PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-36) 

50 ANNI

«Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?».

Gesù scandalizza i suoi interlocutori, perchè,  avendo poco più di trent’anni , (altro che 50!) afferma di avere visto Abramo, che era un nomade proprietario di cammelli vissuto almeno mille anni prima. 

Bene, o male, dieci più, dieci meno, venti più, venti meno, noi lettori e autore di questa piccola riflessione quotidiana, abbiamo sul mezzo secolo di scuola di vita. E come Gesù forse potremmo dire di avere visto, a volte, “altro che Abramo!”, ma cose ancora più inverosimili e scioccanti … e sappiamo che non c’è limite alla fantasia. 

In ogni caso, a “dare” e a “fare” la differenza non sono i tempi, ma il nostro modo di vivere il tempo e in modo particolare il nostro presente per dare un contenuto e una relazione in grado di vivificarlo continuamente e darne pienezza. 

Scrive bene Semeraro M.: “Credere che il Cristo è colui che è nel presente, in cui si ricapitola il passato e si prepara il futuro, è ciò che può veramente fare la differenza nella vita. Il Dio che si fa nostra salvezza non si identifica mai con ciò che è stato né si rimanda a ciò che sarà, ma si dona in un presente di eternità che fa della realtà una possibilità ulteriore di divinizzazione”. 

Ecco cosa vuol dire avere visto Abramo: che qualunque cosa ci capiti,  il Dio che si fa nostra salvezza e si dona nel nostro presente vissuto consapevolmente in relazione con Lui, diventa la possibilità di vivere e aprire scenari totalmente nuovi (fede) che non si misurano a partire dal tempo che ti fa, ma da quello che fai tu e attraversi tu come Figlio di un Dio che è venuto a salvarti.

Con “salvezza perenne”, come direbbe il Benedictus. 

Quanto sono conscio di essere figlio di un Padre del cielo? Quanto cerco di attivare questa consapevolezza soprattutto nei momenti nei quali ce n’è maggiormente bisogno, anzichè dimenticarlo o dire “tanto non vale la pena”? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-35)

ORCHESTRA

Se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente.

Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: “NO!”

In sintesi, questa la storia della prima lettura della Messa di oggi. 

Accipicchia, questi eventi sono proprio lo specchio delle nostre vite!

Ogni giorno migliaia di strumenti musicali, di corni, flauti, cetre, arpe, zampogne attraggono la nostra curiosità, seducono e abbracciano la nostra emotività e ci portano fuori dalla strada che vorremmo percorrere. 

Sadrac, Mesac e Abdènego hanno deciso che il direttore della loro orchestra era il Dio di Israele, non c’era posto per altri. 

D’altronde, che musica potremmo mai produrre con due direttori d’orchestra sul podio?

E noi, oggi, che viviamo in un clima culturale dove ci viene fatto credere che la musica la possiamo dirigere da soli, mettendo noi stessi sul piedistallo dell’universo per dare inizio alla danza, anche se non sappiamo niente di musica, anche se non sappiamo neanche cosa sia uno strumento musicale … ma la danza che esce è piuttosto macabra … 

Giornata per pensare a tutte quelle seduzioni che ci distolgono dall’armonia, dalle linee melodiche pulite, dagli accordi minori, maggiori, dimunuiti ed eccedenti che non risolviamo, dalla pulizia e dall’evidenza del canto che deve rimanere  vivo come un fiume che scorre, nonostante musiche opprimenti cerchino di cancellarne la bellezza. 

Gesù è lì. A noi accogliere le istruzioni d’uso dell’orchestra. Oggi ai farisei, nel Vangelo dice: “cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi” … 

Non bisogna avere un coltello per fare fuori Gesù, basta la dimenticanza e l’indifferenza. 

Come va la concertazione della mia vita? C’è armonia e senso della proporzione? Sono responsabile? Rispondendo … a chi? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (- 34) 

SOGNARE 

“Quando si svegliò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore”. 

Uno dei titoli più belli di San Giuseppe –  di cui oggi ricorre la festa –  è sicuramente quello di CUSTODE. Giuseppe custodisce i sogni, e  a partire da quella originaria custodia diventa anche custode di Maria e di Gesù figlio di Dio e suo. 

Non sarà stato facile. 

E per chi lo è? 

Eppure … la fedeltà costante a quel “sogno-annuncio” di possibilità in mezzo alle cose che sembravano impossibili, cambia la sua storia e la storia delle persone attorno a lui. 

Quindi, basta fare un sogno? 

Purtroppo no, il sogno non è sufficiente, tant’è che Matteo conclude la narrazione della nostra pagina scrivendo che Giuseppe, quando si svegliò, FECE quanto ascoltato. 

Il problema è proprio questo, anche noi abbiamo dei sogni che in teoria custodiamo, che ci ispirano, che non vorremmo mai lasciare, ma poi non si realizzano mai, perché la cosiddetta realtà ce li fa rinnegare. Ma se solo iniziamo a FARE i nostri sogni, possiamo invertire la tendenza, per scoprire che a determinare la nostra vita non è solo quello che ci capita, ma il nostro modo di volerlo leggere, interpretare e vivere … ma a partire dai nostri sogni! 

