10 APRILE, VENERDI SANTO …

VOILÁ

Dal Libro del Profeta Isaia

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente”.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Ecco l’uomo

Un pensiero:  

Se immaginassimo questo venerdì Santo – preludio della Resurrezione di Gesù –  come un quadro, mi verrebbe da dire che la sua cornice – e la cornice FA il quadro! – sia costituita dalla parole di Isaia e di Giovanni. 

Un quadro strano, dipinto a pennellate contrastanti e nervose e pieno di tonalità cromatiche scioccanti. 

Stridono le parole di Isaia, quasi  come una beffa: “… sarà onorato, avrà successo, esaltato …”. 

Aggettivi che ci piacciono: chi non vuole aver successo?  Chi non desidera essere degno di onore?

Nessuno! 

Manco il Servo di Dio. 

Il problema è che i parametri del successo non assomigliano a quelli che pensiamo noi: una croce, un amore senza condizioni, una condanna ingiusta, una smorfia infinita di dolore …. Che razza di successo! Meglio non averlo, per una volta, meglio non pensarci! 

Eppure, il Vangelo non tarda a definire Gesù proprio in questa maniera: ECCO L’UOMO! L’uomo smarrito, l’uomo che cerchiamo di essere, l’uomo che è voglia di dare senso. Giovanni ci dice che possiamo vederlo lì.

Ecco l’uomo che è uomo per questo solo motivo: ha creduto talmente alla vita … da morire! 

Paradosso della Croce: sono  disposto a morire solo per ciò per cui sono disposto a donare la vita. 

Trova senso per vivere solo chi ha trovato un senso per morire. 

La mamma e il papà per i figli,  l’uomo per la sua donna, gli amanti, le mani compassionevoli e misericordiose, il tempo scelto, il “reso prossimo” per strada, il povero disgraziato di cui nessuno mai parlerà, che c’era,  … gesti di vita fino alla morte. Quanti! 

Quanti uomini!

Quante donne! 

La croce è la FORMA del dare la vita di Gesù. 

Non è l’esaltazione ammirata feticista di uno strumento di morte, ma la contemplazione di uno che si è letteralmente fatto uomo così per raccontare un Dio-diverso da quello dei terremoti e delle tempeste; di un fatto uomo così che non poteva dire il suo amore che nel darsi senza riserve, liberandoci dal timore dell’onnipotenza capricciosa del divino; fatto uomo così per dirci che Dio è così, come Lui. Un gesto di amore. Piantato nelle nostre croste, in mezzo alle ferite che bruciano. Nelle nostre domande senza risposta. Come noi. Lì ha ritrovato casa. Se cerco Dio altrove non trovo quello di cui mi ha parlato Gesù. 

Però, sinceramente, non mi interesserebbe neanche. 

E la storia pare che non finisca qui. 

Basta. 

Per riflettere:

  • Cosa faccio, io, per FARMI uomo/donna? 
  • Per chi sono disposto a dare la mia vita? 

9 APRILE, GIOVEDI SANTO …

OCCHI FISSI

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga,
gli occhi di  tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Inizia il Triduo Pasquale, cuore dell’anno liturgico, centro di ogni cosa. 

Oggi è il GIOVEDI SANTO,  giorno in cui ricordiamo il dono e l’istituzione dell’Eucarestia – Pane di Vita per il nostro cammino – e l’istituzione del ministero ordinato, ossia di coloro che prendono parte all’Unico Sacerdozio fondante e fondamentale, che è quello di Gesù, annunciando quello che Lui (proprio Lui, anzitutto Lui!) ha fatto e detto per tutti. 

Gesù, che dice ai discepoli di “vivere in memoria di Lui”. 

Quale memoria?

“Portare ai poveri il lieto annuncio,  proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;  rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”, anche nella forma della Chiesa, ossia, di persone che ascoltano, condividono e cercano di vivere il mandato di Gesù. 

