AGGIORNAMENTO ORARI DELLE MESSE
VENERDI 31 DICEMBRE – (Pre)FESTIVA MARIA SS.MA MADRE DI DIO
Ore 18,00: Messa con il canto del Te Deum
SABATO 1 GENNAIO – MARIA S. MADRE DI DIO
Ore 9,00: Santa Messa
Ore 10,30: Santa Messa
Ore 18,00: Santa Messa
DOMENICA 2 GENNAIO – II DOMENICA NATALE
Ore 9,00: Santa Messa
Ore 10,30: Santa Messa
Ore 18,00: Santa Messa
Si ricorda di arrivare in tempo per rispettare le normative vigenti ANTI-COVID
QUARTA DOMENICA DEL TEMPO DI AVVENTO
ABBRACCI
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».E anche oggi il Vangelo ci prende per mano e ci porta sempre più vicini alla grotta della nascita del Figlio di Dio – e della nostra – figli di Dio in Gesù.
Attendere: infinito del verbo amare. Solo le madri sanno come si attende. E infatti il vangelo ci offre, mentre il Natale è qui, la guida di due donne in attesa. Maria si mise in viaggio in fretta. Ecco il genio femminile: l’alleanza con un’altra donna, Elisabetta. Da sola non sa se ce la farebbe a portare il peso del mistero, del miracolo. Invece insieme faranno rinascere la casa di Dio.
Maria va leggera, portata dal futuro che è in lei, e insieme pesante di vita nuova, di quel peso dolce che mette le ali e fa nascere il canto: una giovane donna che emana libertà e apertura. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. L’anziana, anche lei catturata dal miracolo, benedice la giovane: benedetta tu fra le donne, che sono tutte benedette. Dove Dio giunge, scende una benedizione, che è una forza di vita che dilaga dall’alto, che produce crescita d’umano e di futuro, come nella prima di tutte le benedizioni: Dio li benedisse dicendo «crescete e moltiplicatevi» (Gen 1,28).
Due donne sono i primi profeti del nuovo testamento, e le immagino avvicinarsi «a braccia aperte,/ inizio di un cerchio /che un amore più vasto / compirà» (Margherita Guidacci). Il canto del magnificat non nasce nella solitudine, ma nell’abbraccio di due donne, nello spazio degli affetti. Le relazioni umane sono il sacramento di Dio quaggiù. Magnifica l’anima mia il Signore. Maria canta il «più grande canto rivoluzionario d’avvento» (D. Bonhoeffer), coinvolge poveri e ricchi, potenti e umili, sazi e affamati di vita nel sogno di un mondo nuovo.
Mi riempie di gioia il fatto che in Maria, la prima dei credenti, la visita di Dio abbia l’effetto di una musica, di una lieta energia. Mentre noi sentiamo la prossimità di Dio come un dito puntato, come un esame da superare, Maria sente Dio venire come un tuffo al cuore, come un passo di danza a due, una stanchezza finita per sempre, un vento che fa fremere la vela del futuro. È così bello che la presenza di Dio produca l’effetto di una forza di giustizia dirompente, che scardina la storia, che investe il mondo dei poveri e dei ricchi e lo capovolge: quelli che si fidano della forza sono senza troni, i piccoli hanno il nido nella mani di Dio.
Il Vangelo, raccontando la visita di Maria ad Elisabetta, racconta anche che ogni nostro cammino verso l’altro, tutte le nostre visite, fatte o accolte, hanno il passo di Dio e il sapore di una benedizione.
Il Natale è la celebrazione della santità che c’è in ogni carne, la certezza che ogni corpo è una finestra di cielo, che l’uomo ha Dio nel sangue; che dentro il battito umile e testardo del suo cuore batte – come nelle madri in attesa- un altro cuore, e non si spegnerà più. (Ermes Ronchi)
TERZA DOMENICA DI AVVENTO
“NON LASCIARTI CADERE LE BRACCIA!”
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, fac- cia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dob- biamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma
viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
E anche oggi il Vangelo ci prende per mano e ci porta sempre più vicini alla grotta della nascita del Figlio di Dio – e della nostra – figli di Dio in Gesù.
