XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IL GRANDE CONVERTITO

 In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.  Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».  Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».  Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Contrariamente a quanto siamo abituati a fare, penso che il Vangelo di domenica ci faccia un invito, ossia quello di non metterci nei panni di chi incontra Gesù (che ci rappresenterebbe), ma in quelli del Signore stesso, che è IL  maestro e IL senso della nostra umanità.

Propongo tre piste di riflessione e possibile applicazione del Vangelo per la nostra settimana che ormai ci sta portando verso la fine del periodo delle ferie per riattivare il tran tran delle nostre quotidianità più o meno vissute. 

  1. GESÚ SI TROVA IN TERRA STRANIERA.  Proprio qui incontra la donna che insistentemente chiede il miracolo per la figlia malata. Un episodio inatteso. Un intralcio sulla fluidità del cammino. Un imprevisto. Quante volte anche noi ci sentiamo in “terra straniera”! La vita ci sorprende e ci fa sentire incapaci di interpretare le sue suggestioni e i suoi inviti a cambiare programmi e pensare diversamente. É una lingua incomprensibile, non conosciuta. Eppure la vita ha questa forma: non la lineare programmazione che si realizza come un puzzle dove le tessere trovano il loro posto giusto, ma un bailamme di piccoli pezzi di carta confusi. Bene! Come dire: anche lì troveremo possibilità di Vangelo. Anche questo dis-orientamento appartiene alla  normalità delle cose, che sono tali proprio così. // Quanto so accettare e integrare l’a-normalità come dimensione normale dei giorni da abitare? 
  2. I DISCEPOLI CHIEDONO A GESÚ DI GUARIRE LA DONNA A CAUSA DELLA SUA INSISTENZA. Per loro la cananea non possiede nessuna dignità. Il suo dolore non è affar loro. Solo il fastidio è oggetto attenzione per il disagio e la rabbia che suscita. Gesù non risponde neanche ai suoi apostoli, parla solo con la donna, rimettendo al centro la sua dignità di persona con una storia, una provenienza, un posto nella storia. Sebbene il loro dialogo abbia una crescita e una evoluzione molto molto interessante. Mi viene in mente  come certe nostre azioni e decisioni magari hanno un volto buono, ma nascono da intenzioni molto superficiali e frettolose, totalmente prive di rispetto e riconoscimento dei nostri interlocutori. // Quanto tempo dedico a purificare le mie intenzioni e a cercare e trovare fonti di luce e forza a partire dall’umano che è comune? Quanto il Vangelo è per me motivo di ispirazione? 
  3. GESÚ CAMBIA IDEA. Questo è il meraviglioso colpo di scena del Vangelo di domenica. Manco il Figlio di Dio è sempre uguale a se stesso, ma LUI, proprio LUI ha il coraggio di convertire le sue idee grazie a una DONNA – PAGANA! Non so se riusciamo a cogliere tutto il peso di queste parole: DONNA, ossia nulla, ultima della scala sociale, incubatrice della sopravvivenza del clan, fabbrica di infinite produzioni; PAGANA, ossia … un cane, nel giudizio spregevole da parte di chi pensava di essere il detentore della religione pura e del “vero Dio da adorare” … tutto ciò che era fuori dal popolo eletto non contava. Ebbene, DAVANTI A LEI GESÚ SI CONVERTE e mette DAVANTI A TUTTO il dolore che urla, di chi sta perdendo la propria figlia. Gesù mette la DISPERAZIONE della donna pagana davanti alla RELIGIONE: non in ordine cronologico, ma VERITATIVO, ispirando le parole della Prima lettera di Giovanni,  che scriverà: “Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. 21Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello”. Insomma:  Gesù intravede nelle sue parole e nelle sue richieste un APPELLO DEL PADRE che gli affidava un compito. // Quante volte il Padre mi parla attraverso la realtà? So coglierne la voce e gli appelli? 