Ma soprattutto nella memoria che Gesù non è ancora stato oltrepassato,  ma sta sempre al di sopra di tutto, esattamente come si è rivelato a noi nel Vangelo. 

Oggi, leggendo il Vangelo, su cui dobbiamo ricordare di TENERE GLI OCCHI FISSI, – pena il tradimento del nostro Credo che dice che il Figlio ha rivelato definitivamente il Padre – mi domando che cosa significhi, per me e per noi, (perché tutti coloro che dicono di credere sono “mediatori”  della buona Notizia di Gesù per il mondo) “portare ai poveri il lieto annuncio,  proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;  rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”. 

Cosa significa che il messaggio di Gesù è “lieto”  e non, invece, patetica espressione del machismo,  religioso e  violento, di “superautoproclamantisi” testimoni delle  (proprie) sicurezze pagano-religiose? Non sarebbe piuttosto più giusto servire la speranza che umilmente, ma tenacemente, informa i passi della nostra fraterna quotidianità?

Cosa vuol dire recuperare la vista, se non avere la continua opportunità di “volgere lo sguardo”, di “fissarlo” su Gesù? 

Noi siamo quello che guardiamo, che ascoltiamo, di cui nutriamo le nostre interiora e la nostra interiorità:  il mio sguardo è curato dalle mani di Colui che è venuto per i malati e non per i sani? 

E rimettere in libertà gli oppressi? Proclamare la libertà ai prigionieri? Siamo così vanitosi da pensare di potere comunicare agli altri questa notizia, quando non passiamo neanche un momento a pensare, davanti a Gesù, alla sua luce, quali sono le cose che ci opprimono, ci soffocano, ci impediscono di respirare e inspirare (non basta inspirare, occorre espirare, rinnovare l’aria del cuore, altrimenti si soffoca!)? Siamo noi i primi destinatari del Sacerdote che è  Gesù. Altrimenti andremo verso gli altri in “libertà vigilata e condizionata”, da quel carcere che c’è nel nostro cuore e dal quale non vogliamo assolutamente uscire. Però, ci soddisfa fare delle belle rappresentazioni. Ma le rappresentazioni sono per gli attori, per quelli che si mettono le maschere, ossia i farisei … gli ipocriti. 

Che bello pensare che davanti a Gesù,  invece, abbiamo la possibilità di trasformare e rinnovare proprio queste realtà, di diventare vita un po’ più nuova, vera, nutrita Pasqua da risorti. 

Perchè il Vangelo ci raggiunge in questa speranza. 

Vorrei allora concludere con una postilla: in questi giorni circolano messaggi apocalittici attribuiti alla volontà devastante di Dio che induce la fede a colpi di terremoti e conseguenti liberazioni intestinali, perché a leggerli c’è veramente da “farsela sotto” . Mi chiedo se chi dice e trasmette questi messaggi sia cristiano, perché essere cristiani significa credere che Gesù Cristo è la rivelazione del volto salvifico di Dio. A voi sembra logico che uno ti dica: “se non mi ami ti distruggo!”,  se non vivi per me ti ammazzo!” “se non ti converti mando il terremoto” “se non fai il digiuno ti trito”…?   Non so, non mi pare che siano pensieri secondo il Vangelo e neanche secondo Gesù Cristo, il quale – se ricordiamo la pagina delle tentazioni – davanti a quel perfido personaggio che era il diavolo, non cede alla seducente e dolce suggestione di rivelare il volto del Padre  con i gesti che bypassano la faticosa assunzione del senso della libertà e, soprattuto, la responsabilità di chi ritrova nell’alleanza con Dio, giorno dopo giorno, una direzione  a favore della propria vita, e non una minaccia di morte. Altrimenti, scusate, perchè facciamo Pasqua? Recitiamo? 

Ma i nostri occhi dove li stiamo fissando? 

A meno che Gesù non conti più.

(In questo caso avvisatemi, cambio religione!)

Buon Triduo … con Gesù. 

