XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B 2024

ELENCHI … 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». 

Labbra e cuore 

La religione delle labbra e delle parole è scaduta e assai scadente se non genera atteggiamenti di vita in grado di innaffiare le secche deserte della nostra esistenza,  che non viene onorata da un suono ripetuto, ma da una Parola vissuta. Ora, non bisogna certamente demonizzare la cura dell’onore per Dio che parte dalle labbra, ma sappiamo bene  che a parlare in noi non sono le nostre parole, ma la vita che diventa in se stessa (e non perchè precedentemente impostata) un messaggio pieno di buone domande. Di origini e sorgenti del cuore che cambiamo le mani e i piedi. Di quella sorgente che sblocca il cuore perchè lo fa risorgere e orienta verso nuovi orizzonti operativi. Di quel cuore trasformato che si sensibilizza su onde di condivisione in grado di rendere gli altri dei prossimi e dei fratelli che vivono e hanno desiderio di vita esattamente come ciascuno di noi. Questa settimana Agostino ci ricordava che il solo modo per ridare riposo e vitalità ai nostri battiti cardiaci è la sua immersione in Dio come principio di ogni cosa: “inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te (il nostro cuore è agitato fino a quando non riposa in Te)” 

Dire quello che si pensa: il falso mito dell’autenticità 

Una delle frasi più diffuse, da pensare con più profondità, pronunciata quando si vuole giustificare il proprio punto di vista e la propria posizione, è “dico quello che penso”. Davanti a questo diktat oltre il quale non c’è più alcuno spazio per il confronto perchè qualcuno ha detto quello che pensa, mi pare che Gesù ci domandi di andare più in profondità: quando quello che dico è pensato? Quanto quello che dico, almeno, per me che dico di essere un discepolo di Gesù, è espressione più della mia ragione e delle mie ragioni che non di una verità illuminativa più profonda che è quella che ci ha rivelato il Signore? Il rischio è sempre quello del cuore lontano. Il rischio è quello di andare sempre dove ci porta il cuore (nostro, mio) a discapito di un atteggiamento più corretto che dovrebbe essere il tentativo di portare il nostro cuore laddove andiamo. Altrimenti sappiamo dove ci porta il cuore: a fare quelle cose che servono solo il proprio tornaconto a discapito del resto dell’umanità. E l’elenco di Gesù potrebbe essere molto eloquente. 

Il contro-elenco 

Siamo estremamente attenti alle diete. I social propongono meravigliose ricette che si preparano in pochi secondi e in grado di convincere, anche solo guardando un video a servizio della tua salute e della selezione di cibi che possono avere solo conseguenze benefiche, oltre che molto saporite, sulla vita. Perchè non siamo così attenti anche ai cibi spirituali che avvelenano il mondo cercando di prendere posizioni più chiare e amplificare i nostri punti di vista? Cosa capita quando impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza occupano gli spazi del cuore umano? Prendiamo una penna, scriviamo, pensiamo. E se questi atteggiamenti distruggono l’uomo e il suo mondo, perchè non proviamo a estrarne l’effetto benefico pensandoli al contrario? Cosa significa vivere con un cuore luminoso e non doppio, senza cercare di frodare e rubare il prossimo, con estrema cura di non pronunciare parole o vivere gesti “mortificanti”, fedeli a quello che crediamo, generosamente disponibili, volendo che il bene prevalga su ogni cosa, senza doppi fini, cercando spazi di integrità, con uno sguardo riconoscente capace di apprezzare la ricchezza dei fratelli, sinceramente, con umiltà accogliente, col desiderio di capire prima di giudicare? Già, cosa significa? Semplice: un mondo nuovo. Che inizia in piccole regioni. Da me, da te. 

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

PAROLE DA MANGIARE 

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». (Gv.) 

E già, la Parola di Dio è dura. 

Ma anche la vita. 

E la Parola di Dio si innesta nella vita in modo duro, non per rincarare la dose, ma per demolire la scorza che impedisce di vivere in pienezza la nostra umanità. 

Chi può ascoltarla?

Chi vuole! Chi vuole cercare in essa altre cose da quelle che si sentono tutti i giorni; chi non si arrende all’evidenza dell’insensatezza; chi non ci sta a chiudere la vita nel sacchetto dei calcoli della convenienza e del tornaconto; chi pensa di non essere una monade o un’isola, ma una persona che esiste, che “è per” qualcuno e per qualcosa; chi dà alla vita di ogni giorno (e dunque anche a quella eterna che è una retta nella quale viene inserito il segmento dei nostri giorni) lo statuto di ricezione che non dipende da quello che posso inventare e creare io, e posso solo ricevere; chi cerca una consapevolezza che è un sapere che sta accanto al mio, molto limitato; chi vuole essere presente al senso delle cose … quanti la possono ascoltare. Ma fino a quando non viene percepita così non può essere gustata nella sua densità. 

Le Parole che vi ho detto sono spirito e vita. 

Ogni parola che ascoltiamo nasce da uno spirito e contiene uno spirito. 

