QUARTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

BEATO TE! 

Dal Vangelo secondo Matteo

 In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Venerdì 27 gennaio abbiamo vissuto il GIORNO DELLA MEMORIA, nel quale in tutto il mondo si sono ricordati i caduti nei campi di concentramento d’Europa. Una data che raggruppa in sé tutte le tragedie e le ingiustizie, non solo quella della Shoah. Un giorno che deve diventare memoria di un fatto disumano, affinché il ricordo possa aprire strade nuove e inaugurare un volto sempre più umano a partire dai gesti, dalle parole, dagli atteggiamenti e dai pensieri di chi non vuole rimanere indifferente. 

Perchè il problema è SEMPRE legato alla MEMORIA: siamo tutti stizziti, risentiti e arrabbiati, pronti a denunciare le ingiustizie dell’universo, ma non ricordiamo che OGNI GIORNO è il campo di battaglia dove  scelte personali, al di là delle manifestazioni pubbliche che sovente lasciano il tempo che trovano, diventano la contestazione attiva e buona di quanto è cattivo e ingiusto. 

Lo stesso dicasi per la Parola di Dio. É troppo facile l’oblio. Leggevo una bellissima riflessione di un gesuita, il quale, a tal proposito affermava: “IL COMPITO DELLA VOLONTÁ É MANTENERE IL VIANDANTE IN STATO DI VIGILANZA”. É vero: ogni persona – che per definizione è un essere in cammino, evoluzione e trasformazione dal momento che decide di vivere – per non dimenticare tanto facilmente quello che crede e vuole, deve essere MOLTO VIGILANTE, perchè nel mondo tutto tende e sequestrarci i buoni propositi e le intenzioni che potrebbero dare svolte nuove ai nostri giorni. Come quel passerotto della parabola del seminatore, pronto a beccare quel piccolo seme desideroso di vita. Le preoccupazioni … 

Oggi il Vangelo allora ci ricorda alcune cose che potrebbero aiutarci a vivere la nostra settimana a partire da una memoria attiva e partecipe. Anzitutto che le beatitudini sono per i discepoli, ossia, coloro che “si staccano dalla folla per avvicinarsi” a Gesù e ascoltarlo. É un particolare di non poco conto che ci può fare pensare a quanto tempo al giorno riusciamo a dedicare a Lui per essere e diventare sempre più suoi discepoli. Che poi, significa, magari, alzarsi la mattina ripensando il Vangelo  della domenica. Oppure leggere il Vangelo del giorno e scegliere una parola da vivere. Tutti modi per “avvicinarci” al maestro che ci parla. Potrebbe anche essere utile pensare ai “perseguitati per la giustizia”, che poi significa, in fondo, coloro che devono subire l’ingiustizia del mondo, chiedendoci quanto siamo capaci di schierarci a suo favore con scelte chiare e ben determinate. La memoria dei campi di sterminio ha molto da dirci. 

Questa settimana in Parrocchia ci sarà una statua di una Madonna uguale a quella che c’era nella baracca dei preti del campo di concentramento di Dachau: riferimento di forza e di vita che, in Maria, ci ricorda che a tenerci desti sono i riferimenti da noi scelti per darle un senso e un contenuto. Come Maria, che impara a essere Madre dal suo Figlio. Vi invito a fare una visita in Chiesa per fare una preghiera davanti a Lei, affidarle tutti i dolori del mondo e chiedere la forza per essere la contestazione vivente e vigilante di tutto ciò che si oppone alla vita, alla luce e alla giustizia. Gesù ce lo ricordava bene nel vangelo di domenica scorsa: siamo mandati per diventare pescatori di uomini, ossia portatori di aria e ossigeno di un mondo che a volte non respira più. 

 

TERZA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

DAL VANGELO SECONDO MATTEO  

Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

Abbiamo terminato le feste del Natale che ci hanno ricordato l’importanza di nascere e rinascere continuamente nel figlio di Dio, nato PER NOI. Domenica scorsa il Vangelo ci immergeva nel Giordano con il nostro Messia, come per ricordarci che la possibilità della nostra nascita è legata all’immersione della nostra vita CON il Signore e NEL Signore Gesù, che è Colui che per primo si immerge in noi. E continuiamo il nostro cammino nel tempo ORDINARIO, perchè questo è lo spazio e il tempo nel quale si esprimono le potenzialità della nostra vita, il luogo che trasforma i fatti celebrati in eventi di vita. 

Continuiamo così il nostro percorso, perché la vita è questo:  procedere, cambiare, evolvere, aprirsi continuamente oltre tutte quelle forze e quelle morti che vorrebbero paralizzare e annientare le nostre ispirazioni e i nostri desideri più profondi, ascoltando LA CHIAMATA di Gesù. Una chiamata che per realizzarsi ed esprimere le proprie potenzialità nelle nostre vite richiede due gesti: LASCIARE e SEGUIRE. Un lasciare che non significa “cambiare la vita”, ma “cambiare nella vita”, ossia trovare ciò che conta davvero nel fare le cose che quotidianamente interpellano il nostro impegno e la nostra presenza. E ogni cosa è buona per manifestare la pienezza che abita il nostro cuore. 

Potremmo allora farci condurre da qualche domanda in questi sette giorni che ci aspettano sino alla prossima celebrazione domenicale: quali sono le cose che dovrei LASCIARE per TROVARE (perchè questa è la cosa importante, mica siamo dei masochisti!) più vita, più gioia e più forza nelle mie giornate? Che cosa significa per me ASCOLTARE LA CHIAMATA di Gesù nello svolgersi della mia quotidianità, con la mia famiglia, il mio lavoro, il mio approcciare gli altri per farli diventare prossimi? Da quali parole del Vangelo traggo indicazioni in grado di accompagnare e alimentare i miei pensieri che costruiscono i miei progetti e risvegliano i miei sogni? 