8 APRILE, MERCOLEDI SANTO …

FIDARSI

Dal Libro del Profeta Isaia

“Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.   Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”. 

Un pensiero:

PORTE

Buongiorno a tutti! 

Se domenica abbiamo varcato il portone della Settimana Santa, oggi varchiamo un’altra porta, quella che ci fa accedere definitivamente al senso della vita di Gesù –  che celebreremo da domani nel Triduo Pasquale – e, di conseguenza anche della nostra, perché Dio ci ha “pensati” come suo Figlio. 

Facciamo un altro passo.

La vita è in cammino. 

ORECCHIE 

Colpiscono le parole di Isaia, che delinea il profilo del vero discepolo: uno che parla, dopo avere ascoltato. Uno che indirizza “una parola allo sfiduciato”, perché lui, per primo, l’ha ascoltata e accolta nella sua vita ritrovando quella fiducia che rimette in piedi. 

Qualcuno dice che se il Creatore ci ha fatti con due orecchie e una bocca è perché dobbiamo ascoltare il doppio di quello che parliamo.  

Anche il Servo di Dio di Isaia: parla  e ascolta come i discepoli. 

Se parlare è l’azione tipica dell’apostolo che annuncia, ascoltare è l’azione tipica del discepolo che impara. Ma che ha ascoltato tanto. Che ha fatto tanto silenzio prima di andare ad annunciare.  Di colui che sa che la sua missione diventa efficace solo perché NON SI TIRA INDIETRO E NON OPPONE RESISTENZA davanti alla Parola della Vita, la Parola della RINUNCIA PER TROVARE.  

E allora comincio a chiedermi quanto sono abitato dalla presenza della Parola di Dio. Comincio a vedere che quando chiede la mia disponibilità mi fa irrigidire (opporre resistenza). Comincio a pensare che la Chiesa è piena di apostoli che, per primo, come me, fanno tante cose, dicono tante parole, ma ACCOLGONO BEN POCA PAROLA. E ci si lamenta che le cose non vanno. Ma, noi cristiani, quanto diventiamo le parole della Parola? Quanto siamo voce dell’Annuncio e non semplicemente di noi stessi? 

Eppure, fino alla fine, in ogni occasione, il Signore “non si tirerà indietro” ma continuerà a parlare a tutti i cuori che vorranno aprirsi e accogliere la sua presenza. 

La storia della sua PASSIONE PER NOI non ci abbandonerà mai, perché Gesù è più tenace dei nostri  abbandoni, ci sarà sempre a tendere la Sua mano verso di noi. 

Da parte nostra, almeno un piccolo, semplice gesto da sperimentare con attenzione lungo la giornata: aprirsi, accogliere. 

I piccoli semi possono diventare grandi alberi. 

Parola di Gesù! 

Per riflettere: 

  • Cosa significa per me “ascoltare come discepolo”? 
  • Mi sento “in relazione” con la Parola che è Gesù? 

7 APRILE, MARTEDI SANTO …

IL GALLO

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone,
subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà
il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

Un pensiero:

Dio non esiste perché è da qualche parte, ma esiste perché tu gli permetti di abitare in te,  e tu gli permetti di venire al mondo, anzitutto nel tuo. Come hanno fatto Maria, Abramo, Giacobbe, Gesù & Co., fino  ad arrivare a noi. 

A noi sta “incarnare” la parola che ascoltiamo, per renderla carne nella nostra carne, ogni giorno. Letteralmente “mettere al mondo Gesù”. Partorirlo. 

Oggi vorrei condividere con voi tre pensieri che mi hanno raggiunto leggendo le letture dalla Messa. 

NOTTE 

La Passione di Gesù si consuma di notte. 

Il tradimento, l’abbandono, la consegna, la vendita di chi ci vuole bene, la rinuncia, non possono che avvenire favoriti dall’ottundimento delle tenebre. Quelle tenebre che non ci fanno più vedere. Non solo gli altri, ma anche noi stessi.

Giovanni nel Prologo scriveva:  la luce è venuta tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto”.  

