FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

”Un fiore di luce nel nostro deserto”(Turoldo), così appare il volto di Cristo sul Tabor. Ed è il volto ultimo e alto dell’uomo. In principio, in ogni uomo è stato posto non un cuore d’ombra, ma un seme di luce, sepolto in noi come nostro volto segreto.
Gesù prende con sé Pietro e Giovanni e Giacomo, i primi chiamati, e li porta con sé, su un alto monte. Li conduce là dove la terra s’innalza nella luce, dove è la nascita delle acque che fecondano ogni vita.
Il suo volto brillò come il sole: il volto è come la grafia del cuore, la sua espressione. Il volto alto dell’uomo è comprensibile solo a partire da Gesù. Ogni uomo abita la terra come un’icona di Cristo incompiuta, che viene dipinta progressivamente lungo l’intera esistenza su un fondo d’oro già presente dall’inizio e che è la somiglianza con Dio. Ogni Adamo è una luce custodita in un guscio di fango.
Vivere altro non è che la fatica aspra e gioiosa di liberare tutta la luminosità e la bellezza sepolte in noi.
E le sue vesti divennero bianche come la luce: la gloria è così eccessiva che non si ferma al volto, neppure al corpo intero, ma tracima verso l’esterno e cattura la materia degli abiti e la trasfigura. Se la veste è luminosa sopra ogni possibilità umana, quale sarà la bellezza del corpo?
Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia: Mosè sceso dal Sinai con il volto imbevuto di luce e di vento, Elia rapito in un carro di fuoco e di luce.
Allora, Pietro, stordito e sedotto da ciò che vede, balbetta:
È bello per noi essere qui. Stare qui, davanti a questo volto, che è l’unico luogo dove possiamo vivere e sostare. Qui siamo di casa, altrove siamo sempre fuori posto. Altrove non è bello, e possiamo solo pellegrinare, non stare. Qui è la nostra identità, abitare anche noi una luce, una luce che è dentro la nostra creta e che è il nostro futuro.
Non c’è fede viva e vera che non discenda da uno stupore, da un innamoramento, da un: che bello! Gridato a pieno cuore, come Pietro sul Tabor.
Ma come tutte le cose belle la visione non fu che la freccia di un attimo: e una nube luminosa li coprì con la sua ombra.
Venne una voce: quel Dio che non ha volto, ha invece una voce. Gesù è la Voce diventata Volto. Il Padre prende la parola, ma per scomparire dietro la parola di suo Figlio: ascoltate Lui. Fede fatta d’ascolto: sali sul monte per vedere, e sei rimandato all’ascolto. Scendi dal monte, e ti rimane nella memoria l’eco dell’ultima parola: Ascoltatelo.
La visione del volto cede all’ascolto del volto. Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù. Così come anche il mistero dell’uomo. Quel volto parla, e nell’ascolto diventiamo come lui, anche noi imbevuti di cielo.
(Ermes Ronchi) 

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

E TI VENGO A CERCARE (CONTINUO SEMPRE) … 

 

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 13,44-46

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

 

Il regno dei cieli è simile a un tesoro. Tesoro: parola magica, parola da innamorati, da avventure, da favole, ma anche da Vangelo. Accade con Dio ciò che accade a chi trova un tesoro o una perla: un capovolgimento totale e gioioso che travolge l’esistenza, qualcosa che fa la differenza tra prima e dopo.Ebbene, anche nei nostri giorni disillusi e scontenti, in questa epoca di “passioni tristi” il vangelo osa proporre, come una manciata di luce, la storia di una passione felice, che crede nell’esito buono della storia, comunque buono. Perché nel mondo sono in gioco forze più grandi di noi, che lavorano per seppellire tesori, far emergere perle; sorgenti alle quali possiamo sempre attingere, che non vengono mai meno e che “sono per noi”.

Un uomo trova un tesoro e pieno di gioia va. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Entrare nel Vangelo «è come entrare in un fiume di gioia» (papa Francesco), respirare un’aria fresca e carica di pollini. Dio instaura con noi la pedagogia della gioia! Nel libro del Siracide è riportato un testo sorprendente: Figlio, per quanto ti è possibile, trattati bene… Non privarti di un solo giorno felice (Sir 14.11.14).

