Il 29 novembre 2020 tutte le parrocchie hanno adottato il nuovo messale della madre chiesa romana, che diventerà obbligatorio in tutte le parrocchie italiane a partire da Pasqua, il prossimo 4 aprile 2021. La nuova traduzione messale introduce alcune modifiche, tra le quali la preghiera del Padre nostro.
Una prima modifica consiste nell’introduzione della congiunzione “anche”: rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.
Prima di commentare il senso di questa aggiunta, occorre precisare che rimettere i debiti significa perdonare i peccati ed il perdono dei peccati è un atto che va oltre la nostra umanità.
Antony De Mello(1), scrittore nato a Mombay, ha detto una volta: “le tre cose più difficili per un essere umano non sono attributi fisici o capacità intellettuali. Sono queste: primo, restituire amore in cambio di odio; secondo, coinvolgere gli esclusi; terzo, ammettere di avere torto”.
Dunque, restituire amore in cambio di odio, ovverosia perdonare le offese, è un atto che possiamo compiere solo con l’aiuto di Dio.
Nella preghiera del Padre nostro la congiunzione “anche” rafforza la presenza del Signore nella fatica assunta dall’essere umano a perdonare.
Perdoniamo insieme, con l’aiuto del Padre nostro e così recitiamo: Padre perdona a noi come anche noi perdoniamo insieme a te e come te. Imploriamo la Tua misericordia, consci che essa non può giungere al nostro cuore, se non sappiamo perdonare anche noi ai nostri nemici, sull’esempio e con l’aiuto del Padre.
Il perdono reso possibile dall’aiuto di Dio, con l’aggiunta della congiunzione “anche”, ritrova ulteriore completezza. Infatti, la congiunzione “anche” racchiude sia umiltà che reciprocità, oltre a risultare una fonte di unità e d’inclusione.
“Anche” viene a rinforzare l’umiltà, perché perdonare non è una prerogativa umana se non attraverso Cristo, non è un atto della nostra umanità, occorre sperimentarlo per viverlo con l’aiuto di Dio, per provare la pace dentro e fuori di noi ed insieme ai fratelli.
Ecco che la parola ci invita a superare umilmente la nostra umanità quando ci esorta: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5,23).
La congiunzione “anche” è “reciprocità” perché non è mai a senso unico: come giudico me stesso e come desidero il perdono per me stesso, così giudicherò anche gli altri e sarò disponibile ugualmente al perdono.
Tolta l’offesa e il suo veleno, ognuno va per la propria strada?
Nella preghiera del Padre nostro la cancellazione dell’offesa, anche se non è necessariamente l’oblio dell’episodio doloroso, porta alla nascita di un nuovo scenario. Ecco dove la congiunzione “anche” diventa unità.
L’avvicinamento e il riconoscimento della similitudine nella condizione umana genera l’unità che supera ogni conflitto, lascia posto alla fratellanza.
Ecco dove la congiunzione “anche” acquista potenza dilagante dell’amore che diventa inclusione: nella misura con la quale saprò perdonare sarò perdonato perché, per riprendere il titolo di questa pagina, “siamo tutti sulla stessa barca”.
Tutte le volte che ci rivolgiamo al Signore attraverso la preghiera del Padre Nostro pronunciando “rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” attuiamo un rinnovamento di cammino di riconciliazione con i fratelli che culmina con l’unità che non lascia nessuno indietro, soprattutto in questo preciso momento qualificato da Papa Francesco come tempo della domanda ai fratelli: “di cosa hai bisogno e risolvere”, proprio perché nessuno si salva da solo. Soprattutto quando “Siamo tutti sulla stessa barca”.
(1) Antony De Mello (2019) – Messaggio per un’aquila che si crede un pollo. Ed. Pickwick.
Caterina Pasini e Anselme Bakudila
Bravissimi Caterina e Anselme! Che bella questa riflessione! Al primo approccio, l’inserimento della parola “anche” può sembrare insignificante, una formalità, ma voi ci avete dimostrato che così non è! Grazie!
Grazie! Condivido molto questa bellissima riflessione. Sulla stessa barca.
Molto bello e profondo grazie. Mi ha colpito la frase “l’avvicinamento e il riconoscimento della similitudine nella condizione umana genera l’unità che supera ogni conflitto, lascia posto alla fratellanza”. In questo momento storico sembra quasi che tutto questo sbiadisca, si stia allontanando chiudendo occhi, orecchi e cuore. Ma noi ce la faremo. Grazie ancora.