Non sempre la zizzania ha la meglio sul buon grano … anzi!
(Da La Stampa di lunedì)
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(Da La Stampa di lunedì)
Ascoltando e rileggendo la parabola del grano e della zizzania il pensiero è andato ad un libro che ho ripreso in mano e riletto non molto tempo fa:
CIO’ CHE INFERNO NON È di Alessandro D’Avenia.
La storia di Federico, un ragazzo 17enne che rinuncia ad un viaggio in Inghilterra per intraprenderne uno decisamente più importante alla scoperta di se stesso, ma il vero protagonista è il grano buono in mezzo a tanta zizzania che ha il volto di don Pino Puglisi, sacerdote che cammina con le sue grandi scarpe tra le pagine senza fare rumore con la forza del suo sorriso, che è il sorriso di Dio, e, con quel sorriso che non si spegnerà, nemmeno di fronte al suo carnefice e con il coraggio di gettare a piene mani seme buono, insegnerà, nel momento stesso della morte, come vivere a noi che restiamo.
Nella vita possiamo essere grano buono, lievito che dà pane, granello di senape che diventa un grande albero. “Non c’è niente di grande che non sia stato piccolissimo”. Ed allora è bello pensare che Dio vede nell’infinitamente piccolo ciò che è immensamente grande.
«È un romanzo che parla di noi, della possibilità – se torniamo a guardare la vita con gli occhi dei bambini che tutti siamo stati – di riconoscere anche in mezzo alla polvere ciò che inferno non è… Il sacrificio non sta nella morte, ma nel SACRUM FACERE. Rendere sacro quello che incontri nella vita. Così faceva lui (don Pino) e così erano quei ragazzi e bambini dietro la superficie infernale… Un sorriso può cambiare il mondo, perfino quello buio del Cacciatore, l’assassino di don Puglisi…Tutto il romanzo è nato dal voler scandagliare quel sorriso. Volevo capire come si muore così liberi dall’odio e dalla morte stessa. Chi muore così sa anche vivere e insegna a vivere a noi che restiamo. L’inferno fa molto più rumore ed è più visibile, ma il paradiso non è distruttibile dalla violenza umana». (Alessandro D’Avenia)
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
Tra i suggerimenti e i contributi sul Vangelo di domenica scorsa compariva un libro di Erri de Luca: “In nome della madre”. Lo scrittore racconta la storia e i pensieri di Maria, mentre attende la venuta del suo figlio. Mentre con Giuseppe si reca a Betlemme per il censimento, Maria pensa, rivolta al piccolo Ieshu (Gesù): “Respiravo profondo per fare sapere anche al bambino le sorprese del mondo. Era fatto di opposti, l’alto e il basso si urtavano e mandavano scintille, oppure si sfioravano con una carezza”. Un modo molto poetico (come tutto il libro) che ci fa dire che le parole della madre sono risuonate nel cuore del Maestro fino a diventare la parabola che abbiamo letto oggi, e che ancora, con grande realismo, ci convince che il Vangelo per dirsi ha un unico assunto: l’unica realtà è … la realtà! (E ognuno vive la sua). A partire da tutto il peso e l’ambiguità del male, che non sempre si riesce a definire e comprendere con nettezza, ma convive tenacemente avvinghiato al buon grano.
Lo sguardo di Gesù ci invita a operare con grande capacità di pensiero, attesa e azione. Il “buon agricoltore” domanda di guardare sempre OLTRE, per scorgere le potenzialità di trasformazione e crescita che sono racchiuse ovunque. Credere vuol dire avere fiducia nella crescita; a guardare il grano, anche se sporco di zizzania, come costante “profezia di pane” (Ronchi) a partire dal tuo orto, casa tua, dove nasce il piccolo seme della senape per diventare il più grande degli alberi. Piccolo presente pieno di grande futuro.
Questa settimana proviamo a pensare e condividere cosa significhi RESISTERE AL MALE SECONDO IL VANGELO nella vita di tutti i giorni (inviare contributi a l.lucca71@gmail.com ) .
Leggendo e meditando il Vangelo di Domenica scorsa, nella mia vita penso di essere stato un po’ un terreno sassoso, un po’ un terreno pieno di rovi ma la grazia di Dio mi ha fatto anche essere un terreno pronto ad accogliere il seme del Seminatore. Fa pensare questo Seminatore che allarga la mano e fa cadere i semi su tutto e su tutti rispettando i tempi di ognuno…in contrapposizione a com’è l’ agricoltura oggi. Un’ agricoltura meccanizzata dove ogni singolo seme non viene “lanciato” bensì viene “studiato”, piantato in un certo modo affinchè nessun seme vada perso e si ottenga da esso la massima resa possibile.
