eva”, ma “ricollocati Figli di Dio”. Ogni giorno dobbiamo scegliere da capo se essere figli del sospetto (Adamo) o della fiducia (Gesù) … 

A partire di qui … tutto il resto.

Posso salutarvi con un suggerimento per oggi? 

Ascoltate una canzone di Renato Zero: TI ANDREBBE DI CAMBIARE IL MONDO?  (clicca sulla parola “Watch”) 

watch

Parla di io, noi, di ritorno al Giordano, di futuro e anche di Coronavirus. 

Un abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere: 

  • Per quali opere voglio fare fuori Gesù?
  • Cosa significa per me “rifare posto” al Vangelo, concretamente? 

GIOVEDI 2 APRILE …

VEDERE LE PAROLE 

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 

Un pensiero: 

Nel vangelo di oggi ci sono due verbi che mi incuriosiscono e mi fanno riflettere:

  1. OSSERVARE 

Nell’estenuante e intricato  interrogatorio dei  Giudei, a un certo punto Gesù dice: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”.

É curioso l’uso del verbo osservare – che significa anche “guardare attentamente” – riferito a una parola. Ci verrebbe da dire che la parola va ascoltata, mica guardata. In realtà trovo bellissimo questo fatto: per imparare a vivere occorre IMPARARE A VEDERE LE PAROLE, perché … tutto parla e tutto ha da dirci qualcosa. Tutto produce comunicazione per chi è attento. 

Quante parole escono dal silenzio delle nostre case, quante parole si incontrano – in modo molto più denso e profondo – nelle nostre quotidiane comunicazioni, quante parole da guardare attorno a noi per quanto l’invisibile virus micidiale sta provocando, quante parole il nostro mondo collassato ci sta suggerendo … insomma, se voglio imparare a vivere devo imparare a vedere le parole che i fatti non smettono mai di sussurrare a chi ha gli occhi collegati con il cuore, l’intelligenza, le altre persone e si sente responsabile di qualcosa.  

Le parole di questi mesi possono realmente diventar scuola … di vita. Proprio come dice Gesù. 

Anzi, Gesù rincara la dose: dice addirittura che chi “guarda e  custodisce” la sua Parola non morirà mai.

2. CREDERE

A questo punto entra in gioco il secondo verbo: credere! 

I Giudei chiedono a Gesù: “Chi ti credi di essere?”.

Li ringraziamo per la domanda, perché ci rivelano una cosa molto importante: noi siamo quello che crediamo (di essere),  non semplicemente quello che siamo.

É interessante che non gli chiedano “chi sei?” … ma “chi ti credi di essere?”. 

Noi siamo tutti dei credenti da questo punto di vista, perché siamo sempre risultato di ciò che crediamo di essere: “intelligenti, belli, brutti, sfigati, super, “chi sono io!”, indegni, factotum, svogliati, amorevoli, demotivati”, e lo crediamo perché “custodiamo” le parole che scegliamo (o non scegliamo, anche questa è una scelta) per costruire le fondamenta della casa della nostra vita. Ci sono parole che ammazzano e altre che danno vita. Ci sono parole che aprono mondi e altre che ci buttano nelle nostre prigioni interiori. Parole che incontrano e parole che uccidono. …. La lista è lunga. La scelta MOLTO IMPORTANTE! 

Gesù chi si crede di essere? Esattamente una cosina non del tutto trascurabile:  “la VIA, la VERITÁ  e … la VITA!”. Tre orientamenti che si realizzano solo nel momento che si “frequentano” : la via si apre solo a chi la percorre, la verità la trova solo chi la accoglie, e la vita? Arriva, a quanti si voltano a osservare con fiducia quella Parola che Gesù ci rivolge tutti i giorni. Parola di vita piena. 

Un grande abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere:

  • Quando necessito di forza e di speranza, a quali parole mi rivolgo?
  • Quali sono le Parole più forti che mi comunica Gesù, quando penso al suo Vangelo?

MERCOLEDI 1 APRILE …

IN VINO … VERITAS 

Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». … “Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio”. 

Un  pensiero:

Nonostante l’ampia offerta telematica di Messe, riflessioni, preghiere e riti religiosi,  in questi giorni sentiamo la mancanza del pane eucaristico.

Eppure Gesù dice che noi diventiamo suoi discepoli non solo perché mangiamo il suo pane, ma anzitutto perché CI NUTRIAMO della sua Parola. La conosciamo, la assimiliamo, la rendiamo riferimento per la nostra libertà che vuole respirare. Insomma, l’ascoltiamo per imparare a vivere. 