Anzitutto LE FOLLE INTERROGAVANO: all’inizio di ogni cammino ci sono delle domande, ossia la ricerca di risposte, che, per il solo fatto che vengono fatte dicono la necessità di avere un chiarimento che arriva dal di fuori di noi. La risposta non ce l’abbiamo. La possiamo solo ricevere. Proprio come la vita: si può solo accogliere e ricevere quando apriamo i cammini con le nostre domande. Noi siamo esseri eccentrici per natura, non solo in quanti unici, irripetibili e originali, ma perché costituiti da un centro che non è costituito dal nostro IO. Solo chi interroga si lascia interrogare dalle risposte che trova e … continua a camminare.
CHE COSA DOBBIAMO FARE? Importante domanda. Noi siamo quello che facciamo, non quello che diciamo. Interessante l’invito di Sofonia nella prima lettura: “non lasciarti cadere le braccia”, anche perchè senza le braccia non puoi fare più niente, e se non fai non sei. Senza le tue mani, senza il tuo fare illuminato, motivato, fondato, radicato non puoi essere. La categoria dei soldati, del popolo, dei pubblicani, ci rappresentano nel nostro modo distorto di desiderare ed esercitare il potere, di cercare prodigi e di aumentare all’infinito i nostri profitti. Il fare suggerito da Giovanni Battista sembra essere talmente minimale da rasentare la banalità, eppure se solo sapes- simo ricominciare dalla giusta e onesta misura delle cose, la nostra vita e quella degli altri ne guadagnerebbe in giustizia, profondità e ampiezza!
Il POPOLO ERA IN ATTESA. E noi: chi, che cosa stiamo aspettando? Speriamo qualcosa. Speriamo Qualcuno!
INCONTRO SULLA PAROLA DI DIO
Per chi desidera, stasera, giovedì 9 dicembre, alle ore 21,00
https://meet.google.com/bjy-zowt-yhm
SECONDA DOMENICA DI AVVENTO
DESERT-ARE
Dal Vangelo secondo Luca
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Per chi vuole suggerisco tre piste potenzialmente feconde del Vangelo, per la riflessione e il cammino della settimana.
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare: Luca è attento a dire una data, un momento preciso. La Parola di Dio si “ambienta” e “capita” sempre nello spazio della realtà, di una storia bella e buona che si mette in dialogo. L’avvento potrebbe essere un momento molto favorevole nel quale ci domandiamo: quali sono i nostri TEMPI PRECISI nei quali permettiamo alla Parola di “accadere” nelle nostre vite per emanciparle, fecondarle, riaprire con spazi di speranza e voglia di procedere? Perchè il problema è che siamo costantemente in “stato di sequestro” da mille cose e preoccupazioni che vogliono distrarci, riempiendoci di stordimenti e luci che non saziano mai la nostra fame di cose vere , buone e realmente corrispondenti alla sete dei nostri cuori (ogni burrone sarà riempito).
Nel deserto: Il deserto non è tanto un luogo fisico e geografico, quanto una predisposizione veritativa della nostra anima, un ambiente esistenziale. É lo spazio dell’essenza e dell’assenza: nel deserto sai di avere bisogno di un bicchiere di acqua pulita, di un po’ di pane, e questo è sufficiente per rialzarsi e riprendere il cammino. Il deserto è il luogo dove le cose essenziali ti fanno capire quali sono le grandi assenze e i grandi vuoti che occupano gli spazi dei cuori e, di conseguenza, le cose che li occupano in modo prepotente e inutile. L’Avvento è tempo per chiedermi: “Ma cosa sto aspettando? Cosa vorrei fare fuori? Di cosa ho veramente fame e sete? Perchè non sono contento e sono così inquieto?”
La regione del Giordano: É il confine con la terra della libertà e della promessa, quello che siamo chiamati a percorrere e a varcare mille volte nella nostra vita, perchè sempre siamo “in esodo”, in cammino di uscita, di approfondimenti e di crescita. E la terra promessa continua a essere una promessa senza fine. Se la Parola scende, come è scesa su Giovanni, e viene accolta in un momento scelto, in un deserto accogliente e nello spazio del nostro desiderio di crescere e liberarci, anche quest’anno, sono certo, questo Natale sarà un Natale di novità e di rinascita.