Quotidianamente dobbiamo camminare in terreni molto sassosi e pieni di rovi ma, piccoli gesti e azioni possono farci cambiare la giornata e ci fanno rinascere in un terreno fertile se abbiamo la disponibilità di accogliere il seme che ci viene dato e farlo crescere nel terreno in cui siamo.
Descrivo piccoli episodi magari ridicoli ma che mi fanno andare avanti perché è dalle piccole e semplici cose e azioni che il mondo va avanti e porta speranza, fiducia e voglia di lottare per un mondo migliore.
Era una giornata pesante sul lavoro, molte maldicenze, ambiente difficile, arido e molta tensione. Tornando a casa, un povero mi ha chiesto qualcosa. Mi sono fermato, due parole di incoraggiamento, un sorriso, una pacca sulla spalla (nonostante dentro fossi amareggiato) e una piccola offerta. Faccio tesoro dell’ insegnamento di Padre Celestino che un giorno mi disse: “ Gira sempre con 2 € in tasca in modo che se incontri qualcuno oltre a scambiare due parole possa anche comprarsi un panino o un pezzo di pizza o bere qualcosa”.
Sempre lo stesso giorno passando vicino ad un ristorante, vidi un orologio per terra. Mi chinai e lo portai all’ interno del locale e lo lasciai al proprietario perché probabilmente era di qualche cliente che lo perse appena uscito dal locale dopo aver mangiato. Una signora che era dietro me vide tutta la scena e dall’ espressione degli occhi, capii che mi sorrideva anche dietro ad una mascherina.
Ecco, io penso che le nostre giornate dovrebbero essere così “leggere” perché è la leggerezza che fa vivere.
Un ultimo episodio. I nostri nipoti trovarono una tortora che probabilmente era caduta dal nido. Mia moglie a cui piacciono molto i volatili, ne ebbe cura. A parte il primo giorno in cui si vedeva che il pennuto aveva il cuore a mille ed era impaurito, mia moglie cercò di ricreare nella gabbia le sembianze di un nido. Quasi mi commossi a vedere con quanto amore mia moglie la teneva in grembo e la imboccava perché non era in grado di mangiare da sola. Dopo alcuni giorni una ferita alla zampetta sembrava si fosse rimarginata e da dentro la gabbia sembrava volesse provare a volare. L’ abbiamo lasciata libera e dopo alcune prove di volo, un giorno partì. Dopo alcuni giorni mia moglie sentì un verso diverso dai soliti piccioni e guardando le parve che fosse la tortora che aveva curato e che fosse quasi venuta a ringraziare con un’ altra tortora. “L’ amore libera ed è liberante per il cuore”.
Mi ripeto sempre tutti i giorni. “ Fuggi il male e fai il bene! “. Cercando di tenere un terreno fertile quando passerà il Seminatore mi aiuto anche ascoltando una canzone breve di Cristicchi che si intitola “Lo chiedermo agli alberi”. Mi piace molto ascoltarla ad occhi chiusi perché le immagini distraggono e le parole entrano più in profondità. Vorrei condividerla con tutti e alla sera quando le tensioni, le incomprensioni della giornata appena trascorsa sono messe a tacere dall’ avanzare della notte, ecco che ascoltando il proprio respiro (come diceva Don Luigi) e questa melodia mi fa ben sperare per il giorno che il Signore vorrà ancora farmi vivere. Ecco di seguito:
Il Vangelo ci parla del seminatore, di frutti della terra. Quali sono i frutti che la vita ci offre? Non dobbiamo pensare solo al cibo che la terra produce, ma al cibo di Dio. Noi siamo tutti seminatori, c’è il proverbio che dice QUELLO CHE SEMINI RACCOGLI, ed è proprio cosi, quello che seminiamo raccogliamo, dobbiamo solo chiederci se abbiamo intenzione di seminare con l’aiuto di DIO o con il proprio IO. Se decidiamo di prendere la prima strada siamo sicuri di fare sempre bene, Dio è un ottimo consigliere, vuole solo il nostro bene e quindi siamo sicuri dei frutti che raccoglieremo.