IL GUSTO DELLA VITA
Il Gusto della vita
Le parabole del Vangelo Mt 13,44-46 contengono due immagini di “ricchezza”: il Regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo ed è simile ad una perla preziosa di grande valore. La vera ricchezza consiste nello scoprire questo Tesoro perché è tutto lì il “Gusto della vita”.
“Che cosa ci serve per vivere? Non per sopravvivere (per questo basta un po’ d’aria e un po’ di cibo), ma per desiderare la vita, per crederci, per volerla davvero. Alcuni dicono che per vivere sia necessario saper soffrire; altri ritengono che basti avere una buona forza di volontà; altri ancora osannano la rassegnazione, consigliando di non farsi troppe domande, di accettare passivamente e di accontentarsi; altri sottolineano il dovere, l’obbedienza alle leggi, ai supremi principi.
Io credo che per vivere occorra trovare qualcosa di bello. Sì, la cosa fondamentale è trovare qualcosa di bello nel lavoro, nelle relazioni, nella casa in cui abiti, nel paese dove risiedi. Trovare qualcosa di bello, che ti attragga, ti appassioni, ti metta in moto. Trovare qualcosa di bello che ti faccia toccare con mano il gusto della vita. Senza gusto, senza stupore, senza senso la vita diventa un’inutile condanna. Ci vuole qualcosa di bello che tocchi i tuoi sensi e ti riaccenda il desiderio. Affinché la quotidianità non diventi banale e asfissiante. Spesso la vita sembra insipida. E ci stanca. Come mangiare una minestra senza sale. Per questo dobbiamo lavorare per trovare le cose belle. Che sono stelle che illuminano le nostre notti. E riaccendono la vita”.
(Mons. Derio Olivero: Il gusto della vita. Effatà Editrice, 2019)
SCAVI…
IL TESORO DELL’ AMORE
In tutti i tempi l’amore deve vincere il sospetto, sempre bisogna accettare il rischio e fidarsi, uscire quando le ragioni per stare chiusi dentro sembrerebbero essere più serie e gravi. Altrimenti la vita lentamente ma inesorabilmente si trasforma in un LUTTO, la casa diventa una TANA, la strada finisce in un VICOLO CIECO. infatti, l’amore che noi ci mettiamo non è tanto un regalo fatto all’altro, quanto un dono offerto a noi stessi per scommettere su un DI PIÚ di vita, per rilanciare la posta dell’esistenza. L’amore è un’apertura di credito verso la nostra contabilità che diversamente sarebbe fatta di quattro conti con i quali non ti compreresti niente. Non ragionare, ama! E quella stessa vita che ti sembrava arida e desolata ti tornerà in grazia. Ama e troverai quello che cerchi. (Lucio Coco, Piccolo lessico della modernità)
A proposito di campi …
“NON GIUDICARE CIASCUN GIORNO IN BASE AL RACCOLTO CHE HAI OTTENUTO, MA DAI SEMI CHE HAI PIANTATO”
((Robert Louis Stevenson)
DONARE TESORI
DOV’È IL TUO TESORO LÀ SARÀ ANCHE IL TUO CUORE
E dov’è il tesoro nel mio cuore?
Condivido questa pagina che mi ha fatto riflettere.
“Dice un verso del Qohelet: manda il tuo pane sopra i volti delle acque, lancialo alla corrente, a sasso, al mondo, il pane, il tuo indispensabile, il dono di se stessi, del proprio tempo, del proprio sangue, di un organo, della vita tutta intera, non esiste offerta così priva di tornaconto. “Questo è il mio pane”, disse il donatore di se stesso una sera di Pasqua nella città in collina, in quell’ultima cena si preparava a offrire il pane di se stesso alla corrente del mondo a venire, alle generazioni future.
Manda il tuo pane sopra i volti delle acque, “shallah lahmekhà al penè hammàim”, il verso antico in ebraico scroscia e gorgoglia come una corrente dentro l’applauso del fiume.
La seconda metà del verso dice “perché in molti giorni lo ritroverai”, una vecchia traduzione un po’ sbagliata dice “perché lo ritroverai dopo molti giorni”, ma è troppo povera e simmetrica questa restituzione, quello stesso pane offerto così generosamente e poi viene rimborsato uguale e pari dopo molti giorni, no, la lettera ebraica dice “in molti giorni”, allora vuol dire che quella singola offerta ti verrà restituita in molti giorni, ti verrà rimborsata incalcolabilmente di più.
