XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

CHI HA PAURA PERDE  PUNTI 

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

“Queste cose hai rivelate ai piccoli”: strana questa considerazione di Gesù – che non compare solo in questa pagina del Vangelo – dove la condizione dei bambini risulta essere unica possibilità per “avere accesso” al Regno di Dio, alla sua logica e al suo statuto.

Strana, perché se c’è un’espressione  che noi adoperiamo per sgridare chi non si comporta secondo il buon senso diffuso è proprio: “non fare il bambino!”, oppure: “sei proprio un bambino!”,  a causa della stravaganza, della non prevedibilità e della creatività del destinatario dell’epiteto. I bambini non sarebbero realisti, neppure concreti e responsabili e il mondo non sopporta persone del genere.

Eppure le caratteristiche dei piccoli sono le uniche ad aprire al mondo possibilità di futuro, perché i bambini sanno ancora sognare, sanno permettere alla realtà di sorprenderli e di parlare loro in modo diverso, permettono alle cose la possibilità di diventare altro rispetto a quello che sono per trasformarsi in un gioco e in una sfida che non finiscono mai e rendono la vita sopportabile.

Scrivendo mi viene in mente una scena del film LA VITA É BELLA, dove la fantasia del bambino ospita le parole del papà,  che trasformano il terribile tedesco che spiega nella lingua natia le regole del  lager, in un soldatino che detta le regole da rispettare di un grande gioco,  dove “chi ha paura perde punti”, e “perdono quelli che vogliono vedere la mamma e vogliono la merendina”… il terrore si trasforma nel gioco del nascondino e il bambino si salva proprio dopo essersi nascosto per bene prima dell’arrivo dei liberatori. 

Chiaro, per un adulto la realtà è drammatica e tale rimane. Per un bambino, quel bambino, il luogo dove una parola – quella del papà – può ancora cambiare il modo di “vedere le cose” e la possibilità della sua salvezza (Padre, Parola … non ci dice niente?).

 Anche il Vangelo ci permette di sognare. Anche Gesù era sognatore che benedice il Padre dopo che le folle, i sapienti, i dotti, i teologi del tempio e addirittura i suoi familiari non lo hanno per niente compreso.

Allora, bambino, per il Vangelo, è colui che ha ancora spazio nel cuore per qualcosa che lui non può fare, e consapevolezza che la vita si chiama così ed esiste solo perché qualcuno te la dà e te la porge continuamente a partire, anzitutto, dalla capacità di “convertire” lo sguardo e i pensieri dando vita … a una nuova realtà (alla faccia del realismo!).

LA PAROLA PER LA SETTIMANA

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.  Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.  Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.  Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

IL REGNO E IL BICCHIERE

C’è da rimanere lievemente inquieti, a leggere con attenzione il Vangelo di domenica. 

A pensarci bene, però, le cose che dice Gesù possono avere significato molto profondo e interessante, sia per i suoi discepoli che per i suoi ascoltatori più occasionali, accorgendosi che il Vangelo non parla d’altro che della nostra vita e della costruzione del suo senso.

D’altronde lo stesso salmo ha un’espressione assai curiosa: “il tuo – dice – è un AMORE EDIFICATO” … perchè la vita e l’amore hanno bisogno di essere costantemente e accuratamente costruiti con grande attenzione.

Vorrei allora  rileggere le “urticanti”  frasi a partire dai VERBI che le compongono e reggono il significato del tutto, per EDIFICARE, magari, qualcosa di nuovo durante la nostra settimana.

AMARE: Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me: a parte il fatto che non è per niente detto che nelle nostre famiglie ci si ami, “amare di più” o “amare di meno” non è la richiesta di prestazione minore o maggiore, perchè l’amore è un atto che richiede TOTALITÁ, e oltre la totalità non c’è nulla; penso che Gesù riferendo a Lui l’azione ponga in se’ e nel suo ascolto la possibilità di amare in modo nuovo e rinnovato i fratelli. Per amare ci vuole forza, motivazione, spirito, sostegno: noi vediamo il volto di Dio nei fratelli e Gli chiediamo di aiutarci in questa opera così imprescindibile e impegnativa. Se l’amore non si ciba e non si disseta quotidianamente (dove?), come farà a vivere?