È l’invito affettuoso del Padre ai suoi figli, il volto di un Dio attraente, bello, solare, il cui obiettivo non è essere finalmente obbedito o venerato da questi figli sempre ribelli che noi siamo, ma che adopera tutta la sua pedagogia per crescere figli felici. Come fanno ogni padre e madre. Figlio non privarti di un giorno felice! Prima che chiedere preghiere, Dio offre tesori. E il vangelo ne possiede la mappa. Quell’uomo va e vende quello che ha. Il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Non perdono niente, lo investono. Fanno un affare. Così sono i cristiani: scelgono e, scegliendo bene, guadagnano. Non sono più buoni degli altri, ma più ricchi: hanno un tesoro di speranze, di coraggio, di libertà, di cuore, di Dio. «Cresce in me la convinzione di portare un tesoro d’oro fino che devo consegnare agli altri» (S. Weil).

Tesoro e perla sono i nomi che dà al suo amore chi è innamorato. Con la carica di affetto e di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che sprigiona. Due nomi di Dio sulla bocca di Gesù. Il Vangelo mi incalza: Dio per te è un tesoro o soltanto una fatica? È la perla della tua vita o solo un dovere? Mi sento contadino fortunato, mercante ricco perché conosco il piacere di credere, il piacere di amare Dio: una festa del cuore, della mente, dell’anima. Non è un vanto, ma una responsabilità! E dico grazie a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molti giorni della vita. (ERMES RONCHI) 

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IL CONTADINO SPROVVEDUTO 

Dal Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

É proprio Vangelo, ossia Bella Notizia per noi, il testo di Matteo che ascolteremo domenica. Che bello leggere di questo seminatore – che è IL seminatore per eccellenza, il Padre – così imperituro e dissennato che per tre volte lancia il buon seme in luoghi non deputati a dare frutti, se non estemporanei e improbabili, e UNA SOLA VOLTA ci azzecca facendolo finire nel terreno buono, dove produceva frutto: per ogni chicco, trenta, sessanta e cento volte tanto. 

Distrazione o volontà? 

Opto per la seconda, opto per questo Dio che è SEMINATORE e basta, ossia, desiderio di vita e di futuro fruttuoso per ogni minimo anfratto di disponibilità ad accogliere e apertura del cuore. Questo è terreno che è buono, non per virtù propria, ma perchè reso tale dall’incontro con il seme. 

E allora, dai, per favore, rimettiamoci a pensare Dio non da noi e dalle nostre logiche, ma da Lui e dal modo in cui lo racconta Gesù, ricordandoci che “nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale egli lo voglia rivelare”. 

A giudicare dalla parabola i destinatari mi paiono proprio tutti coloro che “hanno orecchi per intendere”, e allora tutti gli uomini, tutti i figli di Dio. Io, tu, tutti, siamo i destinatari dell’esplosione di questa vita nuova, che, come tale, non possiamo produrre da soli ma solo accogliere. 

E siamo terreni buoni, non perché moralmente provetti o virtuosamente distinti rispetto agli infedeli, ma perché ACCOGLIAMO la Parola e la COMPRENDIAMO. Questo è il nostro solo compito: la morale, ossia, la condotta di vita, nasce dalla fedeltà alla Passione a questo nucleo incandescente che non riusciremo più ad abbandonare e riconosceremo come la vera strada in grado di dissetare l’infinita e insaziabile sete del nostro cuore. Troppo sovente ci rassegniamo a bere acqua melmosa e fangosa, anziché “acqua che zampilla per la vita”, come un giorno disse Gesù all’affaticata donna di Samaria, la quale, dopo avere accolto e preso con (compreso) sè  la promessa di vita nuova annunciatale personalmente dal Messia, dimentica l’anfora al pozzo. Pensava che fosse quella la sua salvezza, invece scoprì che era un uomo che nel deserto della sua quotidianità la stava aspettando al pozzo. 