Insomma, una settimana di buoni esercizi di vita … 

ASSUNTA … A TEMPO INDETERMINATO

DAL VANGELO SECONDO LUCA

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

 

Pensavo a Maria, questa piccola grande donna, che ha fatto quello che ha fatto  nel suo sapersi fidare della Parola che l’avrebbe orientata e accompagnata per sempre, alla realizzazione delle promesse di Dio, totalmente inevidenti nel momento del pellegrinaggio della sua fiducia, che si è fatta modellare diventando forma di umanità unica, piena, divina e compiuta.

La Parola di Dio ha tre potenti immagini:

  1. Nel libro dell’Apocalisse si dice che era “vestita di sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle”. Il sole, la luna e le stelle sono FONTI DI LUCE. Maria ne è circondata completamente, le indossa.  Per questo è quello che è. Capisce che così … non ci sarà mai buio che tenga. Che la potenza e lo splendore di chi la circonda non verrà mai meno. Quali sono le luci che orientano i nostri cammini? 
  2. Nella seconda Lettura, Paolo dice che “come  in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita”. Quando le persone sentono questa frase storcono il naso, si rifiutano di accettare che il nostro “essere Adamo” non sia l’assoluto e la pienezza di ogni cosa. E allora si girano dall’altra parte. E anziché “integrarsi con la parte divina mancante” si staccando sempre più dalla sorgente del proprio essere. Ma purtroppo, volenti o nolenti, le cose stanno proprio così. Gesù dice: “senza di me non potete fare nulla”, perchè senza Dio da soli non possiamo veramente fare nulla, e tutto quello che facciamo è destinato alla consumazione, al limite e al buio. Noi siamo creati per essere indistruttibili nel Signore. Non è una frase bigotta o manichea, quella di Paolo. É la verità. É come dire: “se non bevi muori di sete! ” … ma perchè ci costa così tanto abbeverarci al dono di Dio e della sua presenza
  3. Il Vangelo è stupendo: ci sono delle situazioni che si capovolgono continuamente. Regni che crollano, potenti detronizzati, giovani donne che affrontano sentieri impervi … Altro che una piccola donna … Maria è una GRANDE. E noi, siamo capaci di capovolgimenti a partire dal nostro credere in Dio? Quali sono quelli più urgenti per la mia vita? 

A tempo indeterminato!

TEMPESTE E BUFERE

Dal Vangelo secondo Matteo

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

Lago di Galilea, il paesaggio che Gesù più amava, l’ambiente che a Pietro era più familiare. Mi piace questo pescatore che mi assomiglia, uomo d’acque e di roccia. Mi piace per questo suo umanissimo pendolo tra fede grande, bambina e un po’ folle, che lo spinge fuori dalla barca, e quella fede corta e contratta che lo fa affondare; per la capacità di sognare che fa germogliare miracoli, e l’improvvisa paura che lo fa affondare.

Uomo di fede piccola, perché hai dubitato? Pietro fa passi di miracolo sul lago, dentro la bufera, e nel pieno del prodigio la sua fede va in crisi: “Signore affondo!”. Il miracolo non produce fede. Non servono miracoli per andare verso Gesù. Vedendo che il vento era forte, s’impaurì: il vento non lo puoi vedere, ma Pietro adesso ha occhi non più per Gesù, ma solo per le onde, la bufera, il caos. “Non consultarti con le tue paure, ma con le tue speranze e i tuoi sogni” (Giovanni XXIII).

Pietro invece chiede consiglio alla paura e affonda. Nel pieno del miracolo dubita, mentre è preda del dubbio crede: “Signore, salvami!”. Dio salva, questa è la fede. Che se ne fa Pietro del catechismo mentre affonda? Radice inalienabile della fede è un grido che ci rimane in cuore: Signore ho bisogno, salvami. Niente lo cancella, neppure nell’uomo più perduto o distratto, neppure nel non credente. Viene il momento dell’affondamento, della paura, viene per tutti. Il primo gradino della fede è un grido. O anche il gemito di un dolore senza parole: ho bisogno! Abbiamo tutti provato un principio di discesa nelle acque della disperazione, un fallimento nei rapporti umani, una malattia grave, e forse proprio lì abbiamo trovato la forza di gridare a Lui, senza nessun merito, il coraggio di fidarci e di affidarci. E Lui ha allungato ancora un po’ quella mano che non ha mai cessato di tenderci. E ci siamo aggrappati, ce l’abbiamo fatta. Quante volte siamo stati tirati fuori! Perché i miracoli ci sono, sono perfino troppi, solo che non bastano mai alla fede piccola. Ed è per questo, perché non convertono nessuno che “Dio compie i miracoli a malincuore” (Giovanni della Croce).

