Dal Vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
L’evangelista Luca pone l’inizio del ministero di Gesù dentro la sinagoga di Nàzaret, dove Gesù «era cresciuto» (Lc 4,16) e dove aveva imparato ad ascoltare le Scritture. Un «sabato» (4,16) come tanti altri, dopo aver ricevuto «il rotolo del profeta Isaia», il figlio del falegname prende la parola e trova il coraggio di dire ai suoi concittadini, «mentre gli occhi di tutti erano fissi su di lui» (4,20), che non è più necessario aspettare un tempo futuro per varcare le porte del Regno di Dio: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21). L’audace dichiarazione di Gesù contiene anche un’assoluta novità, perché sancisce l’arrivo della fine dei tempi, l’inizio di un «oggi» nel quale si apre per tutti la possibilità di una pienezza di vita. Questa «grazia», tuttavia, può risuonare come buona notizia soltanto per chi non ha né timore né vergogna di riconoscersi povero e bisognoso davanti a un’offerta gratuita di salvezza:«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18).
Indicando se stesso come il «luogo» in cui le promesse di Dio giungono a compimento, il Signore Gesù costringe i suoi ascoltatori non solo ad ammettere uno stato di bisogno, ma anche a riconoscere la necessità di considerarsi come «un corpo solo», in cui le differenze tra le «molte membra» (1Cor 12,12) risultano secondarie rispetto al vincolo di unità: «Infatti, noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» (1Cor 12,13).
Se vogliamo avere questo sguardo profondo sul mistero della nostra umanità, capace di riconoscere in ciò che è debole la forza di una relazione con Dio sempre possibile, non c’è altra strada se non quella di approfondire personalmente la trasmissione di fede compiuta dagli apostoli, come ha fatto l’evangelista Luca: «Ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto» (Lc 4,3-4).
Per essere cristiani seri e sereni, dobbiamo affrontare con pazienza la fatica dell’ascolto della Parola contenuta nelle Scritture, compiendo quel lavoro spirituale che spalanca pozzi di acqua viva nei terreni della nostra anima. Per iniziare questo percorso di ascolto e di salvezza non servono troppi requisiti. È sufficiente l’umiltà di riconoscere che poveri e bisognosi lo siamo da un pezzo, e che un tempo migliore di quello presente, semplicemente, non esiste. (R. Pasolini)