Processioni nella storia
Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Domenica prossima, giorno del Corpus Domini, celebriamo la festa della concretezza di Dio, che usa il corpo del Figlio per cancellare definitivamente quella lontananza inavvicinabile, agli occhi dei più, di un Dio che anziché regnare dall’alto di un cielo lontano, si immerge in profondità nella carne e si manifesta a partire dall’opera del soffio del suo Spirito, che ha dato vita a noi, AdamiedEve creati “a sua immagine”. Non si dà Dio senza tocco, senza visione, senza profumo di differenze e gusto per la giustizia.
Figli di Dio. Di un Creatore. Emanazione vivente del Suo Spirito.
Ci sono tre riferimenti che ci permettono di apprezzare in modo ancora più profondo il dono di Dio come cibo per il nostro cammino fatto di pane spezzato e vino condiviso.
- Seguire l’uomo con la brocca d’acqua. Scrive un caro amico, prete che ricerca in modo appassionato il senso di ogni fibra della Buona Notizia e cerca di viverla: “Signore vorrei imparare a seguire solo portatori di brocche d’acqua, il tempo finalmente si è fatto breve, sono sfinito dalle parole che non dissetano, dalle istituzioni che non battezzano nella Verità, dei discorsi che non portano da nessuna parte. Non voglio più aver tempo per nulla che non sia un itinerario da seguire per franare finalmente in te. Non so quanto tempo mi sia rimasto (ma forse non è questione di quantità) vorrei solo poter passare al setaccio ogni esperienza e trattenere ciò che mi porta in te”. All’inizio del desiderio di fare comunione con ognuno di noi, da parte di Gesù, c’è il desiderio di alluvionare i nostri deserti e finalmente fare fiorire la sabbia del vuoto e della vanità.
- Questo è il mio corpo! Il dono testamentario di Gesù a OGNUNO dei suoi Figli che desiderano, e lo accolgono come Padre e Sorgente di vita è il dono del corpo del Figlio … Ora, non ha senso che un padre doni un figlio, perchè noi possiamo essere doni solo di noi stessi; tuttavia il gesto dell’offerta di sè avviene in Gesù in una dinamica e una modalità che sempre caratterizza e definisce la sua vita: Lui e il Padre sono una cosa sola, e allora, il Padre che dona il Figlio, diventa in realtà, donando se stesso, il Figlio che dona il Padre e per farlo non usa delle tecniche retoriche, ma lievito, grano, vita e realtà. “Questo è il mio corpo!”. E io che mi nutro di questo corpo, cosa ne faccio del mio? Proprio stamattina ricevo un messaggio che mi fa tanto pensare positivamente: “La festa del Corpo di Dio mi fa tremare le gambe a pensare che chi vede me dovrebbe vedere una persona che mette in pratica almeno una parte degli insegnanti del Signore. Mi dovrei avvicinare ai bisognosi, agli affamati e agli assetati, ai bisognosi, agli stranieri”. Per me, discepolo di Gesù, cosa significa QUESTO É IL MIO CORPO davanti alla realtà? Il mio corpo di Luigi, di Anselme, di Fulvio, di Pina, di Giovanna, di Rigoberta? I nostri corpi sono il nuovo mondo. I nostri corpi che possono scegliere …
- Versato per molti. Ah, non per tutti? Certo, per tutti! Ma il tutto e i tutti diventano concretezza e realtà nel qualcuno che “se ne fa qualcosa”. Per cui Gesù lo sapeva, non tutti avrebbero accolto il Suo messaggio di vita, evoluzione e trasformazione. Altrimenti, il TG dovrebbe essere diverso. Come ci chiedevamo domenica scorsa: che cosa ce ne facciamo delle nostre preghiere, dei vangeli che ascoltiamo, delle Pasque che celebriamo? Che rivoluzioni copernicane innestano nei nostri pensieri e nei nostri cammini? Possibile che basti un NULLA per toglierci la voglia di sperare, di amare e di credere in possibilità inedite e apparentemente impossibili?
Fa, o Signore, che il tuo corpo sia per noi la festosa progettazione di possibilità infinite di rinnovamento, della Tua presenza in noi, del nostro essere sempre più noi stessi e del diventare spazio di amore e alternativa nel mezzo di questa malattia del nulla che sta ammorbando la nostra terra.