SEDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

I VENTAGLI E IL BUON PASTORE 

Dal Vangelo secondo Marco
 
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Questo Vangelo si commenta sempre nel cuore dell’estate, quando le persone iniziano ad andare in ferie, le chiese si svuotano maggiormente del solito e il caldo mette in moto i ventagli delle donne, generalmente di  media-elevata età, che occupano i posti di chi non va in vacanza ma resta in città ad attendere la stagione più fresca. 

Inizia una coreografia che il celebrante vede bene dalla sede della Chiesa: a ritmo sincronizzato, il movimento che dovrebbe produrre il ricircolo dell’aria diventa invocazione di respiro e refrigerio,  nel cuore della stasi dell’aria e dell’afa. Invano. 

Un movimento che mi ricorda il movimento dei MOLTI del Vangelo che seguono Gesù e i suoi discepoli: “MOLTI erano quelli che andavano e venivano” … “MOLTI li videro partire e capirono” dov’erano diretti. C’è un movimento, come quello del ventaglio, di andata e ritorno, forse neanche così chiaro perchè si sa che muovere aria calda ne aumenta semplicemente lo spostamento.  Molti seguono, camminano. E Gesù non chiede a nessuno la carta d’identità, ma vive un atteggiamento ben preciso: “vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore”. Anche di questo ha bisogno il ventaglio, di un motivo, di una direzione, di un senso … Gesù lo sa, e anche a noi, agitatori seriali di ventagli in terra afosa, continua a rivolgersi con immenso amore e “si mise a insegnare molte cose”. 

Perchè, siamo sinceri, cosa ce ne facciamo della compassione di Gesù, quando il movimento, l’andare e il venire delle nostre vite non fa altro che lasciare le cose esattamente come sono sempre state, magari appesantendo la massa d’aria calda? 

A cosa serve la compassione di Gesù se non si trasforma in un’esperienza di novità, di cambiamento? A niente! Come il ventaglio! E infatti il problema è proprio questo: rendere l’incontro con Gesù la possibilità di accesso a una novità che va curata e salvaguardata con grandissima attenzione. La preghiera di colletta di inizio messa, infatti, inizia proprio così, chiedendo la forza a Dio “perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre vigilanti nel custodire i tuoi comandamenti”.

Non è facile essere ardenti nella fiducia, nella speranza e nell’amore, son forze divine precluse alle nostre povere buone intenzioni fatte di sola autoreferenza. Ci va la forza di Dio. Ma questa va custodita, con amore e ardore molto intensi. Gesù SI METTE A INSEGNARE: sia il Segno del Vangelo, accolto e vissuto, la possibilità di potere vedere che nasce un mondo nuovo… e aria nuova.