Ecco che questi versi raccontano della economia sovversiva del dono, del gratis, dello spariglio che riceve in cambio una restituzione gigantesca.
Questa è l’economia del dono che butta gambe all’aria i pareggi di bilancio, le partite doppie dare e avere, grazie al gratis, si tratta del dono da VITA A VITA.
Racconta un vecchio apologo che l’inferno è una tavolata dove ciascuno sta davanti a una ciotola di riso e ha come strumenti dei bastoncini ma che sono troppo lunghi, smisurati, così nessuno riesce a mangiare. Il paradiso invece è la stessa tavolata, con la stessa ciotola di riso e gli stessi bastoncini lunghi ma dove tutti si nutrono perché ciascuno con quei bastoncini lunghi nutre quello che gli sta di fronte.
Non è utopia, esiste già l’economia del dono e il mondo già si regge sul mutuo soccorso, sull’offerta del proprio tempo libero, del proprio sangue, degli organi della vita stessa.
Non è utopia, esiste già.
E quando sparirà il sistema artificiale delle monete resterà l’economia del dono, resisteranno quelli che l’avranno saputa praticare”.
(Introduzione di Erri De Luca al libro DONO di E. Imprescia)
Non lo so ma voglio credere che il tesoro sia proprio nascosto lì nell’azione del donare. «Donare per cambiare un destino e per ridisegnare una vita. Donare è VITA»
XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
CHIEDIMI QUELLO CHE VUOI …
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».
Com’è andata la settimana del grano e della zizzania? Abbiamo saputo vedere, in mezzo alle cose che non andavano, promettenti chicchi di grano buono, “profezie di pane”? Abbiamo saputo vivere pensando soprattutto alla promessa di questo “positivo” senza essere sopraffatti dal male? Oggi, nella prima lettura, Dio compare in sogno a Salomone e gli dice: “Chiedimi cosa vuoi che io ti conceda”. Domanda che fa tremare le gambe e il cuore … e se sbagli? Quando ricapiterà un’occasione del genere? Salomone propone a Dio di donargli un cuore DOCILE e CAPACE DI DISTINGUERE IL BENE DAL MALE. Un cuore docile, anzitutto, non è un cuore molle o imbranato, ma un cuore “che va a scuola”, che impara dalla vita e dalle sue lezioni, belle e brutte, continuamente, e sa che questa è l’unica scuola che non chiude mai … E poi, capace di distinguere il bene dal male, ossia consapevole di non saperlo fare da solo, ma di avere bisogno di una Maestro, magari Divino, prima di definire qualcosa con quelle specifiche qualità. Dio apprezza questo grande desiderio di Salomone. Questo lo renderà un saggio re, il più saggio. Il Vangelo anche per noi, alla scuola che va “da una domenica all’altra” diventa SCUOLA del BENE, scuola di quei tesori che, tra le cose di questo mondo, riaccendono desideri alti e responsabilità profonde e non demandabili in grado di farci “andare”, “pieni di gioia (forza interiore)” e trovare ciò che rende veramente preziosa la vita, campo di battaglie inesauribili dove la vera domanda autenticamente liberante e identificativa non è “chi sono io?”, ma “per chi sono io?”.
Attenti alle richieste che facciamo, perchè ci sarà fatto secondo le nostre parole.
Questa settimana proviamo a pensare e condividere cosa significhi CERCARE IL REGNO DI DIO nella vita di tutti i giorni (inviare contributi a l.lucca71@gmail.com ) .
SAGGEZZA ORIENTALE
per riflettere …
Leggendo il Vangelo…
Penso di essere un campo dove convivono sia il buon grano che la zizzania. Mi auguro che prediliga il buon grano ma non ne sono così sicuro. E così come penso che sia il mio campo, penso che lo sia anche per tutti. Certo che è difficile vivere quotidianamente situazioni dove fai molta fatica a scorgere il buon grano però Gesù ci invita ad andare “oltre” e a pregare per le persone che vivono come noi le stesse difficoltà e poi in ognuno di noi c’è il seme buono e cattivo.
