TERZA DOMENICA DI PASQUA

Vi lascio la MIA pace!

 

 In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Oggi in tutte e  tre le letture della Messa si parla della conversione e del perdono dal peccato. 

Ma cosa significa, per noi,  questo peccato, che oggi non sembra sfiorare minimamente la nostra sensibilità? 

Cosa significa “ricevere il perdono”, quando non ci sembra di essere responsabili di nessuno e, tutt’al più si vivono le nostre azioni come “una questione privata” (ci penso io, me le gestisco io) ? 

La risposta la può capire solo una persona per la quale il Risorto e il Padre di Gesù sono importanti. 

Il peccato è sempre la ferita di una relazione, che non nasce semplicemente dalle cose brutte che faccio (quelle sono sempre delle conseguenze), bensì dalla decisione di non fidarsi più di Dio e della sua Promessa contenuta dalla Parola e dal Suo Vangelo. Il peccato è una “relazione ferita”: Dio è tagliato via da noi, è stata costruita una diga, un diaframma, una barriera all’acqua che vorrebbe dissetare le nostre seti e irrigare i campi aridi del nostro cuore: “Io bevo altrove”, “preferisco dissetarmi in me”, “sono in me le sorgenti della vita” (capirai che sorgenti ci sono!) … come dire, in altro modo, la decisione di credere all’ispirazione del serpente che continuamente suggerisce a noi Adami ed Eve:  “qualora mangiaste quello che Dio vi ha proibito si aprirebbero i vostri occhi e diventereste padroni del bene e del male” (Libro della Genesi…Storiella da preti del “peccato originale”, vero?).  

Il problema, caro serpente,  è che noi non siamo padroni proprio di niente, al limite  siamo “amministratori” di cose a “tempo limitato”, e certi affanni unilaterali che ci tolgono il respiro e il sonno in un secondo spariranno dalla nostra vita. E cosa rimane? Cosa mi avrà fatto vivere e continuerà a farmi vivere? Già, peccato originale significa origine di ogni peccato, che consiste nello staccarmi dalla Parola che vuole essere la mia vita, dal Signore che vince ogni morte, dalla terra che vuole custodire nel legame con il Padre il legame buono con tutti i suoi figli, che diventano così, per mia scelta, i miei fratelli e il mio prossimo. 

Non peccare non vuol dire non sbagliare, ma ritornare continuamente alla sorgente della vita e della luce, per questo, quando i discepoli tornano ad accogliere la pace piena di amore e non giudicante del Risorto fanno una cosa molto semplice: TORNANO A VIVERE! 

Per questo una delle cose che il Risorto fa quando torna a trovare i discepoli chiusi in loro stessi e soffocati dal laccio della loro paura è questa: lascia la pace e il mandato di portare la Sua Pace a ogni uomo e a ogni donna. 

Questo è il nostro compito di discepoli, che si chiamano così perchè hanno deciso di trovare in quel Maestro, in Gesù, le ragioni buone del proprio cammino. 

Farne esperienza è … TORNARE A VIVERE! 

Non farlo … UN VERO PECCATO!