Perché io sono prete e credente? Perché ho affrontato le mie tempeste e non sono scappato; ho guardato negli occhi le onde e il vento e la paura e ho gridato. E le mie ferite, le ferite che mi sono anche inferto da solo, Dio le ha attraversate con una carezza. E mi ha detto: ci sono qua io, non temere. Proprio là il Signore ci raggiunge, al centro della nostra fede piccola. Ci raggiunge e non punta il dito per accusarci ma stende la mano per afferrarci. E allora la bufera diventa carezza, il grido nella tempesta diventa abbraccio tra l’uomo e il suo Dio.  (ERMES RONCHI). 

Anche questa settimana affidiamo la nostra riflessione personale alle belle parole di Ermes Ronchi. Dopo avere letto il Vangelo e il suo commento mi chiedo: “Io, me ne accorgo che a volte la mia vita è solo piena di me e non c’è spazio per Gesù, e allora mi proclamo il paladino guerriero delle cause della vita, ma anziché andare IN FONDO alle cose vado solo A FONDO, sempre di più perché senza di Lui? E anche che più che parlare A Gesù passo tanto tempo a parlare DI Lui. Ma senza conoscerlo, ossia, senza farne esperienza, come posso farlo bene? 

FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

”Un fiore di luce nel nostro deserto”(Turoldo), così appare il volto di Cristo sul Tabor. Ed è il volto ultimo e alto dell’uomo. In principio, in ogni uomo è stato posto non un cuore d’ombra, ma un seme di luce, sepolto in noi come nostro volto segreto.
Gesù prende con sé Pietro e Giovanni e Giacomo, i primi chiamati, e li porta con sé, su un alto monte. Li conduce là dove la terra s’innalza nella luce, dove è la nascita delle acque che fecondano ogni vita.
Il suo volto brillò come il sole: il volto è come la grafia del cuore, la sua espressione. Il volto alto dell’uomo è comprensibile solo a partire da Gesù. Ogni uomo abita la terra come un’icona di Cristo incompiuta, che viene dipinta progressivamente lungo l’intera esistenza su un fondo d’oro già presente dall’inizio e che è la somiglianza con Dio. Ogni Adamo è una luce custodita in un guscio di fango.
Vivere altro non è che la fatica aspra e gioiosa di liberare tutta la luminosità e la bellezza sepolte in noi.
E le sue vesti divennero bianche come la luce: la gloria è così eccessiva che non si ferma al volto, neppure al corpo intero, ma tracima verso l’esterno e cattura la materia degli abiti e la trasfigura. Se la veste è luminosa sopra ogni possibilità umana, quale sarà la bellezza del corpo?
Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia: Mosè sceso dal Sinai con il volto imbevuto di luce e di vento, Elia rapito in un carro di fuoco e di luce.
Allora, Pietro, stordito e sedotto da ciò che vede, balbetta:
È bello per noi essere qui. Stare qui, davanti a questo volto, che è l’unico luogo dove possiamo vivere e sostare. Qui siamo di casa, altrove siamo sempre fuori posto. Altrove non è bello, e possiamo solo pellegrinare, non stare. Qui è la nostra identità, abitare anche noi una luce, una luce che è dentro la nostra creta e che è il nostro futuro.
Non c’è fede viva e vera che non discenda da uno stupore, da un innamoramento, da un: che bello! Gridato a pieno cuore, come Pietro sul Tabor.
Ma come tutte le cose belle la visione non fu che la freccia di un attimo: e una nube luminosa li coprì con la sua ombra.
Venne una voce: quel Dio che non ha volto, ha invece una voce. Gesù è la Voce diventata Volto. Il Padre prende la parola, ma per scomparire dietro la parola di suo Figlio: ascoltate Lui. Fede fatta d’ascolto: sali sul monte per vedere, e sei rimandato all’ascolto. Scendi dal monte, e ti rimane nella memoria l’eco dell’ultima parola: Ascoltatelo.
La visione del volto cede all’ascolto del volto. Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù. Così come anche il mistero dell’uomo. Quel volto parla, e nell’ascolto diventiamo come lui, anche noi imbevuti di cielo.
(Ermes Ronchi) 

