Stasera alle 21
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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Il motore del 2000 / Sarà bello e lucente / Sarà veloce e silenzioso / Sarà un motore delicato / Avrà lo scarico calibrato / E un odore che non inquina / Lo potrà respirare / Un bambino o una bambina / Ma seguendo le nostre cognizioni / Nessuno ancora sa dire come sarà, cosa farà / Nella realtà il ragazzo del 2000 / Questo perché nessuno lo sa / L’ipotesi è suggestiva ed anche urgente / Ma seguendo questa prospettiva / Oggi ne sappiamo poco o niente / Noi sappiamo tutto del motore / Questo lucente motore del futuro / Ma non riusciamo a disegnare il cuore / Di quel giovane uomo del futuro / Non sappiamo niente del ragazzo / Fermo sull’uscio ad aspettare / Dentro a quel vento del 2000 / Non lo sappiamo immaginare
Nel 1992, Lucio Dalla pubblicava una canzone molto intrigante e interessante per il suo testo che ho riportato. Mancavano 8 anni al fatidico inizio del terzo millennio, chissà cosa avrebbe avuto in serbo per il pianeta terra il futuro: le tecnologie oramai stavano sorprendendo sempre più e aprendo scenari impensabili da un mese all’altro, la pace sembrava regnare incontrastata sulla vecchia Europa dopo anni di difficoltà, l’avvento dell’Euro avrebbe potenziato e unificato le economie del mondo … insomma … che cosa sarebbe ancora capitato? A quali meraviglie impensabili si stava accendendo? Il motore del 2000 si stava talmente perfezionando che lo avrebbe addirittura potuto “respirare” un bambino e una bambina.
E invece? Siamo nel 2022 e, se da una parte le tecnologie avanzano e prendono il sopravvento e gli scarichi sono sempre più calibrati, sembra che sul “ragazzo del 2000” la tecnologia onnisciente non sia molto avanzata. Ancora lì, a sapere tutto del motore ma INCAPACE DISEGNARE IL CUORE del giovane uomo del futuro (e del presente), sempre fermo sull’uscio ad aspettare.
Eppure il Vangelo oggi tratteggia una HEART MAP, una vera e propria mappa del cuore che secondo Gesù può permettere di USCIRE (non solo ai ragazzi) per scoprire che il mondo è molto più largo, profondo e interessante delle paralisi terrorizzate sull’uscio di casa. Già, Dio lo ricordava ad Abramo: “esci dalla tua terra” …
Il primo passo è l’inizio di un viaggio, il tuo! C’è questa strada pazza, pazzesca e illogica che sola è in grado di ridare vita alla vita: l’amore. Se la percorri troverai piano piano e imparerai a disegnare il cuore nuovo di un uomo nuovo. Sì, le cose che propone Gesù ai suoi discepoli, ossia a coloro che lo ascoltano, sembrano irraggiungibili, ma forse per questo sono interessanti, perchè il Vangelo non è un libro per perfetti, ma per gente in cammino, che si trasforma e non ha paura di evolvere.
Questa settimana prova a scegliere una frase da vivere, e ogni giorno prova a prendere i colori che ispira per disegnare di nuovo il tuo cuore. Io ne propongo una: “tutto quello che vuoi che altri facciano a te, tu fallo agli altri!” … Non un semplice NON FARE AGLI ALTRI, ma un interessante FA QUALCOSA DI BELLO, BUONO, UNICO, AMOREVOLE, IRRIPETIBILE per gli altri!
Interessante, crederci per provare, e scoprire che, forse, del ragazzo del 2000 e di ogni epoca della storia della terra qualcosa lo sappiamo, Gesù ce lo ripete tutti i giorni!
Ma … “a voi che ascoltate”, non a tutti
Per chi volesse ascoltare la canzone di Lucio Dalla clicchi su questa riga
Dal libro del profeta Geremìa
Così dice il Signore:
«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
e pone nella carne il suo sostegno,
allontanando il suo cuore dal Signore.
Sarà come un tamarisco nella steppa;
non vedrà venire il bene,
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è la sua fiducia.
È come un albero piantato lungo un corso d’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi,
nell’anno della siccità non si dà pena,
non smette di produrre frutti».