Io non penso che il Vangelo di oggi sia la narrazione del potere chiromantico di Gesù di prevedere il futuro; mi sembra piuttosto la storia della coscienza di Giuda. 

Giuda che osserva, Giuda che, davanti a Gesù, si dice: “quello che devi fare fallo subito, perchè se continui a fissare la Luce può annientare le tue tenebre”; Giuda che è a tavola con tutti i discepoli, da discepolo, fino alla fine; Giuda che per primo riceve da Gesù il “boccone d’onore”, il primo, il migliore. 

… “Fermati, luce, tu brilli troppo, mi accechi!”

Giuda che preferisce andarsene, perché davanti all’evidenza non puoi  discutere, puoi solo voltare le spalle.

Subito uscì, ed era notte

Notte nel cuore, dunque notte dappertutto. 

Inizia così e finisce così, ma qualcosa, una piccola pietra, fa saltare il perverso e oleato ingranaggio della morte. 

LUCE

Nella prima lettura di Isaia, il Servo di Jhawhè, il Figlio di Dio, si sente dire: “ Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra”

L’amore è la sola forza in grado di riportare luce nel cuore delle tenebre. 

Le tenebre,  nonostante tutto – e questo  lo ricorderà nuovamente e testardamente anche la Pasqua di quest’anno a “chi Lo accoglie” – non sono state vinte. Nè il Gesù, né in noi con Gesù. 

Gesù non è uno sprovveduto innamorato, è un ferito che continua ad amare. A dare bocconi di cibo sino alla fine. A lavare piedi immondi. Ad amarci nelle nostre tenebre e oltre le nostre tenebre. 

Certo, in modo illogico e senza tornaconti, se non la grande gioia di vedere un amico che anziché tuffarsi nel buio della tenebra,  decide di ri-esporsi alla possibilità della luce. 

GALLO

Tra la notte e il giorno c’è un gallo. 

Il gallo che ti avvisa che anche tu, Pietro (io) che avevi detti che “avresti seguito il Maestro fino alla morte” e poi non hai avuto neanche il coraggio di dire che lo conoscevi davanti alla serva del cortile, hai la possibilità di girarti e vedere che i Suoi occhi non ti condannano, ti implorano soltanto di avere il coraggio e la fiducia di metterti di nuovo dietro di Lui, perché il primo gesto di amore della Passione non è la croce, ma ridare perdono e fiducia a chi ha il coraggio e l’onestà di “piangere amaramente” sul buio del suo cuore e permettere alla luce di fare il suo lavoro. 

E luce fu.  Pietro si fa perdonare. 

E notte, invece, nel cuore del povero Giuda, che decide di ammaestrarsi da solo –  nessun Rabbì – in vita e in morte. Ma magari no, oltre la morte. 

Tra la notte e il giorno c’è un gallo. 

Tra Giuda e Pietro c’è un gallo. 

Tra la memoria del tradimento e la profezia di una nuova vita c’è Gesù. 

Tra me e Gesù … un Vangelo di vita nuova. 

Un abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere: 

  • Quanto permetto alla luce di Gesù di illuminare il mio buio?
  • Quali sono le parti della mia vita che hanno più bisogno di questa luce? 

6 APRILE, LUNEDI SANTO …

SEDIE

Dal Vangelo secondo Giovanni

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora
Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti.
I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Un pensiero:

Come sempre, il Vangelo ci chiede un lavoro continuo di incarnazione; di “metterci nei panni” delle persone che accompagnano da vicino la vicenda di Gesù.

Oggi ne scelgo tre. 

MARIA

Sembra incredibile, ma è vero. Fino ad ora, nel Vangelo di Giovanni, quando si parla di Maria la si descrive, contrariamente alla laboriosa sorella, sempre SEDUTA: ai piedi di Gesù per ascoltare la Parola del Maestro; in casa, anche quando suo fratello Lazzaro è morto. Maria sta seduta, ascolta, pensa … immobile mentre sembra che il mondo segua il suo affaccendato cammino parallelo. 