PRENDERE LA CROCE: chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. La croce per Gesù è il nome della Sua fedeltà al Padre e ai Suoi figli (fratelli). Prendere la croce vuole dire “rimanere fedeli” a ciò che crediamo e desideriamo essere importante e la causa della nostra vita, anche se le condizioni per farlo non sono così comode e facili. Noi non siamo chiamati a “morire in Croce” ma a VIVERE a partire dalla speranza vissuta dall’uomo della croce, che ci ha mostrato l’affidabilità del Padre, addirittura oltre la morte. 

TRAT-TENERE LA VITA: Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Paradossalmente c’è vita solo dove c’è un movimento: avere e dare, ricevere e donare. Ma chi di noi, con un minimo di sanità mentale, può pensare di “respirare trattenendo il fiato”? Se l’aria non esce non c’è spazio di scambio per nuovi respiri. Quanti di noi “tenendo tutto per vivere” per se stessi in realtà si condannano alla morte e alla solitudine angosciosa di un’esistenza insensata?

ACCOGLIERE i profeti: significa accogliere tutte quelle ispirazioni che ci rimandano a Dio e al suo sogno di un mondo diverso e migliore, come “profetizzato” dalla sua Parola. Ogni giorno la vita “profetizza” scenari nuovi e inediti per cuori e orecchi attenti.

DARE un bicchiere d’acqua: Gesù lo capisce e lo sa: ogni gesto di amore, dal più al più grande, dal bicchiere d’acqua al dono della vita, è importante perché APRE e FA ACCEDERE AL REGNO DI DIO già qui e ora. Non si tratta della grandezza delle cose che si fanno, ma di quell’amore, che è tale perché sempre vero e totale, che sta dietro ogni gesto attraverso il quale ci esprimiamo. 

Sì, oggi nel Vangelo (come sempre) c’è profumo di umanità. 

Buona Settimana!

RIGOROSAMENTE IN MASCHERINA …

Ieri sera c’erano quasi tutti i ragazzi del gruppo giovanissimi e giovani,  per un saluto dopo tanti giorni di assenza, regolarmente  a un metro di distanza e con le mascherine. Quest’estate andrà così, ma pronti, il prossimo anno, per un nuovo cammino, pieni di entusiasmo e sogni che neanche il virus è riuscito a spegnere!

DOMENICA 7 GIUGNO …

FESTA DELLA SANTISSIMA TRINITÁ

Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:  «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.  Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

La Festa della Santissima Trinità, modo di dirsi di Dio all’uomo, è la storia di una relazione che salva la vita. Ossia la risolleva conferendole dignità, contenuto e sostanza e ricordando che, o si vive imparando a curare le relazioni e i legami, oppure … non c’è vita. Perché non c’è Dio, ossia, speranza e orizzonte profetico di trasformazioni continue. Nel libro dell’Esodo, c’è scritto che Dio “scende dalla nube” per incontrarsi con Mosè, e attraverso Mosè, con tutti noi, consapevole “popolo dalla dura cervice”. Ma a Dio non interessa, Lui è venuto “per salvare il mondo, non per condannarlo”, e ci prende per mano,  così come siamo, sperando che ognuno di noi possa ritrovare in Lui il senso di ogni cosa. Forse la Trinità non è fatta di tre persone, ma di quattro: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo e IL MONDO (tutti noi!). Trinità, QUADRINITÁ! Senza figli non  c’è Padre, e neanche Dio!

PENTECOSTE

VENTO E FUOCO 

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro
di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».”

É difficile parlare dello Spirito Santo: non lo vedi, non lo tocchi, non lo senti. Eppure, da Gesù con i suoi discepoli, CAPITA nel  mezzo di una situazione ben precisa, che è quella che vedi, tocchi e senti tutti i giorni in modo molto tattile e terribilmente concreto:  porte chiuse, timori … lì, proprio lì “capita” lo Spirito Santo. Leggi,  ascolti la Radio, guardi la Tv, ti guardi intorno e più leggi e approfondisci e meno capisci, vedi tutto e il contrario di tutto. Lo “spaesamento” discepolare continua ai nostri giorni… porte chiuse, timori  Proprio lì capita di nuovo il mistero dello Spirito Santo! E al Vangelo  non basta dire una volta “pace a voi”,  lo deve ripetere, perché forse non ci crediamo più.  Non crediamo a quella pace di cui necessitiamo per  vivere, per andare avanti, per ridare credito a quei pochi e coraggiosi segni di vita che ancora ci invitano a ripartire con coraggio, perché sappiamo che sono quelli di cui abbiamo terribilmente bisogno e solo Dio ci può dare. Senza prove, solo con  la grande fiducia che il respiro del Risorto non ci tradisce. Ha ragione, un poeta, Franco Marcoaldi, quando scrive:  Quel che di vero c’è, è quanto sfugge e passa – allude tace svia commuove. E tutto questo, senza disporre maI di prove. A partire da un perdono accolto. Unica cosa certa. A noi stessi, anzitutto. 