Nessuno di noi può dire di credere in Dio se non diventa discepolo alla scuola della Parola di Gesù, perché la vita è la scelta di quelle parole e di quei pensieri dai quali  quotidianamente decidiamo di essere animati e ispirati. Non ci basta masticare  e deglutire magicamente il corpo del Signore come se fosse l’amuleto protettivo di un vuoto gastroreligioso: la vita del discepolo avviene “in memoria”, e la memoria ricorda i gesti e le parole del Maestro che giorno dopo giorno, o di domenica in domenica, si dona in una comunicazione che ci rende liberi.

Perchè la storia della nostra libertà è la storia di un legame scelto. 

Noi viviamo della terra dove mettiamo le nostre radici.

Contrariamente a chi dice che essere liberi significa fare quello che si vuole, ossia non legati a niente e a nessuno se non a se stessi (il che, comunque, è un legame, e sovente molto pericoloso),  Gesù oggi nel Vangelo ci dice che la libertà ha delle altre caratteristiche: nasce dalla stabilità di un RIMANERE in un senso e SI SCHIUDE in un futuro che si compie nella fatica dei giorni: “se rimanete nella mia Parola sarete davvero miei discepoli”.  

Questo RIMANERE ci rimotiva  nei nostri impegni,  fortifica le nostre speranze e ci insegna a volere. A pensare che la felicità non consiste nell’avere tutto ciò che si vuole (come ci sta insegnando la nostra esperienza quotidiana), ma a imparare a volere in ciò che si ha,  a partire da quello che siamo. Il nostro limite è abitato: solo la scelta di qualcosa che lo amplifica ci aiuta a crescere. Le nostre radici fanno quello che possono: solo la scelta di un terreno adeguato, ricco di risorse e potenzialità, farà crescere  la pianta che siamo noi in un modo o in un altro. Il vitigno del Nebbiolo produce uva molto diversa se la pianti nelle Langhe, nel Roero o nel vaso sul tuo balcone, altrimenti il mondo sarebbe pieno di Barolo. Migliore, invece, sarà la terra, migliore sarà il frutto. Nella pazienza di chi sa, come suggerisce Gesù, che non si É, ma SI DIVENTA liberi. E si diventa liberi solo in relazione. 

Se cambiamo noi, a partire da questa grande convinzione, cambierà il mondo, il futuro. 

A meno di essere ancora psicopatologicamente convinti che bastiamo a noi stessi. 

In questo caso cercheremo di fare fuori Gesù. 

Dandogli ragione, però. 

Per riflettere:

  • dove sono piantate le mie radici?
  • quali parole di Gesù sono vero riferimento di vita per me?

MARTEDI 31 MARZO …

SERPENTI VELENOSI

Dal libro dei Numeri

In quei giorni, gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti».
Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita».
Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Un pensiero…

Oggi cambio lettura: non più il Vangelo, ma il Libro dei Numeri  (la prima lettura della Messa),  che racconta la fatica del cammino per conquistare la libertà da parte di Israele: “IL POPOLO NON SOPPORTÒ IL VIAGGIO”. 

Leggo e penso alla nostra situazione. 

Imprevisto: si fa una svolta non voluta per aggirare il territorio di Edom: popolo troppo forte, avrebbe distrutto quanti passavano sulla loro terra. Nel difficile cammino di tutti i giorni qualcosa fa saltare  i  piani. Anche per noi, situazione analoga: il nostro  “più o meno tranquillo cammino di ogni giorno, dove sì, sapevamo  certe cose, sì, la terra non sopporta i nostri comportamenti, sì pochi straricchi e sempre più gente che muore, sì tutto il mondo inquinato, sì ai poveri i tumori ai padroni i proventi delle fabbriche, sì, ci sono isole  di immondizia, sì, sì, sì, “vabbè, che sarà mai, si è sempre fatto così? Dovrà ancora passare qualche millennio prima che tutto collassi!” , e a un certo punto eccoti l’imprevisto: un piccolo, microscopico, invisibile microrganismo  ci mette in ginocchio, ci distrugge, e non risparmia nessuno, neanche i potenti, neanche quelli che hanno i soldi e neanche quelli che pregano Dio.  