Oggi cambio registro: anziché commentare il Vangelo delle Beatitudini, voglio parlare della prima lettura, tratta dal Libro del Profeta Geremia. La settimana scorsa sono stato chiuso in casa per via del COVID. Scendendo in Ufficio, una sera di fine settimana, quando ormai non c’era nessuno attorno a me, entro e mi trovo davanti a uno spettacolo terribile: le mie piante stavano tutte morendo. Nessuno le aveva bagnate. Di solito, in regime di normalità, la porta è sempre aperta è c’è sempre qualche gentile signora che entra per innaffiarle. Questa settimana la porta è stata chiusa: nessuno le ha bagnate. É stato un tonfo al cuore! Le ho bagnate pregandole di riprendersi e, il mattino dopo, quello che sembrava il triste spettacolo di una fine si è trasformato in una resurrezione: piante rinate, con gli steli belli dritti, i fiori girati verso il sole e la conferma della parola di Geremia: se la pianta non viene piantata lungo corsi d’acqua e non stende le radici verso la corrente MUORE! Chiaro, continuano a esserci i periodi di caldo, ci sarà l’interminabile anno della siccità – ma non teme – le sue foglie rimangono verdi, non smette di produrre frutti. Guardo le mie piantine rinate con un po’ d’acqua, leggo Geremia e mi dico: “aveva ragione, anche noi siamo così!”. Vivi perchè resi vivi, o morti perchè talmente presuntuosi da pensare che possiamo crescere isolati e distaccati dalla fonte della vita e dagli altri, da vivere come poveri tamarischi che nascono e vivono nel cuore della sabbia e del deserto. Aridi e “incapaci di vedere il bene”, perchè quando non siamo collegati a quanto ci permette di farlo, mai nulla andrà bene. E allora, impariamo dalla pianta e questa settimana ogni tanto guardiamoci le radici … per chiederci se ci ricordiamo di innaffiarle e dove siamo piantati per trovare la nostra stabilità. Per domandarci a che intensità di verde sono le nostre foglie e quanti frutti stiamo portando. Chiedo scusa se quello che dico è troppo semplice e ingenuo, ma mi viene da dire che tante volte le cose non sono poi così complicate da capire …
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Carissimi, avendo letto un commento stupendo, di Ermes Ronchi, a questo Vangelo, ve lo “incollo” così com’è, perchè è magnifico: “Comincia così la storia di Gesù con i suoi discepoli: dalle reti vuote, dalle barche tirate in secca. Linguaggio universale e immagini semplicissime. Non dal pinnacolo del tempio, ma dal pulpito di una barca a Cafarnao. Non dal santuario, ma da un angolo umanissimo e laico. E, in più, da un momento di crisi. Il Signore ci incontra e ci sceglie ancora, come i primi quattro, forse proprio per quella debolezza che sappiamo bene. Fingere di non avere ferite, o una storia accidentata, ci rende commedianti della vita. Se uno ha vissuto, ha delle ferite. Se uno è vero, ha delle debolezze e delle crisi. E lì ci raggiunge la sua voce: Pietro, disubbidisci alle reti vuote, ubbidisci a un sogno. Gli aveva detto: Allontanati da me, perché sono un peccatore. Ma lui non se n’è andato e sull’acqua del lago ha una reazione bellissima. Il grande Pescatore non conferma le parole di Pietro, non lo giudica, ma neppure lo assolve, lo porta invece su di un altro piano, lontano dallo schema del peccato e dentro il paradigma del bene futuro: sarai pescatore di uomini. Non temere il vuoto di ieri, il bene possibile domani conta di più. Gesù rialza, dà fiducia, conforta la vita e poi la incalza verso un di più: d’ora in avanti tu sarai… ed è la vita che riparte. Quando parla a Pietro, è a me che parla. Nessuno è senza un talento, senza una barchetta, una zattera, un guscio di noce. E Gesù sale anche sulla mia barca. Sale sulla barca della mia vita che è vuota, che ho tirato in secca, che quando è in alto mare oscilla paurosamente, e mi prega di ripartire con quel poco che ho, con quel poco che so fare, e mi affida un nuovo mare. E il miracolo non sta nella pesca straordinaria e nelle barche riempite di pesci; non è nelle barche abbandonate sulla riva, ancora cariche del loro piccolo tesoro. Il miracolo grande è Gesù che non si lascia impressionare dai miei difetti, non ha paura del mio peccato, e vuole invece salire sulla mia barca, mio ospite più che mio signore. E, abbandonato tutto, lo seguirono. Che cosa mancava ai quattro per convincerli a mollare barche e reti per andare dietro a quel giovane rabbi dalle parole folgoranti? Avevano il lavoro, una piccola azienda di pesca, una famiglia, la salute, il Libro e la sinagoga, tutto il necessario per vivere. Eppure qualcosa mancava. E non era una morale più nobile, non dottrine più alte. Mancava un sogno. Gesù è il custode dei sogni dell’umanità. Offre loro il sogno di cieli nuovi e terra nuova, il cromosoma divino nel nostro Dna, fratelli tutti, una vita indistruttibile e felice. Li prende e li fa sconfinare. Gli ribalta il mondo. E i pescatori cominciano ad ubbidire agli stessi sogni di Dio”.
Auguri di una settimana con lo sguardo in avanti, disobbediente alle reti vuote e obbediente ai sogni!
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
“Sono nata il 21 a primavera, ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle, potesse generar tempesta … “ … quasi per caso nasce il mio pensiero di oggi per commentare il Vangelo di domenica, grazie a uno scambio di messaggi su Whatsapp con una cara persona a me molto amica. La citazione è relativa a una poesia di Alda Merini, donna, figlia della sua sofferenza, continuamente generata dal dolore del suo esilio e della sua reclusione in un manicomio, per lunga parte della sua vita. Da viva, allora, rifiutata, da morta, oggi, citata da tutti. Ma si sa, i profeti hanno questa brutta sorte. Ma loro continuano a cantare, a vedere una realtà “altra” rispetto a quella brutta, paralizzante e un po’ stupida alla quale ci si abitua più o meno consapevoli. E la follia, anche questo si sa … scatena tempesta, perchè quando muovi le zolle va tutto per aria. Ieri, oggi e sempre.