Vieni, Santo Spirito!  

ASCENSIONE DEL SIGNORE GESÚ

GLI OCCHI DEL CUORE 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli. 

Che bello riprendere nel nome di un’Ascensione la nostra vita di comunità. Ascendere significa SALIRE, rimettersi in piedi e camminare!  Dopo questi mesi di “chiusura fisica” – ma  di costante contatto, per chi voleva – si riprende una vita “quasi normale”. Tutto uguale, a parte le mascherine (squisito segno di cura per la salute propria e altrui). Sembra che tutto abbia ripreso i suoi “ritmi” normali: traffico, incontri, corse, spese, lavoro, spostamenti …   Sembra …  Sarà proprio così? Ne siamo convinti? Questa esperienza “universale” che ha toccato tutta l’umanità, che cosa ci ha insegnato? Questo nuovo tempo che stiamo vivendo e siamo chiamati a impostare, come ci sta interpellando? Che cosa mi sta dicendo? Solo se “torniamo” al cuore e nel cuore delle nostre domande potremo darci una risposta. Noi, che viviamo in una Parrocchia, cercheremo di darci una risposta davanti a un Alleato Speciale: nientemeno  che il Signore Gesù. A Lui rivolgiamo le parole che Paolo scrive ai cristiani di Efeso: “Possa Egli illuminare gli occhi del cuore …. Per farvi comprendere la grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo”. Questa è la sfida di ogni uomo, ma soprattutto di ogni “discepolo”,  chiamato a diventarlo e così esserlo ogni giorno, a partire dall’incontro con il Vangelo. E la storia riprende il cammino, orientati da una speranza che sa sempre guardare IN ALTO e OLTRE, ma solo per un motivo: per guardare INTORNO A NOI, in modo nuovo:  “con la straordinaria grandezza della sua potenza in noi”, che fa la differenza delle differenze! 

Buona Ripresa e Buona Ascensione! 

19 MAGGIO, MARTEDÌ …

SBARRE

In quei giorni, la folla [degli abitanti di Filippi] insorse contro Paolo e Sila, e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi.
Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera,
cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti.
Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «
Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.
Egli li prese con sé, a quell’ora della notte,
ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.

Un pensiero … 

Sempre di più, leggi la Parola di Dio, e ti dici: “parla a me, di me, di noi, del mondo”. 

Due situazioni si oppongono:

a. Da una parte una forza che “chiude”: ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere … nella parte più interna del carcere, ceppi ai piedi  

Non bisogna avere tanta fantasia per leggere questa situazione come qualcosa che, sovente, ci riguarda proprio da vicino: chi di noi non si è mai sentito “bastonato” da certe cose che capitano, da alcune sorprese non proprio gradite e improvvise; chi di noi, a volte, non si sente “imprigionato nella parte più interna del carcere”, incapace di “liberare” quanto porta nel cuore, urlare la propria disperazione e tristezza, prigioniero del proprio risentimento e di una grande rabbia; chi di noi non sente i ceppi ai piedi che gli impediscono di “andare” come il cuore suggerirebbe; chi di noi non sa che, qualora anche andasse tutto “benissimo” (!)  e non ci fosse nessun problema, prima o poi arriverebbe il “famoso momento” che tutti “livella” allo stesso modo per decretare il “nulla di fatto”?

b. Dall’altra parte Paolo e Sila, i testimoni abitati dallo Spirito del Risorto, che in questa terribile situazione hanno la “faccia tosta” di cantare inni a Dio  davanti agli attoniti compagni di cella. E capita qualcosa: un miracolo! Venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti.

E chi di noi non sogna una situazione del genere? Chi di noi non lo vorrebbe? Porte aperte! Catene cadute! Un sogno! Può darsi. Possiamo dire … una speranza? E perché no? Perché non potremmo rimetterci a sperare anche noi, perché non potremmo dire che a volte, se ci troviamo nelle prigione, con i ceppi ai piedi e bastonati e caricati di colpi è perché (forse) non abbiamo voluto credere e sperare in Colui che ci parla con una sola grande intenzione che viene sintetizzata dalla parole che Paolo rivolge al carceriere che voleva togliersi la vita: 

NON FARTI DEL MALE! ?

