DOMENICA 29 MARZO …

PIETRE

Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Carissimi,

La domenica per noi è un momento bellissimo per stare insieme. Per stare insieme e attorno a qualcosa e Qualcuno che ci attrae, che ha qualcosa da dirci e insegnarci per il nostro cammino personale che ci porta a trovare noi stessi e il senso dei nostri passi. 

Oggi penso che sia bello soffermarsi intorno alla grande umanità di Gesù, alle sue lacrime e alle sue urla. 

Intorno a quello che Lui fa per noi, alla bella notizia che non ci sarà nessuna fine che darà fine ai nostri giorni. Intorno alla notizia che la vita è una risposta alle voci e alle parole che decidiamo di scegliere come guida per le nostre giornate, ai nostri essere presenti e consapevoli. 

Oggi sento un urlo, davanti a questo morto che “già manda cattivo odore”, un grido che ridà vitalità a quanto era ormai immobile e divorato dalle tenebre: “VIENI FUORI!”. Lo sento rivolto a me, rinchiuso al buio del mio sepolcro, in quella caverna che mi impedisce di prendere luce e di dare luce. Lo sento per me, “piedi e mani legate con le bende e il viso avvolto nel sudario”.

Mi raggiunge quella parola: “liberatelo, lasciatelo andare”. Già, perché si riprende il cammino quando mi liberano e mi lasciano andare. Quando Qualcuno accanto a me mi sostiene e mi indica anche “dove”. 

Insieme, sempre nel nome di un’alleanza, che non mi sostituisce mai nella responsabilità e nella creatività, ma nasce dall’incontro e dal cuore accogliente. 

Vi lascio con parole assai migliori di quelle che potrei scrivere, sono di Ermes Ronchi:

“La ribellione di Gesù contro la morte passa per tre gradini:

1. “Togliete la pietra”. Rotolate via i macigni dall’imboccatura del cuore, le macerie sotto le quali vi siete seppelliti con le vostre stesse mani; via i sensi di colpa, l’incapacità di perdonare a se stessi e agli altri; via la memoria amara del male ricevuto, che vi inchioda ai vostri ergastoli interiori.

2. “Lazzaro, vieni fuori!” Fuori nel sole, fuori nella primavera. E lo dice a me: vieni fuori dalla grotta nera dei rimpianti e delle delusioni, dal guardare solo a te stesso, dal sentirti il centro delle cose. Vieni fuori, ripete alla farfalla che è in me, chiusa dentro il bruco che credo di essere. Non è vero che «le madri tutte del mondo partoriscono a cavallo di una tomba» (B. Brecht), come se la vita fosse risucchiata subito dentro la morte, o camminasse sempre sul ciglio di un abisso. Le madri partoriscono a cavallo di una speranza, di una grande bellezza, di un mare vasto, di molti abbracci. A cavallo di un sogno! E dell’eternità. Ad ogni figlio che nasce, Cristo e il mondo gridano, a una voce: vieni, e portaci più coscienza, più libertà, più amore!

3. Liberatelo e lasciatelo andare! Sciogliete i morti dalla loro morte: liberatevi tutti dall’idea che la morte sia la fine di una persona. Liberatelo, come si liberano le vele al vento, come si sciolgono i nodi di chi è ripiegato su se stesso, i nodi della paura, i grovigli del cuore. Liberatelo da maschere e paure. E poi: lasciatelo andare, dategli una strada, e amici con cui camminare, qualche lacrima, e una stella polare.

Che senso di futuro e di libertà emana da questo Rabbi che sa amare, piangere e gridare; che libera e mette sentieri nel cuore. E capisco che Lazzaro sono io. Io sono Colui-che-tu-ami, e che non accetterai mai di veder finire nel nulla della morte”.

Un grande abbraccio, buon giorno NEL Signore!

Per riflettere:

  • Quali legami mi tengono imprigionato?
  • Cosa vuol dire per me ascoltare la parola di liberazione di Gesù?