Non sempre di vita, sovente di morte: le parole del cinismo, le parole dei TG, le parole programmate per controllarci e toglierci le forze, le parole che dividono, le parole di chi vuole tutto e annulla gli altri, le parole non scelte ma subite, quante parole … letteralmente ti ammazzano. 

La Parola del Vangelo è Spirito e vita: tu pensi che le parole della morte ti portino la vita perchè fanno il tuo gioco e ti danno immediata soddisfazione, invece quelle del Vangelo vanno scartate perchè a volte, per amore, ti chiedono di rinunciare a cose inutili, pesi, egoismi ammorbanti e te stesso, e allora non le cerchi. Ma poi, la morte apparente diventa vita, la promessa si trasforma in fioritura e cambiamento e capisci che veramente lo Spirito della Parola di Dio è solo al tuo servizio. Di figlio di Dio e di fratello. 

Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre

Ma perchè, il Padre fa delle selezioni? No, perchè la Parola è offerta a tutti, ma CONCESSA solo a chi riconosce in essa lo statuto di una paternità generativa che è in grado di creare e ricreare continuamente la vita,  a chi la accoglie permettendogli di diventare un con-creatore di Dio. Donata a tutti, concessa a chi la accoglie. 

Volete andarvene anche voi?
E ti fai la domanda. 

Ma poi te ne fai un’altra, ancora più vera: “ma perchè, ti stavo veramente seguendo?”. 

E allora il dubbio apre uno spiraglio: posso dare la risposta solo quando ho cominciato a vivere l’eterno quotidiano invito di Gesù sulle rive del lago della mia vita: “vieni e vedi”. E se mi incammino magari mi accorgo, che tra tutte le offerte di realizzazione umana, quella di Gesù è la più bella! 

E allora … magari resto. Resto con Te! 

 

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

PANE D’AMORE 

 

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». (Giovanni, 6, 51-58) 

 

Noi crediamo di avvicinarci a Dio riempiendo la vita di riti, preghiere e pensieri alti, e invece ti avvicini a Dio diventando più umano. 

La carne di Gesù che ci dà da mangiare è proprio questo: la sua umanità diventata come la nostra, la sua e la nostra debolezza che nel Padre diventano possibilità di altro, di vita nuova, eterna. E Il Signore è felice che noi riconosciamo il Suo volto nei nostri fratelli, che serviamo con il cuore pieno di umanità. Però per avere la forza nel cammino dobbiamo imparare a essere selettivi e precisi quando desideriamo nutrirci. Come Ezechiele che prima di diventare profeta, ossia svolgere il suo ministero di discepolo, viene invitato a nutrirsi della Parola, a mangiarla letteralmente, triturarla, metabolizzarla, farla diventare parte di se’, e solo allora, dopo averlo sentito per tre volte, partire per annunciare. 

Noi pensiamo di essere noi per Dio, e invece Gesù rovescia: Dio esiste per amare, servire e nutrire 

Ogni volta che celebriamo l’Eucarestia. Ogni volta che preghiamo. Non pensiamo mai a quello che facciamo per Dio, ma permettiamo a Dio di fare qualcosa per noi. Non è facile. La paura ci limita, ci impedisce di dichiarare la nostra disponibilità a essere plasmati e amati, perchè temiamo di perdere qualcosa … e invece, ci promette Gesù, solo in questo modo possiamo trovare tutto. Però la nostra vita dipende dalle scelte e parte quando scegliamo una direzione che apre strade nuove. Leggevo una bella riflessione di Sylvia Plath, a questo proposito: davanti a una pianta di fichi non sa quale scegliere,  ogni frutto rappresenta una possibilità di vivere la vita; alla fine pensa che ripensa, non sceglie, e scrive: “mentre me ne stavo lì, incapace di decidere, i fichi incominciarono ad avvizzire e annerire, finché uno dopo l’altro si spiaccicarono a terra ai miei piedi.”

Lo scopo della Comunione è che possiamo diventare ciò che riceviamo, anche noi corpo di Cristo. 

Usciamo dalla Chiesa, siamo creature rinnovate. Come Maria, che abbiamo celebrato questa settimana: vestita di sole ha portato sole a tutti. Ha portato Dio che riempiva totalmente il suo cuore nel mezzo delle cose che non capiva … “meditava” … ma al di sopra di ogni cosa ha continuato a fidarsi, a imparare e diventare figlia del suo Figlio. Beata perchè ha creduto nell’adempimento della Parola di Dio. Ho letto un bel post di un amico, su Facebook, che racconta un’esperienza di Vecchioni e scrive: “ Mi sono ricordato di una cosa che lessi una volta e che solo in quel mo

mento capii esserne vera: Colui che non vive per servire… non serve per vivere.

La vita è come una scala, se tu guardi in alto, sarai sempre l’ultimo della fila, ma se tu guardi in basso, vedrai che ci sono molte persone che desidererebbero essere al tuo posto”. Buon cammino!

FESTA DELL’ASSUNZIONE DI MARIA IN CIELO

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Che bella questa immagine che traduce la verità del destino di Maria, celebrata nella festa di oggi.