Penso che la parola di Dio sia anzitutto questo suggerimento: “ritrova la strada che porta al bene e alla vita! Riscopri ciò che non fa male, a te e agli altri, impara a rinunciare a  ciò che non ti porta da nessuna parte se non nello scoramento e nella tristezza, accordati con quanto ti ridà contenuti per alzarti … “.  Io penso che il Risorto sia soprattutto questo: riscoprire quotidianamente la forza della vita che si oppone attivamente al risucchio delle morti da mille volti che ci sorprendono. La memoria della Parola si trasforma in risposta. La risposta configura e dispone la mente a impostare il nostro stare nel mondo,  la nostra presenza davanti a CIÓ CHE CONTA, la possibilità di essere ri-creati, ossia, diventare CREATURE NUOVE. 

Chiaro, non ci saranno mai delle “ragioni sufficientemente chiare” per iniziare, ma ci sono delle “speranze estremamente forti” per farlo. 

E quando si inizia il cammino, allora di apre anche la strada. 

 

17 MAGGIO, DOMENICA …

SPERANZE 

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.
Tuttavia questo sia fatto
con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.
Se questa infatti è la volontà di Dio, è
meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito.

Per riflettere… 

Buona domenica a tutti!

Mi fa sorridere l’auspicio formulato da Pietro per i suoi lettori: SAPPIATE RENDERE RAGIONE della SPERANZA che è in voi. 

Mi fa sorridere perché noi pensiamo sempre che la speranza e la ragione appartengano a due mondi diversi, che non si incontreranno mai, tant’è che diciamo che chi vive sperando muore penando (e anche cose meno bucoliche), mentre le persone concrete e con delle ragioni forti vivrebbero una vita sicura e tutta d’un pezzo, ma anche disperata – mi viene da dire,  proprio perché senza speranza –  coerentemente con questo ragionamento.

Penso che Pietro alla fine fosse il più equilibrato e plausibile nel suo invito:  anche secondo me  la speranza ha delle ragioni molto grandi e forti per vivere, e anche la ragione ha le sue forti speranze, altrimenti non farebbe progredire il mondo. 

Cosa sarebbe un mondo “senza speranza”, che vive tra la costante CONDANNA DELL’IMMOBILITÁ DEL PASSATO e  l’IMPREVEDIBILITÀ DEL FUTURO?   

Solo una speranza lo può salvare: chi può salvare dalla condanna di una malattia se non la speranza di un vaccino? Chi può permettere l’impossibilità di illuminare il buio se non la speranza di produrre una piccola luce, fosse solo quella di una lampadina? Chi può permettere all’odio di mutare, se non la speranza iscritta in un generoso gesto d’amore e di perdono? Chi può cambiare tutto l’”arretrato” che grava sulle nostre teste appesantite, se non un gesto di novità e una promessa che qualcosa si avvererà? 

Tutta la storia vive e continua a vivere SOLAMENTE perché spera, altrimenti sarebbe un ETERNO MORTORIO e la ripetizione di cose SEMPRE UGUALI. 

Ma dalla scoperta del fuoco all’invenzione della ruota … se ne sono fatti di passi. 

Tutti animati dalla speranza che l’intuizione di ciò che ancora non c’era si sarebbe avverato, diventando una profezia, una promessa e una speranza piena di vita. 

E puoi scommettere che la speranza ha delle grandi ragioni e delle enormi ragionevolezze per esserci, in tutta la sua grandiosa concretezza. 

Ma torniamo alla richiesta di Pietro: noi, che pensiamo di essere cristiani, troviamo le ragioni delle nostre speranze in Gesù e nel suo Vangelo (ma va?!)?

Riusciamo a “mostrare” (e non a dimostrare) nella nostra vita che il Risorto è il motivo del nostro cammino di ogni giorno, che la Creazione in Lui è in grado di ri-crearsi perché Lo abbiamo accolto, che la Sua presenza nel nostro cuore diventa una promessa e un’avventura sempre possibile nonostante i nostri tentennamenti e le nostre incerte risposte; che nel nostro piccolo ci sono degli spazi e dei tempi nuovi per vivere il nostro essere umani e fraterni in modo diverso? 

Io ci sono ancora lontano,  ma queste per me sono delle grandi ragioni per sperare e delle grandi speranze per ragionare, ancora sostenuto, ogni giorno,  da quel che permetterò a Gesù di fare in me, e non tanto da quello che riesco a (non) fare per Lui.