Nel Vangelo di oggi, Maria SI ALZA E PRENDE L’INIZIATIVA: “prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo”, anticipando il grande gesto di amore di Gesù che lava i piedi dei suoi discepoli.

Maria SPRECA, dona sino alla fine, esplode letteralmente in un gesto di gratitudine che, come una deflagrazione di un amore che non può più rimanere “seduto” e contenersi,  riempie tutta la casa di un buon odore. 

Sprecona lei, sprecone Gesù. 

L’amore è così: è sempre uno spreco. Spreco perchè non viene capito. Spreco perchè irrita gli avidi nel cuore. Spreco perchè dà ma non sempre riceve. 

O tutto o niente … 

Come Gesù. 

GIUDA ISCARIOTA

Era “uno dei discepoli” … 

I tradimenti, a volte, possono arrivare da quelli che abitano in casa con te. 

Eppure il Vangelo continua sempre a chiamare Giuda “uno dei discepoli”,  ci sarà un bel motivo per pensarci. Per lo meno perchè anche noi diciamo, da cristiani, di essere discepoli di Gesù, che a volte, come Giuda, non capiscono che togliere la vita a Gesù significa togliere vita a se stessi; che non capiscono che i gesti non ricevono valore da quello che sembrano (mettere da parte per i poveri), ma dalla loro verità (“la verità vi farà liberi!”), che sempre va riscoperta (rubare nella cassa) e – quasi sempre – sappiamo solo noi che li facciamo; che mettere da parte è il contrario del dono e della vita se serve solo a preservarci nella nostra inattaccabile incolumità autoreferenziale, soli con noi stessi.

I GIUDEI

“I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro”

Povero Lazzaro, deve morire due volte, anche se era ritornato in vita.

Tra le persone che non sopportano i gesti di amore liberante ci sono gli “avidi”: quelli che devono tenere tutto per sé e non sopportano neanche che altri si permettano di dare, perché quei gesti sono una condanna per loro, profezia di una possibilità di vita tutta nuova e diversa. 

Meglio mantenere lo status quo. 

Chissà se sto periodo di “incubazione” forzata ci sta facendo pensare a qualcosa di diverso. 

Insomma, c’è una sedia, sulla quale tutti noi ci fermiamo – anche se stiamo in piedi – a pensare, a dialogare coi nostri pensieri, dalla quale ogni giorno ci alziamo. 

Per fare cosa? 

Maria, Lazzaro e i Giudei ci aiutano a mettere a fuoco. 

Ah, anche Gesù!

Buona giornata a tutti!

Per riflettere:

  • Quando mi siedo, cosa penso? 
  • Quando mi alzo, cosa faccio?  

DOMENICA DELLE PALME …

LA GRANDE PORTA

Carissimi amici,

Buona Domenica! Buona giornata delle Palme, così insolita in questo anno 2020. 

Oggi sarei tentato di non scrivere nulla, perché tutte le parole importanti sono state scritte nel racconto della Passione di Matteo; potete trovarla cliccando su questo link: http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20200405.shtml

Solo tre veloci suggestioni per farci accompagnare, o meglio, per accompagnare il cammino di Gesù verso la Rivelazione definitiva del volto di Dio (e anche del nostro).