Destino che accomunerà ognuno di noi e nel quale siamo pensati dal Padre.

L’accesso totale nella Vita, anche per Maria, avviene nel momento in cui la sua maternità si trasforma in FIGLIOLANZA TOTALE del Figlio.

Mistero che chiama anche noi: a CONCEPIRE, nell’ascolto, PARTORIRE nella vita e AFFIDARCI TOTALMENTE a Dio diventando suoi figli. Il circolo dell’eterno in questo modo si compie, e la mamma che aveva portato in braccio il bambino Gesù adesso diventa la bambina presa in braccio dal Figlio, del quale è diventata figlia.

Il punto rivoluzionario è quello che dichiara Elisabetta quando incontra la Cugina: “beata è Colei che ha creduto all’adempimento della Parola”. Maria è discepola. Maria è la prima (forse unica) vera cristiana, perchè totalmente appartenete a Cristo. La “povera” diventa la ricca in Assoluto, perchè il Re si invaghisce solo della bellezza di chi è UMILE, ossia, di chi ha ancora spazio per “ALTRO” oltre a se stessa/o.

Buon viaggio carissimi, indossiamo il Sole, come Maria, “donna  vestita di Sole” e continuiamo il nostro cammino sulle montagne della nostra Giudea per incontrare i nostri fratelli e sorelle e scalare a tal punto che l’Altezza di Dio possa scendere nel più profondo e basso di noi stessi.

É un lavoro l’ASSUNZIONE.

Si tratta di assumere in noi la Parola.

E questo … a tempo indeterminato!

Non saremo mai licenziati.

DICIOTTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

Vangelo

Gv 6,24-35

24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: “Rabbì, quando sei venuto qua?”. 26Gesù rispose loro: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. 28Gli dissero allora: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”. 29Gesù rispose loro: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”. 30Allora gli dissero: “Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo “. 32Rispose loro Gesù: “In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. 34Allora gli dissero: “Signore, dacci sempre questo pane”. 35Gesù rispose loro: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

L’apostolo Paolo non ha peli sulla lingua:

«vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri» (Ef 4,17).

Il Signore Gesù non si lascia abbindolare dalla venerazione della folla che si lancia alla sua ricerca fino a inseguirlo dall’altra parte del lago: «voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» e aggiunge con ulteriore chiarezza «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane» (Gv 6,26-27). Se queste sono le esortazioni cui siamo chiamati a conformare la nostra vita di credenti e di cercatori di senso, rimane il fatto che spesso noi stessi ci troviamo nella condizione del popolo che attraversa faticosamente il deserto:

«Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà!» (Es 16,3).

Improvvisamente il ricordo dell’Egitto sembra colorarsi di rosa: si dimentica l’amara schiavitù e si rammentano, invece, le sicurezze della schiavitù!
Dopo aver moltiplicato il pane attraverso la condivisione radicale di quello che c’era a disposizione, il Signore Gesù prende le distanze dalla possibilità di un fraintendimento da parte della folla. Egli non è venuto a placare la nostra fame, ma a renderci consapevoli di quella fame più profonda che portiamo nel cuore e che non si può saziare se non nella misura in cui si accoglie come grazia il bisogno di essere continuamente risaziati. Il Signore mostra alla folla che è possibile moltiplicare il pane, ma questo diventa il segno di come sia possibile saziarsi di senso, che è il «pane dei forti» (Sal 77,25). Il cammino è quello di passare dallo stato di «pagani» oppressi e al contempo crogiolati nei «loro vani pensieri» (Ef 4,17) allo stato di credenti continuamente volti «alla ricerca di Gesù» (Gv 6,24), non per quello che ci può dare o per i problemi che può generosamente risolvere, bensì per il cammino che ci può aiutare a compiere per portarci oltre la soglia dei bisogni, per farci accedere alla porta dei desideri.
Alla fine la folla riesce a porre la domanda che ha tutto il sapore di un’invocazione: «Signore, dacci sempre questo pane» (Gv 6,34), ma il Signore conduce oltre:

«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (Gv 6,35).

Con queste parole che hanno tutta la solennità di una vera rivelazione, il Signore ci mostra la porta stretta che ci fa passare dal paganesimo alla vita di fede: non si tratta più di credere in un Dio che risolve i nostri problemi, ma entrare in una relazione che permette di sentire in modo diverso la sfida della vita, coinvolgendoci in prima persona. Quando nella Preghiera del Signore chiediamo: «dacci oggi il nostro pane quotidiano», in realtà ci impegniamo a condividere ogni giorno quello che abbiamo e quello che siamo.
La novità assoluta sta nel fatto che il Signore Gesù prima sfama la folla e, solo dopo, quando la folla – ormai saziata – continua a cercarlo, comincia ad ammaestrarla cercando di portarla, attraverso l’intelligenza del segno, ben oltre il segno. In questo modo si rivela lo stile di Dio, che è assolutamente gratuito e mai condizionato. Lo stile di Gesù che prima opera e poi parla è un’indicazione di stile ineludibile e assolutamente indicativo per le scelte ecclesiali.

(M. Semeraro)