Soluzione: allungare il viaggio e passare per la via del Mar Rosso. Soluzione per noi, contenitiva: “stiamo chiusi in casa”, per tutelare noi e i nostri cari e soprattutto per non diventare potenziali portatori di virus per altri (e inizi a capire che la tua salute e quella degli altri sono collegate;  che uno starnuto fatto in Cina arriva fino ad Alba, che un gesto di responsabilità fatto o omesso possano fare la differenza). 

Reazione: Il popolo a un certo punto, però  “non sopportò il viaggio. Il popolo disse (parlò) contro Dio e contro Mosè”. Noi: “ancora a casa?? Ma fino a quando? Stamattina hanno detto fino a Pasqua (sappiamo tutti che non è vero). Fino a quando dovremo sacrificarci per il bene di qualcuno? Fino a quando saremo costretti a sopportare i nostri inetti politici incapaci di darci delle direzioni chiare (comunque …. al di là di tutto sono contento di non essere in Parlamento) …?  Fino a quando? Polemiche contro solidarietà e coinvolgimento responsabile. E questi pensieri diventano parole, diventano reazioni … diventano gesti .. diventano …. 

SERPENTI VELENOSI: per Israele e per noi. Perché noi siamo i nostri pensieri che ci disgregano e ci avvelenano. Perché noi diventiamo quello che pensiamo e quello che guardiamo per supportare i passi dei nostri giorni. Perchè noi siamo le nostre professioni di fede nel nulla e nel risentimento fino a quando non decidiamo di “spostare il nostro sguardo”, le nostre vedute. Non poteva essere diverso l’antidoto anche per Jhawhé: il velenoso sparlarci e parlare contro, il nostro biforcuto serpente interiore, ha bisogno di essere “innalzato”:  Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita”. Solo quando si recupera l’altezza e l’importanza di una parola che sta AL DI SOPRA di noi possiamo recuperare il senso delle cose e della vita. Per uno che è aspirante discepolo di Gesù è la Parola di Dio, per un uomo che non ci crede può essere una poesia, un sogno; può essere una parola come AMORE, RISPETTO, RESPONSABILITÀ, IORESTOACASA 

Ehhh… che vuoi che sia? Roba troppo piccola, trascurabile, non concreta e  irrilevante!

Vero, però anche sto micidiale virus è così: piccolissimo, quasi invisibile, ma capace di distruggere il mondo fino a quando non troveremo antidoti in grado di funzionare. Uno può essere il nostro modo di pensare e di comportarci, piccolo come un anti-virus e grande come l’universo.  

Per riflettere:

  • Quando sono disperato da quali parole mi faccio ispirare? 

LUNEDI 30 MARZO …

Pietre e sabbia

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio,
la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e
si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «
Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Un pensiero … 

1. In poche righe c’è la storia del mondo, come sempre, nel Vangelo. 

Posero una donna “in mezzo” (per mettere al centro Gesù e accusarlo come fuori-legge) ma, ancora più in verità: la posero in mezzo per toglierla (e toglierLo) di mezzo! 

Le storie delle accuse –  e potremmo leggere l’intera storia dell’umanità come il risultato di una storia dei giudizi che portiamo dentro i nostri cuori – è antica come il mondo e come la Bibbia: da Adamo, che accusa Eva, che accusa il serpente … per arrivare fino a oggi, lunedì 30 marzo 2020.   Accusiamo “attraverso la legge scritta sulle tavole di pietra” ciò che ci dà fastidio e vogliamo togliere di mezzo. Accusiamo per tacitare un’altra voce che ci ricorda che se c’è un problema, riguarda anche me.   Accusiamo quella donna, sola, nel centro, “colta in flagrante adulterio”. Per tradire un marito, però, ci va un altro uomo! DOV’ERA? Forse nel gruppo dei suoi accusatori: “toglila di mezzo!”.  

Un pensiero che ci fa ricordare che sovente  siamo falsi, ipocriti, cattivi, opportunisti, ingiusti, menzogneri e disonesti. Ma si sa, “occhio non vede, cuore non duole”, così non ci pensiamo più. 

Però, perchè solo la donna è considerata una “puttana” e l’uomo un “donnaiolo”? Forse è puttano anche lui, anzi, senza forse (chiedo scusa per la volgarità, ma “quanno ce vo, ce vo!”).

I giudizi uccidono: sia usando una pietra da lanciare (in modo volgare e popolare), sia usando la Legge sulle tavole di pietra (in modo raffinato, aristocratico e per quelli che avendo i soldi possono “demandare ad altri” i loro atti mortiferi. Qualcuno ama le armi ma non le usa, perchè nella fondina ha le carte VISA, cantava Silvestri).           