  1. ASCOLTARE. Isaia nella prima lettura fa dire al Servo di Jhawhè: “Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”. Solo un orecchio attento ci dà la possibilità di comprendere bene il lungo racconto del dono della vita di Gesù. Io faccio sempre tanta fatica ad ascoltare. Mille pensieri affollano la mente, mentre si consuma il dramma del tradimento da parte di tutti nei confronti del figlio di Dio. E anche a me sembra di tradire un po’ quando non  faccio di tutto per vivere il “sacrificio” dell’attenzione – perché ci va tanta forza per ascoltare -; quando da “spettatore”,  anziché da  “attore” vivo la mia relazione con la Parola del Signore e le parole dei miei fratelli. Senza ascolto, però, non si potrà mai sapere cos’abbia da dirci la vita. Senz’ascolto annego in me stesso, naufrago tra le onde del mio laghetto narcisista. Il cammino della storia di Dio nasce dal comando di Dio ad Abramo: “esci dalla tua terra!”. Ascoltare significa questo.
  2. DISCEPOLI. La parola discepolo significa “alunno”. Cosa avevano imparato, definitivamente, dal “maestro” Gesù in tre anni di scuola “ambulante”? Il Vangelo ce lo dice, con un po’ di amarezza; vediamo un po’: “Giuda: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento”; a Gesù che racconta cosa  sta per succedere, “Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli”; però dopo un po’ “li trovò addormentati”; … dopo che arrestarono Gesù: “tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.” … davanti a chi lo accusava, Pietro “cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». Quindi, mi pare un po’ ingiusto relegare totalmente a Giuda ogni responsabilità. La storia dei discepoli diventa una penosa consegna dell’Amico.  I discepoli: la nostra storia, noi. Eppure, tutto  parte e può ripartire solo da lì: la nostra verità. Il Vangelo non maschera e non nasconde, anzi, smaschera e rilancia, sempre, in una fiducia infinita. I discepoli devono ri-ascoltare quanto accaduto, e da traditori trasformarsi in traduttori di un messaggio che prima di essere una cosa da dire diventa una meravigliosa esperienza di riconciliazione, trasformazione e libertà. 
  3. GESÚ. Centro e senso definitivo di ogni cosa. Poche parole. Tanta vita, data sino alla fine. Vicino più a noi e alle nostre morti che alla vitalità onnipotente di un Dio lontano ed estraneo. Poteva dirsi solo così: Uno che “strappa il velo del tempio”, Uno che cancella e distrugge la barriera di divisione tra il sacro e il profano, tra la morte e la vita. In quel profano che ci appartiene tutta la presenza di Dio, in quella morte che ci mangia tutta la pienezza di una vita senza fine, in quella morte di Gesù la nostra morte, ma per vivere. Oggi, se all’ingresso alla Gerusalemme delle nostre lacrime ci rimetteremo in ascolto di Dio che nasce, vive e muore in ognuno di noi, anche noi,  suoi discepoli, capiremo che, continuamente, possiamo nascere e rinascere in Lui! 

BUONA SETTIMANA SANTA! 

SABATO 4 APRILE …

Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Un pensiero:

Ci sono tanti modi per FARE FESTA. 

Anzitutto, bisogna ”ANDARE ALLA FESTA”!

Come quei tanti giudei che salirono a Gerusalemme per essere purificati … perchè “era vicina la Pasqua”.

Uh, come ci assomiglia il Vangelo! 

Anche per noi “si avvicina la festa di Pasqua”.

Sembra quasi nostalgia il  ricordo di quella gioiosa domenica delle Palme che già profumava di primavera, di fiori e ci vedeva numerosissimi attorno a quel segno di gioia, pace e benedizione che apriva la Settimana della Passione di Gesù. Quest’anno, per la prima volta per tantissimi di noi, NON ADREMO ALLA FESTA. Ma la festa verrà da noi, Gesù ci sarà e raggiungerà il cuore di chi volontariamente gli farà un po’ di spazio. Di chi lo ascolterà raccogliendosi e facendo silenzio. 

Noi ci incontreremo intorno a Papa Francesco, ci sentiremo Chiesa attorno al nostro “pontefice”, ossia “colui che fa i ponti”. Lontani ma vicini. Assenti ma più che mai presenti. Con Francesco possiamo diventare   comunità che si unifica a partire dalla Parola.

FESTEGGIARE

Già, però sarà difficile fare festa! 

Verissimo, ma non impossibile.