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

E TI VENGO A CERCARE (CONTINUO SEMPRE) … 

 

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 13,44-46

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

 

Il regno dei cieli è simile a un tesoro. Tesoro: parola magica, parola da innamorati, da avventure, da favole, ma anche da Vangelo. Accade con Dio ciò che accade a chi trova un tesoro o una perla: un capovolgimento totale e gioioso che travolge l’esistenza, qualcosa che fa la differenza tra prima e dopo.Ebbene, anche nei nostri giorni disillusi e scontenti, in questa epoca di “passioni tristi” il vangelo osa proporre, come una manciata di luce, la storia di una passione felice, che crede nell’esito buono della storia, comunque buono. Perché nel mondo sono in gioco forze più grandi di noi, che lavorano per seppellire tesori, far emergere perle; sorgenti alle quali possiamo sempre attingere, che non vengono mai meno e che “sono per noi”.

Un uomo trova un tesoro e pieno di gioia va. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Entrare nel Vangelo «è come entrare in un fiume di gioia» (papa Francesco), respirare un’aria fresca e carica di pollini. Dio instaura con noi la pedagogia della gioia! Nel libro del Siracide è riportato un testo sorprendente: Figlio, per quanto ti è possibile, trattati bene… Non privarti di un solo giorno felice (Sir 14.11.14).

È l’invito affettuoso del Padre ai suoi figli, il volto di un Dio attraente, bello, solare, il cui obiettivo non è essere finalmente obbedito o venerato da questi figli sempre ribelli che noi siamo, ma che adopera tutta la sua pedagogia per crescere figli felici. Come fanno ogni padre e madre. Figlio non privarti di un giorno felice! Prima che chiedere preghiere, Dio offre tesori. E il vangelo ne possiede la mappa. Quell’uomo va e vende quello che ha. Il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Non perdono niente, lo investono. Fanno un affare. Così sono i cristiani: scelgono e, scegliendo bene, guadagnano. Non sono più buoni degli altri, ma più ricchi: hanno un tesoro di speranze, di coraggio, di libertà, di cuore, di Dio. «Cresce in me la convinzione di portare un tesoro d’oro fino che devo consegnare agli altri» (S. Weil).

Tesoro e perla sono i nomi che dà al suo amore chi è innamorato. Con la carica di affetto e di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che sprigiona. Due nomi di Dio sulla bocca di Gesù. Il Vangelo mi incalza: Dio per te è un tesoro o soltanto una fatica? È la perla della tua vita o solo un dovere? Mi sento contadino fortunato, mercante ricco perché conosco il piacere di credere, il piacere di amare Dio: una festa del cuore, della mente, dell’anima. Non è un vanto, ma una responsabilità! E dico grazie a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molti giorni della vita. (ERMES RONCHI) 

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IL CONTADINO SPROVVEDUTO 

Dal Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

É proprio Vangelo, ossia Bella Notizia per noi, il testo di Matteo che ascolteremo domenica. Che bello leggere di questo seminatore – che è IL seminatore per eccellenza, il Padre – così imperituro e dissennato che per tre volte lancia il buon seme in luoghi non deputati a dare frutti, se non estemporanei e improbabili, e UNA SOLA VOLTA ci azzecca facendolo finire nel terreno buono, dove produceva frutto: per ogni chicco, trenta, sessanta e cento volte tanto. 

Distrazione o volontà? 

Opto per la seconda, opto per questo Dio che è SEMINATORE e basta, ossia, desiderio di vita e di futuro fruttuoso per ogni minimo anfratto di disponibilità ad accogliere e apertura del cuore. Questo è terreno che è buono, non per virtù propria, ma perchè reso tale dall’incontro con il seme. 

