LA POVERTÁ CHE ARRICCHISCE
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
É molto ampio lo spazio della pianura per dire bene l’uomo da parte di Gesù. E vuole raggiungere tutti: non solo i discepoli, ma gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, perchè il Vangelo è per tutti quelli che lo vogliono ascoltare e accogliere senza distinzioni o caratteristiche previe. Sulle beatitudini se ne sono dette tante, troppe, poche volte però mi hanno convinto sul fatto che Gesù dica ai poveri, agli affamati, ai perseguitati che per questo sono beate e dunque felici. Non capita mai, infatti, che Gesù consideri i poveri lasciandoli nella loro situazione, ma piuttosto come persone che vanno riscattate dalla loro condizione di infelicità. Come non capita mai che davanti a qualche sventura personale il Vangelo offra una pacca sulle spalle dello sventurato dicendogli “ma beato te!” … No! Gesù faceva di tutto per cambiare e trasformare quelle situazioni. Oggi il Signore Gesù opera nella comunità, anzitutto, attraverso coloro che dicono di credere in Lui, e credere in Gesù vuol dire anzitutto imparare a dire bene e a condividere bene il senso della vita. A noi viene consegnata la profezia della beatitudine, dove il POVERO non è il misero, ma colui che da ricco si fa povero per arricchire il fratello che si trova nella condizione della povertà. Il messaggio delle beatitudini si trasforma così, come dice giustamente Alberto Maggi, non nella condizione inane di chi di fronte alla storia non fa nulla considerando la relazione con Dio un sonnifero, o una sorta di oppiaceo che ci solleva dalla nostra attenzione e dalla nostra responsabilità, ma nel desiderio di chi permette alla Parola di liberazione e affrancamento di Gesù di diventare ADRENALINA del cuore e della mente che prende posizione chiara nei confronti delle ingiustizie, del pianto e dell’odio rivolto ai fratelli. Nella preghiera di colletta di domenica c’è scritto proprio questo: “aiutaci, Signore a VIVERE lo spirito delle Beatitudini”, non a leggerle o a sbandierarle come il manifesto di una religione egoica e autoreferenziale che si consuma nella ripetizione di riti e parole che non hanno nulla da dare e da dire al mondo. Noi questa settimana che cosa sapremo donare a chi ci interpella? Quando ci sapremo impoverire di qualcosa per arricchire qualcuno? Cosa possiamo fare contro le ingiustizie della terra? A chi vogliamo rivolgere la nostra azione? Cosa possiamo donare per fare questa differenza evangelica?