QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

RIENTRARE NEL GIARDINO … 

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

DA MEDITARE TANTO TANTO:

La bellezza struggente dell’umanità di Gesù: lo vediamo fremere, piangere, commuoversi, gridare. Un Dio umanissimo, quello che ogni uomo cerca: non un Dio da adorare e venerare nell’alto dei cieli, ma un Dio coinvolto e coinvolgente, che ride e piange, gioca con i suoi figli nei caldi giochi del sole e del mare.

Di Lazzaro sappiamo poche cose, quelle che contano: la sua casa è aperta, è amato da molti, è amico speciale di Gesù: ospite, amico e fratello. Tre nomi per restare umani. Se Tu fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe morto. Le sorelle hanno visto le loro preghiere volare via come colombe, e nessuna che tornasse indietro a portare una risposta, una fogliolina di ulivo di risposta, come allora nell’arca.

Ma Dio esaudisce le nostre preghiere? Sì, esaudisce sempre; ma non le nostre richieste, bensì le sue promesse. “Tuo fratello risorgerà”. Lei la sente come una frase fatta, parole formali che tutti sanno dire: “so bene che risorgerà. Ma quel giorno è così lontano da questo dolore”. Lei parla al futuro, Gesù al presente. E usa parole impressionanti: “Io sono la risurrezione e la vita”. Adesso. Prima la risurrezione e poi la vita. Prima la liberazione e poi la vita viva. Che è il risultato di molte risurrezioni: dalle vite spente, dalle ceneri, da vite senza sogno e senza fuoco. Io sono la risurrezione: una linfa potente e fresca che si dirama per tutto il cosmo e che non riposerà finché non avrà raggiunto e fatto fiorire l’ultimo ramo della creazione, l’ultimo angolo del cuore.

Liberatelo e lasciatelo andare! Lazzaro esce, avvolto in bende come un neonato. Morirà una seconda volta, ma ormai gli si apre davanti una altissima speranza: Qualcuno lo ama, Qualcuno che è più forte della morte. Lasciatelo andare: Gesù è il Rabbi che libera e manda oltre senza legare a sé: dategli una stella polare per il viaggio, gli occhi di qualcuno che piangano d’amore per lui, la certezza di un approdo, e nessuno lo fermerà. Dove sta il perché finale della risurrezione di Lazzaro? Sta nelle lacrime di Gesù, la  sua dichiarazione d’amore fino al pianto. Piangere è amare con gli occhi. L’uomo risorge per le lacrime di Dio, risorgiamo perché amati. Lazzaro sono io.

Quante volte sono morto: era finito l’olio nella lampada, finita la voglia di lottare e faticare, forse perfino la voglia di vivere. E poi un seme ha cominciato a germogliare, non so da dove, non so perché. Una pietra si è smossa, è entrato un raggio di sole. Un grido d’amico ha spezzato il silenzio. Delle lacrime hanno bagnato le mie bende. Io sono Lazzaro, io sono Marta e Maria, sorelle a infiniti morti. Come loro santo solo d’amicizia, risorto solo perché amato (ERMES RONCHI)