Così per Gesù. Ma possibile? Arriva Uno che ti parla di liberazione da prigioni, di vista ridonata, di tempi di grazia – inattesi e ricevuti – di OGGI che finalmente fioriscono come i fiori sotto i piedi di Proserpina e come reazione “tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù”. Ha quasi dell’incredibile.
Sarà così: bisogna essere folli a dire che possiamo ancora creare e trovare un senso nella nostra società comatosa che non ci invita a GENERARE, ma a DIFENDERCI DA UNA VITA SENZA SENSO, destinata a morire. E allora non pensiamoci, distraiamoci, spariamole grosse, chiamiamo speranza la disperazione e umanità l’egocentrismo esasperato e disperato, attacchiamoci alla spina che ci dà ogni tanto delle scosse di adrenalina pieni di cose accumulate e rancide … ma per favore, non smuoviamo le zolle!
Languendo in un tempo che passa senza mai essere attraversato dalle nostre consapevolezze.
Accanto al folle Gesù c’era il folle Paolo (seconda lettura), che nella sua “poesia” sulla carità (l’amore, non l’elemosina) scrive che “la carità si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Se al posto del nome comune di cosa – CARITÁ – noi mettessimo un NOME PROPRIO DI PERSONA (il nostro), sicuramente qui in Piemonte direbbero: “Cul lì u l’è prupi fol!” . Ossia: “quello è proprio un folle”. Come Alda, come Gesù, come Paolo, come chi decide di vedere oltre, di non arrendersi al piattume e al pattume, inaugurando, a piccoli colpi di zappa quotidiani, esodi di libertà e offerte di mondi nuovi.
Viva la follia!
Dal Vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tre interessanti riferimenti possono illuminare e sostenere il nostro cammino umano di questa settimana:
Ministri della Parola. Il Vangelo di questa domenica è piuttosto strano, si compone di due brani distanti 3 capitoli l’uno dall’altro. Nel primo, che dichiara gli intenti dell’opera dell’evangelista illustrando il metodo adoperato per scrivere (molto preciso e frutto di ricerca attenta e approfondita), Luca ci dice che i suoi principali referenti sono stati i “ministri della Parola”. In greco è più bello, c’è scritto “i rematori” nella Parola di Dio, ossia coloro che hanno navigato su questa Promessa, sono avanzati nelle onde della loro vita viaggiando affidati alla sua Memoria e hanno potuto diventare riferimenti credibili di un’esperienza vitale e non di un’arida lezione intellettuale. La Parola diventa così il mezzo che informa i “dialoghi che ci fanno” ogni momento, perchè noi, continuamente, “ce la contiamo”. Siamo sempre frutto del nostro dialogo interiore e dei dialoghi che intercorrono tra noi, gli altri e la realtà. Essere “rematori della Parola” significa scegliere consapevolmente il contenuto della Parola che ha la voce e il volto di Gesù e soccorrendo la nostra povertà di salvati – perchè capaci di ricevere – ci permette di vivere con una qualità eterna, ossia indistruttibile.
Gesù ritornò in Galilea. É bello vedere che la Sinagoga, il Tempio, il Battesimo, i momenti di preghiera, non sono momenti per stare fermi, ma per ripartire e portare il contenuto dell’incontro con Dio nella propria quotidianità. Anche noi siamo chiamati a tornare nelle nostre personalissime Galilee, fatte di umana fragilità, sconvolgimento, infedeltà, paganesimi, ricchezze, valori, luci e ombre che appartengono a tutte le imperfettissime e bellissime vite umane. D’altronde, altro non ci è dato, ma proprio qui Gesù è interessante e interessato a passare, perchè il Signore AMA la nostra umanità e altro non desidera che dirci continuamente la Parola che cura le nostre parole e fa morire ciò che ci condanna a morte.
Oggi si è compiuta la Parola che avete ascoltata. Non si vive che OGGI, quell’oggi che dice presenza, che parla di eternità, di allineamenti, di capacità di integrazione costante di tutte le forze dispersive del tempo e dello spazio. Si dice che Luca fosse un medico. Lo è, perchè consapevole di proporre una cura per la vita attraverso il Vangelo. La Parola di Gesù, accolta e vissuta dalle nostre libertà è la terapia più efficace che esista per ripristinare le energie dell’amore, della fiducia e dei legami fondamentali che ci permettono di vivere. Il Vangelo è LOGOTERAPIA. Facciamoci curare ogni domenica dall’ascolto che ai prigionieri proclama la liberazione, che ai ciechi ridona la vista e proclama un anno di grazia, anzi, ogni momento nel quale noi decidiamo di accoglierla!