VIAGGI …
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. (Vangelo di Marco)
La Quaresima è un viaggio: domenica scorsa siamo partiti dalla pianura del deserto – dove satana tentava Gesù cercando di mettere in forse le sue intenzioni e la sua “mappa” dell’itinerario di una vita affidata al Padre e donata ai fratelli – per arrivare, oggi, a un monte, un alto monte – segno di capacità di “elevazione” di sguardi e orizzonti – dove tre discepoli fanno una esperienza più profonda della verità del Signore.
Viaggiare verso la cima di un monte e goderne la meta comporta almeno tre movimenti: salire, restare e scendere. Tre movimenti che, a ben pensare, appartengono a tutte le dinamiche delle scelte che facciamo quotidianamente.
C’è un salire che è fatica, che è rinuncia di altre strade, che è affrontare l’imprevisto, ma che è assolutamente imprescindibile per raggiungere la meta. Dopo la fatica, però, si gode del traguardo raggiunto e occorre stare per guardare, percepire, imparare, assumere, contemplare e “fare qualcosa” del bellissimo luogo che si è raggiunto grazie al proprio impegno. E infine, bisogna scendere. La discesa dal monte – e più in alto si va più la sensazione di infinito e bellezza è ampia – a volte è addirittura più faticosa della salita, perchè dobbiamo “portare in basso” quello che abbiamo “visto in alto”, moltiplicare per altri quello che abbiamo visto per noi, condividere in concretezza quello che ci sembrava la promessa di un paradiso troppo lontano dalla realtà. Eppure, questo è il viaggio, e proprio così Gesù è stato l’autentico Maestro che ha portato la presenza del Padre nella concretezza irripetibile della nostra carne.
Il “viaggio-quaresima” diventa anche per noi l’opportunità irripetibile, in questo anno, per rivedere le nostre mappe personali: dove stiamo camminando? Chi ci sta guidando? Chi seguiamo? Cosa vogliamo? Per chi viviamo? Ci dirigiamo verso la vita della Pasqua che moltiplica altra vita o camminiamo per un semplice “andare senza direzioni”? Siamo fortunati, se ci rimettiamo sul sentiero, “presi e condotti da Gesù”: capiremo cosa significhi ogni giorno “risorgere dai morti”!
Bravissimi Caterina e Anselme! Che bella questa riflessione! Al primo approccio, l’inserimento della parola “anche” può sembrare insignificante, una formalità, ma voi ci avete dimostrato che così non è! Grazie!
Grazie! Condivido molto questa bellissima riflessione. Sulla stessa barca.
Molto bello e profondo grazie. Mi ha colpito la frase “l’avvicinamento e il riconoscimento della similitudine nella condizione umana genera l’unità che supera ogni conflitto, lascia posto alla fratellanza”. In questo momento storico sembra quasi che tutto questo sbiadisca, si stia allontanando chiudendo occhi, orecchi e cuore. Ma noi ce la faremo. Grazie ancora.