2. Vuoi capire il Vangelo di oggi? Rimettiti tu al centro e chiediti quali sono le tue responsabilità. Ma fallo davanti a Gesù che ti (mi) dice: “chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra”. 

Però a noi Gesù dà fastidio, tanto!: “Come si permette, perché ci giudica? Io mi giudico da solo!!!”.

C’è un pregiudizio errato in questo pensiero, perché noi, di solito, pensiamo che i giudizi servano a condannare e uccidere: effettivamente ci insegna così la nostra esperienza. Il Vangelo no, se lo leggiamo attentamente scopriamo che quando Gesù giudica lo fa per un altro motivo: PER LIBERARE E PER SALVARE! Proviamo ad accostarci a Lui, al suo Vangelo con questo spirito, con questa domanda, ogni volta che lo ascoltiamo: “Maestro, cosa mi dici oggi, per liberarmi e salvarmi?”.  Vi assicuro che cambia tutto! 

Ripeto:  non è un giudizio che condanna e uccide; è un giudizio che libera e salva (rileggere lentamente per 10 volte).

3. Questa l’ho letta: “La presenza del Signore Gesù cambia il nostro modo di guardare verso l’altro perché ci aiuta a cominciare e a ricominciare sempre a guardare l’altro partendo da noi stessi: dai nostri bisogni, dalle nostre fragilità, sentendo ogni creatura come parte di noi stessi”.

Buona giornata, vi penso.

Mi mancate! 

DOMENICA 29 MARZO …

PIETRE

Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Carissimi,

La domenica per noi è un momento bellissimo per stare insieme. Per stare insieme e attorno a qualcosa e Qualcuno che ci attrae, che ha qualcosa da dirci e insegnarci per il nostro cammino personale che ci porta a trovare noi stessi e il senso dei nostri passi. 

Oggi penso che sia bello soffermarsi intorno alla grande umanità di Gesù, alle sue lacrime e alle sue urla. 

Intorno a quello che Lui fa per noi, alla bella notizia che non ci sarà nessuna fine che darà fine ai nostri giorni. Intorno alla notizia che la vita è una risposta alle voci e alle parole che decidiamo di scegliere come guida per le nostre giornate, ai nostri essere presenti e consapevoli. 

Oggi sento un urlo, davanti a questo morto che “già manda cattivo odore”, un grido che ridà vitalità a quanto era ormai immobile e divorato dalle tenebre: “VIENI FUORI!”. Lo sento rivolto a me, rinchiuso al buio del mio sepolcro, in quella caverna che mi impedisce di prendere luce e di dare luce. Lo sento per me, “piedi e mani legate con le bende e il viso avvolto nel sudario”.

Mi raggiunge quella parola: “liberatelo, lasciatelo andare”. Già, perché si riprende il cammino quando mi liberano e mi lasciano andare. Quando Qualcuno accanto a me mi sostiene e mi indica anche “dove”. 

Insieme, sempre nel nome di un’alleanza, che non mi sostituisce mai nella responsabilità e nella creatività, ma nasce dall’incontro e dal cuore accogliente. 

Vi lascio con parole assai migliori di quelle che potrei scrivere, sono di Ermes Ronchi:

“La ribellione di Gesù contro la morte passa per tre gradini:

1. “Togliete la pietra”. Rotolate via i macigni dall’imboccatura del cuore, le macerie sotto le quali vi siete seppelliti con le vostre stesse mani; via i sensi di colpa, l’incapacità di perdonare a se stessi e agli altri; via la memoria amara del male ricevuto, che vi inchioda ai vostri ergastoli interiori.

2. “Lazzaro, vieni fuori!” Fuori nel sole, fuori nella primavera. E lo dice a me: vieni fuori dalla grotta nera dei rimpianti e delle delusioni, dal guardare solo a te stesso, dal sentirti il centro delle cose. Vieni fuori, ripete alla farfalla che è in me, chiusa dentro il bruco che credo di essere. Non è vero che «le madri tutte del mondo partoriscono a cavallo di una tomba» (B. Brecht), come se la vita fosse risucchiata subito dentro la morte, o camminasse sempre sul ciglio di un abisso. Le madri partoriscono a cavallo di una speranza, di una grande bellezza, di un mare vasto, di molti abbracci. A cavallo di un sogno! E dell’eternità. Ad ogni figlio che nasce, Cristo e il mondo gridano, a una voce: vieni, e portaci più coscienza, più libertà, più amore!