Soprattutto pensando al fatto che a volte le “assenze”  ci aiutano ad apprezzare le”presenze”, triste ma realistica  verità (con quanti nostri cari che non ci sono più, quante volte lo avremo pensato). Quello che non abbiamo ci fa desiderare e sognare quello che,  sovente, con superficialità e faciloneria davamo troppo per scontato e chissà perché “dovuto”.

Sono certo che a partire dalla prossima Settimana Santa ci sarà un nuovo modo di esserci e prendere parte. E gusteremo, capiremo tante cose, in modo nuovo. …. e guai a chi ci vorrà togliere la nostra infinita voglia di fare festa! 

Per riflettere… 

VERRÁ ALLA FESTA, GESÚ?

(Sì, ci sarà!)

E io?

Ci andrò? 

VENERDI 3 APRILE …

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto:
voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Un pensiero:

Certo che è proprio strano: uno passa la vita a dirti che quello che fai non è destinato al nulla ma ha un senso, passa la vita a dirti e a essere una Parola che vuole riempire di forza i tuoi giorni, passa la vita a dirti che se c’è uno da cui non ti devi mai sentire condannato ma sempre invogliato ad accogliere una misericordia per alzarti è il Padre che è nei cieli, passa la vita per uscire dal sacro recinto per incontrare quelli che stavano fuori: “miserabili, peccatori, lebbrosi, malati, maledetti da Dio … “, passa la vita a toccare occhi che non vedono,   a dare acqua di sorgente a chi è abituato a bere acqua fangosa di pozzanghera, a dare luce a chi si sente nel buio, a essere timida parola di speranza per chi non ne può più, a fare ri-nascere i non ancora nati  (l’elenco continua) e … che cosa fanno? 

Raccolsero delle pietre per lapidare Gesù”. E Gesù lo chiede ai Giudei, ma fa la domanda anche a noi: “per quale di queste opere mi volete lapidare?” … É tremendo l’enigma del male. É tremendo che anche noi, che abbiamo a volte la stridente impudenza di definirci “cristiani” “credenti non praticanti” (ma allora a cosa credi?) ,  dopo anni di spensierata frequenza di Messe domenicali, catechismi, novene, pellegrinaggi e benedizioni Urbi et Orbi … facciamo fuori Gesù.

Perchè mica bisogna prendere le pietre per fare fuori qualcuno. Basta far finta che non esista. Basta ignorarlo. “Fare fuori”, infatti, è il contrario di “dare un posto”. 

Da Natale, ce lo dice il Vangelo, “non c’era posto per loro”, per raccontare una storia di persone. 

“Le tenebre non accolsero la luce” … per essere un po’ più filosofici, come Giovanni. 

E continua la storia … non c’è posto. 

Oggi possiamo farci la domanda: “perché noi viviamo come se Gesù non esistesse (parlo per me, chiaramente, non sto accusando nessuno)?  Cosa ci dà fastidio di Lui? Perché a volte, davanti agli amici, a certe situazioni, la sua presenza è come il suono emesso dalle unghie che passano su una lavagna?”. 

Secondo me se l’è chiesto anche Gesù. Per questo, “ritornò … nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava”, cioè dal luogo nel quale inizia il suo ministero pubblico. 

Ogni tanto bisogna tornare nei luoghi dove è iniziato tutto, e chiedersi “perché?” … fa male, tanto male, ma bene, anche bene! 

Insomma, forse c’è una nuova possibilità di partenza, sempre suggerita da Gesù: 

  1. Riscoprire questa cosa: IO non esisto. Esistiamo NOI. Gesù non ha MAI detto di essere Dio, ma solo e sempre FIGLIO DI DIO, ossia, figlio di un legame. Di un Padre. Da solo NON ESISTE.   Lo stesso Gesù “non ci chiama più servi ma amici” (ossia  persone che vivono un legame di elezione, preferenza, amore incondizionato) perché ci ha detto la Parola che ci può salvare. 
  2. Ogni giorno dobbiamo scegliere, ricordarci, dopo il Vangelo, che noi non siamo né figli di Adamo, o “esuli figli di Eva”, ma “ricollocati Figli di Dio”. Ogni giorno dobbiamo scegliere da capo se essere figli del sospetto (Adamo) o della fiducia (Gesù) … 

A partire di qui … tutto il resto.