Matteo dice che la risposta dei discepoli avvenne SUBITO. Non è semplicemente un avverbio di tempo, si tratta, a mio parere, anzitutto di un modo di rispondere che dice una completa disponibilità che non procrastina sulle cose importanti ma che rende capaci di arrotolarci le maniche in un mondo dove siamo chiamati a diventare luce e sale per portare spazi di novità e di sapore di cui tanto c’è bisogno. E noi sappiamo bene dove. 

STA CAMMINANDO VERSO DI ME …

SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

 

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».  (GV. 1, 29 – 34) 

Oggi, non per pigrizia ma per “meraviglia”, incollo il commento di Ermes Ronchi a questo Vangelo. Mi dico: se una cosa è bellissima, ed è da contemplare, per com’è scritta e detta, perchè non condividerla totalmente? E allora, eccola, vi invito a leggerla e rileggerla, gustarla questa settimana, magari tutte le sere, prima di addormentarsi. Pensando che siamo fortunati a credere in un Dio uguale a Gesù e a un Gesù uguale a Dio! 

Giovanni vedendo Gesù venire… Poter avere, come lui, occhi di profeta e so che non è impossibile perché «vi è un pizzico di profeta nei recessi di ogni esistenza umana» (A.J. Heschel); vedere Gesù mentre viene, eternamente incamminato lungo il fiume dei giorni, carico di tutta la lontananza; mentre viene negli occhi dei fratelli uccisi come agnelli; mentre viene lungo il confine tra bene e male dove si gioca il tuo e, in te, il destino del mondo. Vederlo venire (come ci è stato concesso a Natale) pellegrino dell’eternità, nella polvere dei nostri sentieri, sparpagliato per tutta la terra, rabdomante d’amore dentro l’accampamento umano, da dove non se ne andrà mai più.

Ecco l’agnello, il piccolo del gregge, l’ultimo nato che ha ancora bisogno della madre e si affida al pastore, che vuole crescere con noi e in mezzo a noi. Non è il «leone di Giuda», che viene a sistemare i malvagi e i prepotenti, ma un piccolo Dio che non può e non vuole far paura a nessuno; che non si impone, ma si propone e domanda solo di essere accolto. Accolto come il racconto della tenerezza di Dio. Viene e porta la rivoluzione della tenerezza, porta un altro modo possibile di abitare la terra, vivendo una vita libera da inganno e da violenza. Amatevi, dirà, altrimenti vi distruggerete, è tutto qui il Vangelo.

Ecco l’agnello, inerme e più forte di tutti gli Erodi della terra. Una sfida a viso aperto alla violenza, alla sua logica, al disamore che è la radice di ogni peccato. Viene l’Agnello di Dio, e porta molto di più del perdono, porta se stesso: Dio nella carne, il cromosoma divino nel nostro Dna, il suo cuore dentro il nostro cuore, respiro dentro il respiro, per sempre. E toglie il peccato del mondo.

Il verbo è al declinato al presente: ecco Colui che instancabilmente, infallibilmente, giorno per giorno, continua a togliere, a raschiare via, adesso ancora, il male dell’uomo. E in che modo toglie il male? Con la minaccia e il castigo? No, ma con lo stesso metodo vitale, positivo con cui opera nella creazione.

Per vincere il buio della notte Dio incomincia a soffiare sulla luce del giorno; per vincere il gelo accende il suo sole; per vincere la steppa semina milioni di semi; per vincere la zizzania del campo si prende cura del buon grano; per demolire la menzogna Lui passa libero, disarmato, amorevole fra le creature. Il peccato è tolto: nel Vangelo il peccato è presente e tuttavia è assente. Gesù ne parla solo per dirci: è tolto, è perdonabile sempre! E come Lui, il discepolo non condanna, ma annuncia un Dio che dimentica se stesso dietro una pecora smarrita, un bambino, un’adultera. Che muore per loro e tutti li catturerà dentro la sua risurrezione”.

BATTESIMO DI GESÚ

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Venerdì in occasione dell’Epifania ci siamo soffermati a riflettere sulla luce: Gesù è la luce di Dio, ed essendo luce del Padre è anche la nostra luce, di figli, che illuminati vivono di quella sorgente inesauribile di calore e luminosità che inonda di nuove possibilità e vita le nostre vite. Ci siamo anche chiesti quanto diamo di noi stessi per “alimentare” questa fiamma di vita in noi. Quanto apriamo il nostro cuore alla possibilità e alla cura del nostro essere quotidianamente ri-collegati e radicati in questa sorgente infinita del nostro essere … “ A voi, genitori, e a voi, Padrino e Madrina, è affidato questo segno pasquale, fiamma che sempre dovete alimentare. Abbiate cura che il vostro bambino, illuminato  da  Cristo,  viva  sempre  come  figlio  della  luce “ si dice quando si riceve la luce del Risorto durante il Rito del Battesimo, e, in fondo, quello che un papà e una mamma, un padrino e una madrina fanno con  il proprio figlio e figlioccio ognuno di noi dovrebbe anche farlo con se stesso, per rimettersi quotidianamente al mondo. Accogliendo Dio e rinnovando i propri poteri di Figli-di-Dio. Io penso che fino a quando non ci immergeremo totalmente in questa consapevolezza, con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta l’intelligenza,  proprio come Gesù si immerge nell’acqua del Giordano per essere battezzato da Giovanni, non potremo mai comprendere quello che diceva Paolo nella seconda lettura di ieri: “in Cristo Gesù, siamo chiamati  a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Luce ieri, acqua oggi, figli nei quali Dio si compiace domani. E … da creature sempre nuove.