E allora, dai, per favore, rimettiamoci a pensare Dio non da noi e dalle nostre logiche, ma da Lui e dal modo in cui lo racconta Gesù, ricordandoci che “nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale egli lo voglia rivelare”. 

A giudicare dalla parabola i destinatari mi paiono proprio tutti coloro che “hanno orecchi per intendere”, e allora tutti gli uomini, tutti i figli di Dio. Io, tu, tutti, siamo i destinatari dell’esplosione di questa vita nuova, che, come tale, non possiamo produrre da soli ma solo accogliere. 

E siamo terreni buoni, non perché moralmente provetti o virtuosamente distinti rispetto agli infedeli, ma perché ACCOGLIAMO la Parola e la COMPRENDIAMO. Questo è il nostro solo compito: la morale, ossia, la condotta di vita, nasce dalla fedeltà alla Passione a questo nucleo incandescente che non riusciremo più ad abbandonare e riconosceremo come la vera strada in grado di dissetare l’infinita e insaziabile sete del nostro cuore. Troppo sovente ci rassegniamo a bere acqua melmosa e fangosa, anziché “acqua che zampilla per la vita”, come un giorno disse Gesù all’affaticata donna di Samaria, la quale, dopo avere accolto e preso con (compreso) sè  la promessa di vita nuova annunciatale personalmente dal Messia, dimentica l’anfora al pozzo. Pensava che fosse quella la sua salvezza, invece scoprì che era un uomo che nel deserto della sua quotidianità la stava aspettando al pozzo. 

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

STRANI MODI DI ESPRIMERSI

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

Fa sorridere Gesù, che rivolgendosi agli stanchi e agli oppressi, per dare loro ristoro e LIBERARLI, chieda di PRENDERE IL SUO GIOGO su di loro. Come fai a liberare qualcuno aggiungendo qualcosa? In realtà Gesù non aggiunge niente, ma permette, attraverso la sua presenza di “lavorare” e “tirare il carro della propria vita” con un giogo in grado di non ferire e non arrecare danno al collo sul quale è concentrato tutto il peso e lo sforzo del lavoro. Non si tratta di diverse cose in più da fare, ma di fare cose in modo diverso, di appropriarsi della Parola liberante, consolante e luminosa del Vangelo per iniziare nuovi percorsi e nuovi sentieri di crescita, trasformazione, fraternità e vita. D’altronde sarebbe ingenuo pensare che Dio sia l’assicurazione e la cancellazione dei problemi. Il Signore non ci salva dai turbamenti, ma NEI turbamenti che in modo inequivocabile, prima o poi, segnano i ritmi dei nostri giorni.  Altra caratteristica del giogo, inoltre, è il suo uso: sempre in coppia. Come dire: non sei solo, cammina accanto a Colui che vuole essere la tua vita, la rivelazione ai piccoli del destino e del senso di ogni cosa. Inoltre la coscienza di non essere mai soli deve trasformarsi nella consapevolezza che nel mondo siamo tutti interdipendenti e interconnessi: ogni parola, ogni scelta, ogni pensiero hanno delle ripercussioni positive o negative sulla realtà. Scrive Paolo nell’inno ai Colossesi a proposito di Gesù: “in Lui tutto SUSSISTE”. E noi, da chi siamo aiutati a fare bene il nostro lavoro? Siamo coscienti della rilevanza delle nostre scelte? 

Insomma, ogni domenica di più comprendiamo che Gesù è un uomo libero che desidera che tutti quanti noi lo diveniamo sempre di più, non sottraendoci ai nostri doveri, ma irradiandoli di nuova luce, a partire da quella Parola che, oramai da qualche settimana, ci invita a risorgere, a integrare le parti “lontane” e tristi di noi, a scacciare il male con tutte le nostre forze per dare al Bene la possibilità di orientarci coraggiosamente, a cercare di stare in quella “Volontà di Dio” che è il desiderio di non perdere nulla di quanto il Padre ha consegnato nelle mani del Figlio orientando costantemente il nostro sguardo verso la Luce insieme ad altre persone che diventeranno fratelli e sorelle.