“Fa più rumore un albero che cade di un’ intera foresta che cresce”. Mi piace molto questa frase e nell’ aridità dei giorni che passano e che viviamo tutti con tutte le nostre magagne e i nostri dubbi, mi riempie di speranza pensare che una vita più solidale tra di noi possa farci aprire ad un nuovo respiro. Dopo questi mesi durissimi per tutti, per poter rinascere in questo post-covid io penso che o mettiamo a disposizione il nostro terreno e unendolo ad altri cerchiamo di far crescere solo il buon grano della solidarietà, aiuto reciproco, comprensione e perdono (l’ unione fa la forza) oppure se ci chiudiamo sempre più in noi stessi per salvaguardare il poco che abbiamo con molto sforzo e magari pochi risultati (vedremmo la zizzania che si moltiplica con sforzi vani da parte nostra), non andremo da nessuna parte.
Siamo tutti collegati, l’ un l’ altro. Ed è vero.
Concludo con poche parole tratte da una canzone di Mengoni. Molto semplici ma ricchissime di significato:
Prendi la mano e rialzati, tu puoi fidarti di me.
Io sono uno qualunque, uno dei tanti, uguale a te.
Ma che splendore che sei, nella tua fragilità.
E ti ricordo che non siamo soli
a combattere questa realtà.
PICCOLE COSE
Gesù ci parla del Regno dei cieli: lo fa attraverso tre parabole, ricorrendo a “piccoli semi e un po’ di lievito”.
La prima parabola: “Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano, venne il nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò”. Grano e zizzania, il bene e il male che convivono in noi e nella realtà. Stupisce la risposta del padrone ai servi, che vogliono in fretta estirpare la zizzania, mentre suggerisce loro di aspettare per evitare che da quell’operazione possa il buon grano essere danneggiato. Gesù è paziente, ci dà tempo, il giusto tempo per far crescere ciò che ha seminato in noi, per operare la scelta da quale parte stare …. Arriverà però il tempo della mietitura, del giudizio e solo “il grano sarà riposto a sicuro nel suo granaio”. Oggi questa immagine del campo di grano mi ha portato con la mente nella mia Sicilia e a quanto è accaduto 28 anni fa: era il 19.7.1992 ed era domenica pomeriggio, e Palermo e l’Italia tutta rimase impietrita dinanzi alla strage di Via D’Amelio in cui furono dilaniati il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Bene e male, legalità – giustizia e criminalità –mafia. Quelle stragi risvegliarono le coscienze, tutto quel male scosse l’intero Paese producendo frutti buoni.
La seconda parabola: “Il regno dei cieli è simile a un granello di senape seminato in un campo che una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli vengono a fare il nido tra i suoi rami”. Gesù ci stupisce ancora una volta, scegliendo per spiegare il Regno dei cieli proprio un “piccolissimo seme”, contrapponendosi così a quei parametri di grandezza, o dell’apparire, del prestigio, del potere che tanto vigono oggi …
Quel piccolissimo seme alla fine manifesterà la sua grandezza.
La terza parabola: “Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata”. Un pizzico di lievito basta per far fermentare tutta la pasta! Altra cosa piccola, ma con che forza …. È in grado di generare una grande trasformazione!
Enzo Bianchi commenta così il Vangelo di oggi: “Siamo dunque chiamati alla pazienza, alla piccolezza, al nascondimento: nel vivere con libertà e intelligenza queste realtà, sta la nostra possibilità di accogliere il Regno annunciato da Gesù, cioè di fare obbedienza a lui, chicco di grano caduto a terra e morto per portare molto frutto. Questa dinamica di morte e resurrezione è già primizia del Regno, se sappiamo assumerla nella nostra vita e testimoniarla nella compagnia degli uomini”.
PREGHIERA DEL GRANO NELLA ZIZZANIA
Signore,
ricordati non solo degli uomini
di buona volontà,
ma anche di quelli di cattiva volontà.
Non ricordarti
di tutte le sofferenze che ci hanno inflitto.
Ricordati, invece,
dei frutti che noi abbiamo portato
grazie al nostro soffrire:
La nostra fraternità, la lealtà,
il coraggio, la generosità
e la grandezza di cuore
che sono fioriti da tutto ciò
che abbiamo patito.
E quando questi uomini giungeranno al giudizio,
fa che tutti questi frutti
che abbiamo fatto nascere,
siano il loro perdono!
(Preghiera scritta da uno sconosciuto prigioniero del campo di concentramento di Ravensbruch e lasciata accanto al corpo di un bambino morto)