Chiaro, tra il dire e il fare c’è di mezzo … il COMINCIARE! 

Quello posso farlo solo io, non basta neanche l’Angelo!

Quali sono i miei sogni? Ne ho ancora nonostante la mia età? So custodire la Parola di Dio che vuole custodire la mia vita? Oggi che cosa posso fare per risvegliare un sogno e renderlo reale nella mia giornata? 

 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-33)

VEDERE 

Buona settimana a tutti! 

Manca ormai poco all’atterraggio, al grande giorno di Pasqua. 

Come sta procedendo il cammino? 

Nel Vangelo di ieri c’era una richiesta: “Vogliamo vedere Gesù”. 

Tutti vorremmo vedere Gesù, vorremmo toccare, sperimentare, soppesare e valutare. 

Ci voglio tornare, dopo averlo meditato durante la messa e lo faccio condividendo un bellissimo commento di Padre Semeraro: 

“I Greci chiedono di vedere Gesù e il Signore sembra dire che volerlo incontrare è come voler vedere il «chicco di grano, caduto in terra»! La sua verità non è comprensibile se non in quel mistero di nascondimento e di offerta totale ben significata dall’evocazione del seme che marcisce e muore. Detto questo, la conseguenza diventa del tutto naturale, ma tremendamente esigente: «Se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12,26). In realtà, il Signore Gesù non si sottrae alla domanda dei Greci, ma onestamente risponde senza fare mistero del fatto che «vedere», nel caso della relazione con Lui, non è una semplice operazione intellettuale di sapere – in greco lo stesso verbo dice le due cose! – ma comporta una sequela che è tutta in discesa e che richiede il «pieno abbandono» del seme nella terra, un ritorno e una conversione incessante al «dentro» e al «cuore», dove si decide della nostra vita non in modo teorico, ma in modo esistenziale e concreto”. 

Cosa evocano in me queste parole? Quanto mi sento discepolo secondo il Vangelo? E se questa giornata mi fermassi dieci minuti a domandarmi come quanto conosco veramente Gesù e quanto sia importante per me? 

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

Ma robe da matti!

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». 

Sì, la sola cosa che ti viene da dire è proprio questa: robe da matti! Il Vangelo è roba per matti! Per gente illogica e non razionale rispetto al modo comune di pensare e di essere. 

Nel Vangelo se vuoi moltiplicare la vita la devi dividere e con-dividere; se vuoi addizionare devi imparare a sottrarre. Oggi Gesù ci dice che se non voglio rimanere solo devo imparare a morire; se voglio produrre molto frutto non devo avere paura di rinunciare; che l’estremo attaccamento al modo di pensare  in maniera solo mondana mi porta a perdere tutto, mentre l’imparare a lasciare e a perdere porta al possesso di quello che non passa mai (eterno); mi dice che se voglio diventare libero mi devo fare servo … cose pazze. 

Nella storia a un certo punto arriva Gesù e dice queste cose strane cose, e anche che IL TEMPO É COMPIUTO. Dice che la salvezza non è più DA questo mondo e da questo modo di pensare che vediamo bene lo sta semplicemente portando allo sfacelo. 

Però può essere essere salvato, se reimparerò il mio modo di viverlo e di abitarlo. 

Analizziamo: la moltiplicazione degli affari privati e personali di poche persone a discapito di tutto il resto del mondo, dove sta portando? L’arraffamento forsennato nei granai di pochi eletti della terra, che inquina, distrugge, rovina la terra e altera il clima … che esito avrà? Il tenere tutto per me e chiudermi nelle mie potenzialità senza esprimerle e metterle a disposizione, cosa produce? L’assolutizzazione dei bisogni egoistici a dispetto di beni comuni che dovrebbero costruire società e comunità nuove, cosa mi dicono? L’essere assoggettato alla legge del profitto, del piacere e del benessere immediato a scapito dei processi che dovrebbero fare maturare il senso di una vita e di un mondo intero, che cosa fa? 

Già, alla fine, se sono onesto devo proprio farmi la domanda: ma è pazzo Lui o sono pazzo io? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-31)

ASCOLTARE E SAPERE

 

«La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?»

Oggi ci fa di nuovo compagnia Nicodemo. 

Nicodemo che va da Gesù di notte per interrogare la Luce, per imparare a rinascere e per prendere una posizione che fa la differenza rispetto a quello che dicevano sul Messia tutti i suoi colleghi farisei. 

Nicodemo ha coraggio. Non ha paura di dire che prima di giudicare occorre ASCOLTARE e SAPERE che cosa si sta facendo. 

Quante volte nella nostra vita ci capita di procedere per pregiudizi, per “si è sempre fatto così”, per “lo fanno tutti”. 

Nicodemo oggi ci invita a riflettere sulla “differenza” che porta nella nostra vita il fatto di dire di essere discepoli del Signore, dell’ascolto del suo Vangelo e del sapere il sapore della sua amicizia e della sua dirompente carica di vita e di forza che ci dona. 

