TERZA DOMENICA DI AVVENTO

LA VENDETTA DI DIO

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

Nella prima lettura, tratta dal libro di Isaia, c’è un’espressione interessantissima: «Coraggio, non temete!  Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina.  Egli viene a salvarvi». Fantastico! Noi quando pensiamo alla vendetta ci terrorizziamo, perchè sappiamo che le risposte ai nostri errori sono sempre decuplicate in intensità negativa. Per Dio non è così: la sua unica vendetta è salvare le nostre vite. Dio non si vendica su di noi, magari sul male, sul peccato, sulla morte. A noi l’apertura di un cuore capace di accogliere e fare spazio all’annuncio della vita. Leggevo un mistico indiano che scriveva queste parole: “CONOSCERE DIO SIGNIFICA CELEBRARE IL FUNERALE DI TUTTE LE NOSTRE TRISTEZZE”. Ecco il senso del nostro credere, che non è la cancellazione dei problemi, ma la capacità di attraversarli sapendo che la meta è garantita e che possiamo farlo da “non abbandonati”. 

Per questo Giacomo nella seconda lettura ci insegna a “guardare al contadino”. “Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina”. La vicinanza è sempre realizzazione di un desiderio di reciprocità. É inutile che qualcuno mi voglia stare vicino se io non lo voglio. Non capiterà nulla. Ma “il Regno di Dio” è vicinissimo, è “dentro” di noi … e allora questo Natale potrebbe essere invito a “rientrare”, a nuovi affondi di profondità per cercare il tesoro e la perla preziosa in grado di rivoluzionare la vita. Con costanza. Senza scoraggiamenti. 

Matteo ci ricorda che: “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo” . Chi sono questi tali? Coloro che decidono di cercare la salvezza in Gesù credendo che Lui è il Salvatore di cui c’è tanto bisogno. Sarebbe bello questa settimana provare a interrogarci: “Quali sono le mie cecità? Cosa c’è che non voglio vedere e cambiare? Cosa vuol dire riprendere dei cammini decisi anziché zoppicare senza mete e decisioni? Che cosa mi “distanzia” come un intoccabile lebbroso da certe persone, certe situazioni, certe realtà? Cosa posso fare per riavvicinarmi a esse? Forse c’è una parola detta da Gesù da riascoltare per guarire le mie sordità interiori? Il mio Natale, quest’anno, cosa vorrebbe fare risorgere nella mia vita? So ogni tanto abbandonare la presunta ricchezza della mia autoreferenzialità per fare un po’ di spazio alla ricchezza del Vangelo?