Posso salutarvi con un suggerimento per oggi? 

Ascoltate una canzone di Renato Zero: TI ANDREBBE DI CAMBIARE IL MONDO?  (clicca sulla parola “Watch”) 

watch

Parla di io, noi, di ritorno al Giordano, di futuro e anche di Coronavirus. 

Un abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere: 

  • Per quali opere voglio fare fuori Gesù?
  • Cosa significa per me “rifare posto” al Vangelo, concretamente? 

GIOVEDI 2 APRILE …

VEDERE LE PAROLE 

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 

Un pensiero: 

Nel vangelo di oggi ci sono due verbi che mi incuriosiscono e mi fanno riflettere:

  1. OSSERVARE 

Nell’estenuante e intricato  interrogatorio dei  Giudei, a un certo punto Gesù dice: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”.

É curioso l’uso del verbo osservare – che significa anche “guardare attentamente” – riferito a una parola. Ci verrebbe da dire che la parola va ascoltata, mica guardata. In realtà trovo bellissimo questo fatto: per imparare a vivere occorre IMPARARE A VEDERE LE PAROLE, perché … tutto parla e tutto ha da dirci qualcosa. Tutto produce comunicazione per chi è attento. 

Quante parole escono dal silenzio delle nostre case, quante parole si incontrano – in modo molto più denso e profondo – nelle nostre quotidiane comunicazioni, quante parole da guardare attorno a noi per quanto l’invisibile virus micidiale sta provocando, quante parole il nostro mondo collassato ci sta suggerendo … insomma, se voglio imparare a vivere devo imparare a vedere le parole che i fatti non smettono mai di sussurrare a chi ha gli occhi collegati con il cuore, l’intelligenza, le altre persone e si sente responsabile di qualcosa.  

Le parole di questi mesi possono realmente diventar scuola … di vita. Proprio come dice Gesù. 

Anzi, Gesù rincara la dose: dice addirittura che chi “guarda e  custodisce” la sua Parola non morirà mai.

2. CREDERE

A questo punto entra in gioco il secondo verbo: credere! 

I Giudei chiedono a Gesù: “Chi ti credi di essere?”.

Li ringraziamo per la domanda, perché ci rivelano una cosa molto importante: noi siamo quello che crediamo (di essere),  non semplicemente quello che siamo.

É interessante che non gli chiedano “chi sei?” … ma “chi ti credi di essere?”. 

Noi siamo tutti dei credenti da questo punto di vista, perché siamo sempre risultato di ciò che crediamo di essere: “intelligenti, belli, brutti, sfigati, super, “chi sono io!”, indegni, factotum, svogliati, amorevoli, demotivati”, e lo crediamo perché “custodiamo” le parole che scegliamo (o non scegliamo, anche questa è una scelta) per costruire le fondamenta della casa della nostra vita. Ci sono parole che ammazzano e altre che danno vita. Ci sono parole che aprono mondi e altre che ci buttano nelle nostre prigioni interiori. Parole che incontrano e parole che uccidono. …. La lista è lunga. La scelta MOLTO IMPORTANTE! 

Gesù chi si crede di essere? Esattamente una cosina non del tutto trascurabile:  “la VIA, la VERITÁ  e … la VITA!”. Tre orientamenti che si realizzano solo nel momento che si “frequentano” : la via si apre solo a chi la percorre, la verità la trova solo chi la accoglie, e la vita? Arriva, a quanti si voltano a osservare con fiducia quella Parola che Gesù ci rivolge tutti i giorni. Parola di vita piena. 

Un grande abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere:

  • Quando necessito di forza e di speranza, a quali parole mi rivolgo?
  • Quali sono le Parole più forti che mi comunica Gesù, quando penso al suo Vangelo?