TERZA DOMENICA DI AVVENTO

“NON LASCIARTI CADERE LE BRACCIA!”

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, fac- cia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dob- biamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».

Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma

viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

E anche oggi il Vangelo ci prende per mano e ci porta sempre più vicini alla grotta della nascita del Figlio di Dio – e della nostra – figli di Dio in Gesù.

Anzitutto LE FOLLE INTERROGAVANO: all’inizio di ogni cammino ci sono delle domande, ossia la ricerca di risposte, che, per il solo fatto che vengono fatte dicono la necessità di avere un chiarimento che arriva dal di fuori di noi. La risposta non ce l’abbiamo. La possiamo solo ricevere. Proprio come la vita: si può solo accogliere e ricevere quando apriamo i cammini con le nostre domande. Noi siamo esseri eccentrici per natura, non solo in quanti unici, irripetibili e originali, ma perché costituiti da un centro che non è costituito dal nostro IO. Solo chi interroga si lascia interrogare dalle risposte che trova e … continua a camminare.

CHE COSA DOBBIAMO FARE? Importante domanda. Noi siamo quello che facciamo, non quello che diciamo. Interessante l’invito di Sofonia nella prima lettura: “non lasciarti cadere le braccia”, anche perchè senza le braccia non puoi fare più niente, e se non fai non sei. Senza le tue mani, senza il tuo fare illuminato, motivato, fondato, radicato non puoi essere. La categoria dei soldati, del popolo, dei pubblicani, ci rappresentano nel nostro modo distorto di desiderare ed esercitare il potere, di cercare prodigi e di aumentare all’infinito i nostri profitti. Il fare suggerito da Giovanni Battista sembra essere talmente minimale da rasentare la banalità, eppure se solo sapes- simo ricominciare dalla giusta e onesta misura delle cose, la nostra vita e quella degli altri ne guadagnerebbe in giustizia, profondità e ampiezza!

Il POPOLO ERA IN ATTESA. E noi: chi, che cosa stiamo aspettando? Speriamo qualcosa. Speriamo Qualcuno!