3. Liberatelo e lasciatelo andare! Sciogliete i morti dalla loro morte: liberatevi tutti dall’idea che la morte sia la fine di una persona. Liberatelo, come si liberano le vele al vento, come si sciolgono i nodi di chi è ripiegato su se stesso, i nodi della paura, i grovigli del cuore. Liberatelo da maschere e paure. E poi: lasciatelo andare, dategli una strada, e amici con cui camminare, qualche lacrima, e una stella polare.

Che senso di futuro e di libertà emana da questo Rabbi che sa amare, piangere e gridare; che libera e mette sentieri nel cuore. E capisco che Lazzaro sono io. Io sono Colui-che-tu-ami, e che non accetterai mai di veder finire nel nulla della morte”.

Un grande abbraccio, buon giorno NEL Signore!

Per riflettere:

  • Quali legami mi tengono imprigionato?
  • Cosa vuol dire per me ascoltare la parola di liberazione di Gesù?

SABATO 28 MARZO …

“Pronto, Divin Maestro?”

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.

Un pensiero … 

Se ne dicono tante su Gesù, per qualcuno è il Cristo, per altri uno che ha sbagliato regione, per altri un profeta … “e nacque un dissenso”. Insomma, non riusciamo a metterci d’accordo. 

Questa esperienza si vive nelle cose più elementari. Io,  per esempio, l’ho vissuta, molto banalmente, questi giorni, in cui – lo so, non c’è niente da ridere ma mi ha fatto assai sorridere e la voglio condividere – mi successo un fatto, più volte. Mi telefonano: “pronto, Divin Maestro?”  “Sì – rispondo – buongiorno!”. “Avrei bisogno delle pastiglie perché il mio cane ha la diarrea” (scusate) … Lì per lì rimango un po’ interdetto e poi spiego alla signora che ha sbagliato numero: “guardi che la farmacia ha lo stesso nome della Parrocchia, ma controlli il numero che è diverso” … dopo cinque minuti richiama con la stessa richiesta … la mattina dopo altra telefonata per sapere se erano arrivate le mascherine … Vabbè, in fondo è anche divertente. Perché lo dico? Per una questione molto semplice: le parole cercano la nostra responsabilità, non le possiamo trattare con superficialità. Divin Maestro  può voler dire parrocchia o farmacia. Dio può voler dire “Gott mit uns” per i nazisti o “Divina Provvidenza” per il Cottolengo. Gli esiti sono molto diversi,  dipendono dalle nostre precompressioni e dalla nostra onestà, anche se la parola è sempre la stessa.  Le parole non hanno senso fino a quando noi non diamo loro il significato vero che ci vogliono trasmettere. E questo capita con tutto. 

Come si fa a sapere? Il Vangelo ci suggerisce di avere l’umiltà di mettersi in ascolto e non tirare subito le somme prima di fare il conto. Il conto lo faccio io cercando di capire,  di seguire, di fare risuonare. Cercando di capire, detto banalmente, se Divin Maestro è una Parrocchia, un bar o una farmacia, cercando di darmi una risposta: “Cosa c’è lì dietro? Cosa c’è lì dentro? Cosa c’è dentro Gesù? Cosa c’è dentro di me che mi metto davanti a Lui? Cosa vuol dire che devo rinascere dall’alto? Cosa significa che non so fino a quando non accolgo e non rendo mio un legame vitale?”. Tante domande, che Nicodemo e i soldati avevano capito: “Mai un uomo ha parlato così!”, “«La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Nicodemo e i soldati ascoltano. I farisei no, sapevano già tutto (poveri..) perché “era scritto”… Ma la verità non esiste mai da sola, esiste solo in relazione con te e perché tocca la tua vita. Così Gesù. 

Gesù non è un punto di arrivo, ma di partenza, perché “dal nostro modo di giudicarlo  (considerarlo, dico io ) saremo giudicati (considereremo, ribadisco) anche noi”. 

“Pronto, Divin Maestro?” …

Buon sabato a casa!  

Per riflettere:

– “Cosa c’è dentro Gesù? Cosa c’è dentro di me che mi metto davanti a Lui? Cosa cerco in Lui?”

– “Cosa significa che non so fino a quando non accolgo e ascolto?”