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

STRANI MODI DI ESPRIMERSI

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

Fa sorridere Gesù, che rivolgendosi agli stanchi e agli oppressi, per dare loro ristoro e LIBERARLI, chieda di PRENDERE IL SUO GIOGO su di loro. Come fai a liberare qualcuno aggiungendo qualcosa? In realtà Gesù non aggiunge niente, ma permette, attraverso la sua presenza di “lavorare” e “tirare il carro della propria vita” con un giogo in grado di non ferire e non arrecare danno al collo sul quale è concentrato tutto il peso e lo sforzo del lavoro. Non si tratta di diverse cose in più da fare, ma di fare cose in modo diverso, di appropriarsi della Parola liberante, consolante e luminosa del Vangelo per iniziare nuovi percorsi e nuovi sentieri di crescita, trasformazione, fraternità e vita. D’altronde sarebbe ingenuo pensare che Dio sia l’assicurazione e la cancellazione dei problemi. Il Signore non ci salva dai turbamenti, ma NEI turbamenti che in modo inequivocabile, prima o poi, segnano i ritmi dei nostri giorni.  Altra caratteristica del giogo, inoltre, è il suo uso: sempre in coppia. Come dire: non sei solo, cammina accanto a Colui che vuole essere la tua vita, la rivelazione ai piccoli del destino e del senso di ogni cosa. Inoltre la coscienza di non essere mai soli deve trasformarsi nella consapevolezza che nel mondo siamo tutti interdipendenti e interconnessi: ogni parola, ogni scelta, ogni pensiero hanno delle ripercussioni positive o negative sulla realtà. Scrive Paolo nell’inno ai Colossesi a proposito di Gesù: “in Lui tutto SUSSISTE”. E noi, da chi siamo aiutati a fare bene il nostro lavoro? Siamo coscienti della rilevanza delle nostre scelte? 

Insomma, ogni domenica di più comprendiamo che Gesù è un uomo libero che desidera che tutti quanti noi lo diveniamo sempre di più, non sottraendoci ai nostri doveri, ma irradiandoli di nuova luce, a partire da quella Parola che, oramai da qualche settimana, ci invita a risorgere, a integrare le parti “lontane” e tristi di noi, a scacciare il male con tutte le nostre forze per dare al Bene la possibilità di orientarci coraggiosamente, a cercare di stare in quella “Volontà di Dio” che è il desiderio di non perdere nulla di quanto il Padre ha consegnato nelle mani del Figlio orientando costantemente il nostro sguardo verso la Luce insieme ad altre persone che diventeranno fratelli e sorelle.

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IL REGNO DEL BICCHIERE D’ACQUA FRESCA

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:

«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.

Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.

Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.

Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Questa settimana vorrei che ci soffermassimo su quattro detti del vangelo di Domenica prossima che certamente non mancheranno di farci riflettere sul senso della nostra appartenenza e del nostro cammino quotidiano dietro a Gesù. Perché di questo si tratta: “scendere” dalla Parola e “portarla” nella realtà e  nel cammino quotidiano. La Parola di Dio va capita bene, e una volta com-presa deve diventare la possibilità della nostra vita, della nostra forza e della nostra speranza. 

Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me: lì per lì resti basito. Come può il Signore chiedere una cosa del genere? Devo rinnegare i miei cari? No! Gesù non dice di non amarli, ma di AMARE DI PIÚ Lui che è la forza e la luce di ogni nostro amore, che, in quanto tale richiede sempre il dono della totalità. Potremmo dire che non ci troviamo davanti a una sottrazione, ma a un’addizione, non a una privazione, ma a un potenziamento della nostra capacità di amare le persone che sono state affidate alle nostre mani.  

Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Il Vangelo non ama la croce, la rifugge e cerca di toglierla agli altri. Gesù non muore in croce per amore della Croce, ma per fedeltà totale al suo desiderio di dire il volto di Dio in modo totalmente nuovo e diverso rispetto a quello che veniva usato per parlare del Padre suo nei locali del Tempio. Essere fedeli a Gesù significa essere fedeli a se stessi, perché Lui è il senso del nostro cammino, ed è la scelta fatta da noi per potere camminare. 

Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Tenere la vita per se stessi è l’operazione meno saggia che possiamo fare nella nostra vita. Ciò che viene trattenuto non prende vita. Un po’ come i talenti che non vengono trafficati: muoiono. Per questo il servo della parabola è stato punito: perché non aveva trafficato con le proprie capacità e i propri tesori assegnati. Non importa quanti. Importa con quanta intensità e quanto impegno. 

Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa. 

Sì, a partire dal gesto minimo di carità. Dal gesto più semplice che esista al mondo, come donare un bicchiere di acqua fresca al più piccolo dei fratelli. É un sorso. É fresca. É poco, ma è tutto se fatto con tutto il cuore, e il Padre che vede nel segreto non lascia senza ricompensa ogni minima cosa che viene fatta per costruire una logica più umana, fraterna e buona in grado di dare un nuovo volto al mondo. Questo significa fare dei cammini e essere cristiani: diventare uomini e donne più attenti.

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

ALLA RICERCA DELLE BUONE GUIDE E DEI VERI PASTORI 

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

Arriviamo dalla settimana del Corpus Domini: un momento speciale nel quale abbiamo pensato alla visibilità di Dio nel corpo del Figlio, nelle sue parole e nelle sue azioni. Ci siamo detti che la vita donata di Gesù interpellava anche le nostre richiedendoci di non avere paura di “esporci”, di sentirci in grado di “trasformare” la materia e il materiale che ci è stato affidato a partire dalla potenza dello Spirito che circola dentro di noi – come il pane e il vino che diventano il corpo e il sangue di Gesù tra di noi – , e infine di portare nel mondo quanto appreso con tutta la generosità possibile, come piccoli ospiti ospitanti l’immensità della potenza di Dio. I discepoli si oppongono al male con tutte le loro forze e fanno il bene, come Gesù.

Oggi il Vangelo si apre con lo sguardo del Buon Pastore sulle pecore senza guida. Uno sguardo che invita a non ritirarci, per testimoniare la forza di Dio in noi, e, avere una visione profetica: di chi percepisce e vede che ovunque, in chiunque c’è MESSE ABBONDANTE, ossia buon frutto,  semplicemente da liberare e orientare. Sì, da una parte gregge senza guida, e dall’altra campo di grano! 

Gesù poi chiama i suoi per nome. Dodici uomini che formano una squadra un po’ particolare: estrazione culturale, etnia, pensieri, famiglie, tutto sembra diverso, ma c’è spazio veramente per tutti. Gesù è aperto a tutti, perchè dà fiducia e spazio a ognuno di noi, al punto da includere, tra i suoi, “colui che lo tradì”. E allora, spazio anche per me e per le mie prerogative e le mie caratteristiche unificate dall’ascolto della Parola. 

E infine, un mandato, addirittura degli “ordini” da rispettare: strada facendo predicare la vicinanza del Regno di Dio: come dire, si può annunciare quello che si crede solo se si è in cammino. Non è per gente “seduta” il Vangelo, ma per chi si muove e si mette in discussione. San Francesco diceva ai suoi fraticelli: “predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole!”; guarire gli infermi: quante situazioni in stallo, fossilizzate, in noi e attorno a noi: cosa facciamo per cambiare la realtà?; risuscitare i morti: a volte una telefonata, una piccola attenzione, un sorriso, un messaggio … rimettono in piedi persone che si sentono morte dentro; purificare i lebbrosi: ridare ospitalità e spazio a chi si sente escluso e solo come erano i lebbrosi ai tempi di Gesù; scacciare i demoni: le cattive aspirazioni condizionano i nostri pensieri, rovinano le nostre parole e il nostro modo di comunicare, abbruttiscono le nostra azioni.  A partire dalla coscienza di un grande senso di gratitudine per la gratuità dell’amore di Dio per ognuno di noi. Buon cammino settimanale!