Mi capita di vivere e pensare a partire dai pregiudizi? Quali sono quelli più gravi che mi girano dentro e mi impediscono di essere obiettivo nei confronti della realtà e delle persone? In che cosa emerge la “differenza cristiana” nelle mie scelte di tutti i giorni? Oggi che cosa dovrei fare, che gli altri non fanno, poiché dico e penso di essere un cristiano? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-30)

FESTA 

Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche Lui (Gesù). 

Ci sono tanti modi per fare festa. 

Noi, attraverso la Quaresima ci stiamo preparando alla festa di Pasqua, una festa che ci riporta a celebrare e rimettere al centro il messaggio del Crocifisso Risorto, senso e destino compiuto del nostro percorso vitale, che finalmente ritrova la sua pienezza non soltanto dopo la morte, ma a partire da ogni atto di apertura, scelta e fiducia nei confronti della parola della vita, dell’amore e del perdono. 

C’è anche un altro modo di interpretare questa parola. A volte non si vuole fare festa ma si vuole  fare LA festa a qualcuno. 

Nel Vangelo i giudei vogliono fare LA festa a Gesù, che si presenta alla festa di Pasqua nel tempio di Gerusalemme. E, dopo svariati tentativi andati falliti, finalmente ci riescono. 

Non capiscono però che fare la festa al figlio di Dio significa fare la festa a se stessi, perchè quando, ci dirà Pietro negli Atti degli Apostoli, noi facciamo fuori l’Autore della Vita, rimaniamo orfani di contenuti, di umanità vera  e di senso. 

E allora, in questa Pasqua sarà bene che ci rifacciamo la domanda vera: 

Noi quest’anno festeggeremo Gesù, e così anche noi stessi, oppure, come i Giudei, gli faremo la festa, facendolo fuori dalla nostra vita (ammesso che vi appartenga)? 

No, che festa sia! Ma quella vera! 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-29)

PENTIRSI 

Il Signore si pentì… 

Mi piacciono tanto le pagine della Bibbia dove Dio Padre e il Figlio Gesù si pentono, cambiano idea, si mettono in discussione e cambiano dopo avere parlato con le persone   profondamente legate a loro (come oggi Mosè)  o casualmente incontrate per strada. 

Il verbo pentirsi significa “Provare rimorso e dolore per aver commesso una colpa in cui ci si propone di non ricadere”, deriva dal latino paenitère che vuol dire ‘dispiacersi, essere scontento’. 

É un verbo che oggi non va molto di moda. 

Si preferisce: approfittare, dire “scusami” per continuare a fare come sempre o cancellare con un colpo di spugna quella fastidiosa ma potenzialmente  salutare inquietudine, che in realtà vorrebbe semplicemente indicarci che gli errori e il male non ci portano mai da nessuna parte. 

Quando recitiamo il Confesso a messa chiediamo perdono al Signore per i nostri errori legati a “pensieri, parole, opere, omissioni”, un bell’esame in grado di trasformarci, se preso sul serio. 

Sta a noi però riconoscere la nostra posizione davanti a Gesù che è la verità della nostra vita per intraprendere fecondi cammini di trasformazione, che, anche quando non raggiungono subito i frutti sperati, mettono in moto la linfa della vita. 

Il Signore è il perdono, che vince il peccato. Ricordate? 

Le cose di cui mi pento stanno portando nuove decisioni, orizzonti e scelte concrete di cambiamento? So ancora dispiacermi e essere scontento quando faccio del male a qualcuno, e/o anche a me stesso? Quanto mi fido della misericordia trasformatrice, senza pentimento ed eterna di Dio? E se oggi scegliessi una cosa di cui mi pento provando a cambiarla? Quale?

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-28)

SOLO

“Da me, io non posso fare nulla”

Caspita, lo dice Gesù, il Figlio di Dio! 

Penso all’evoluzione della storia dell’umanità. 

Una volta si pensava che i tre pilastri della vita dipendessero dalla relazione tra l’uomo, il mondo e Dio. 

Piano piano Dio è stato estromesso, è rimasto solo un uomo a governare il mondo. Peccato che anche questo non sia riuscito a farlo, perchè la terra è diventata il ricettacolo dei suoi capricci: mari inquinati, fonti sporcate, terre distrutte, guerre, genocidi, (insieme a qualche bella cosuccia, chiaramente fruibile solo da chi possiede il denaro) … non esiste più neanche la terra! E cosa rimane? 

Il mio povero IO: centro, giudice, calamita, capriccioso imperatore assolutista di un mondo e di un’umanità che ormai ha perso ogni riferimento motivante, istruttivo, superiore, garante, comune, benefico, induttore di speranza e cambiamento. 

Il problema è concertare 8 miliardi di IO; no, in realtà molti di meno, perché i più prepotenti distruggono i più deboli per zittirli. 

Dove finiremo? 

Urge darci una risposta! A partire da stamattina. 

Gesù diceva “posso tutto NEL Padre mio”

E … io?

Cosa vuol dire per me dire al Signore che è il mio Dio? Quanto Lui è l’ispirazione della mia vita? Sento che Lui è la luce e la forza del mio cammino? In questa Quaresima quanto “tempo/spazio voluto” gli sto dedicando.