VENERDI 27 MARZO …

GRANDE GRANDE GRANDE … 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

Un pensiero… 

Il Vangelo di Giovanni è sempre un po’ farraginoso e non immediato da capire. Eppure  quando si capisce è stupendo. Le cose vanno scavate, mai fermarsi all’evidenza! Rileggere il testo! 

Anzitutto alcune piccole strane parole: Gesù va a Gerusalemme non apertamente, quasi di nascosto, ma … parla liberamente. Insomma – ti viene da dire – vogliamo deciderci?

Di fronte al suo esporsi qualcuno dubita, sragiona chiedendosi come mai non lo facciano fuori, perchè dice delle cose strane, diverse, non congruenti alle attese religiose di quanti si dicono: “costui sappiamo di dov’è”.

Ha ragione Semeraro quando scrive: “Talora voler vedere (pensare di sapere, dico io) è un modo per non voler credere fino a diventare prigionieri delle apparenze o, più gravemente, del proprio modo di immaginare il mondo senza, in realtà, aprirsi a riconoscerne la verità e la bontà”.

Arrivo al punto: ci sono delle forze nella nostra vita, che a catechismo venivano chiamate fede, speranza e carità e che “più laicamente” potremmo definire legame, desiderio  e amore, che NON VEDONO. Non sono per niente evidenti, non si possono misurare con il righello, oltrepassano infinitamente le nostre constatazioni e rendiconti, ma, uniche, CI FANNO VIVERE. 

Lo dico – concedendo il copyright del pensiero a mia sorella – con le parole di una canzone. 

L’altro ieri era il compleanno di Mina: 80 anni. Chi non la conosce? Una sua canzone si intitola GRANDE, GRANDE, GRANDE (per favore andate a sentirla, è stupenda). Dice le stesse cose di cui vorremmo parlare. 

  1. Lei si lamenta di lui e dei suoi difetti:  Con te dovrò combattere, Non ti si può pigliare come sei. I tuoi difetti son talmente tanti Che nemmeno tu li sai. Sei peggio di un bambino capriccioso, La vuoi sempre vinta tu. Sei l’uomo più egoista e prepotente Che abbia conosciuto mai”.  Un’evidenza tutt’altro che promettente. Ma chi, sano di mente vorrebbe mettersi insieme a una schifezza umana del genere? Un calcio nel sedere potrebbe essere l’unica soluzione. Eppure, continua lei: “Ma c’è di buono che al momento giusto Tu sai diventare un altro. In un attimo tu Sei grande grande grande, le mie pene Non me le ricordo più”. Sì, solo chi ama e si ama può vedere e dire queste cose. Solo chi spera oltre può continuare a vedere ciò già che ora non vede. Solo chi crede in qualcuno può accorgersene. 
  2. Ci sono le amiche di lei, invece, che vivono una vita ineccepibile, meravigliosamente oleata nelle prospettive e nei programmi: “Io vedo tutte quante le mie amiche: Son tranquille più di me. Non devono discutere ogni cosa. Come tu fai fare a me. Ricevono regali e rose rosse. Per il loro compleanno. Dicon sempre di si, Non hanno mai problemi, son convinte Che la vita è tutta lì.”. Hanno solo un difetto: sono sole nelle loro certezze meravigliosamente paralizzanti e mortifere, infatti lei se lo dice con convinzione: “E invece no, invece no La vita è quella che tu dai a me. In guerra tutti i giorni, Sono viva, sono come piace a te”. Il museo delle cere è pieno di persone perfette, peccato che siano di cera! 
  3. In guerra tutti i giorni, ma VIVA! Perché scorre amore, vita, speranza … perchè scorre una forza che non vede, ma scommette e vive. Perché nella vita bisogna continuamente mettersi in gioco, e contrariamente a quanto pensiamo, non è vero che “si vince o si perde”, ma “SI GIOCA O SI PERDE”! (provate a pensarci, è una cosa che mi ha fatto molto riflettere). Quando lo capiremo, quando avremo CREDUTO che questa forza, questa convinzione, questa inevidenza degli occhi ma certezza del cuore si può realizzare, anche noi, potremo dire, al nostro amore: SEI GRANDE, GRANDE, GRANDE, COME TE, SEI GRANDE SOLAMENTE TU!” 

CREDERE PER VEDERE! Perché questa è l’ORA! 

Avanti! 

Per riflettere…

  • Mi permetto di imparare ancora qualcosa dalla vita? 
  • Sono troppo paralizzato dalle mie certezze?