SESTA DOMENICA DEL TEMPO PASQUALE

 STARE “IN” GESÚ

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho
udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti
perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Se prerogativa delle pecore è ascoltare la voce del Pastore, che viene seguito STANDO DIETRO di lui, il viticoltore ci dice che la possibilità di portare frutti nelle nostre vite, accanto al realizzazione della gioia piena, dipende dal nostro STARE DENTRO la vite e la “vita” che è Gesù. Proprio come Gesù ha fatto con il Padre suo, dal quale trovava sempre fonte di ispirazione e realizzazione. 

Ci sono tre parole sulle quali protraemmo riflettere nel corso della settimana: RIMANERE, UDIRE (e conoscere), PORTARE FRUTTO. 

RIMANERE: la nostra vita dipende dai “luoghi di residenza” della nostra mente, da quei posti dove decidiamo che i nostri cuori siano di casa. “Sono in te tutte le mie sorgenti” dice il Salmo 87. E se so dov’è la sorgente, là comincio a costruire. Dalla storia umana si sa che le grandi città nascono tutte vicino ai grandi fiumi: perchè il fiume è vita, acqua, possibilità di futuro per la terra. E noi dove siamo radicati? Sempre il Salmo ci suggerisce con parole belle e poetiche: “Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere”. E continua: “Non così, non così gli empi, ma come pula che il vento disperde” … Tutto può subire il rischio di crollare improvvisamente quando siamo a corto di solide basi. 

UDIRE: sovente lo diciamo: il Signore lo vediamo con le orecchie, ossia con il nostro ascolto attento e attivo. Quante volte lo sia è difficile dirlo, perchè noi viviamo in un sistema di cose che tende volontariamente a distrarci, per non tornare a farci le domande importanti e continuare così a renderci inconsapevoli, vittime impoverite e orientate da desideri che non realizzano nulla ma favoriscono solo ed esclusivamente la logica commerciale. E diventiamo oggetti, numeri, “esseri calcolabili”, come ci ricordiamo tante volte ormai da un po’ di tempo. Importante è scegliere cosa ascoltiamo e “come ascoltiamo”. Gesù dice proprio così: “fate attenzione a come ascoltate!” 

PORTARE FRUTTO: cosa c’è di più inutile di una pianta che non fruttifichi? Certo, anche le foglie fanno la loro parte. Certo, anche la fotosintesi clorofilliana apporta benefici a tutti, ma questo non basta. Noi siamo nati per portare frutti, e portare frutti significa vivere. Portare frutti significa accondiscendere a una dinamica della “gioia” che parte dal cuore, attraversa le mani e raggiunge i fratelli. Quella gioia che non è la stupida ilare ridancianità di chi pensa di vivere senza problemi, ma la pace di un cuore che riesce appunto a portare frutto anche nel mezzo del conflitto e della tempesta perché rimane sempre in un ascolto pieno di vita e di … sorprese.