Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo.
La conosciamo a memoria la parabola del figlio Prodigo, anche se il vero prodigo è il padre, non il figlio. Se prendiamo il vocabolario e leggiamo il significato di questa parola, tra i primi aggettivi troviamo: “dissipatore, scialacquatore, sprecone, dilapidatore”. É proprio così: il padre dissipa il suo amore, lo scialacqua per qualcuno che non lo meritava, lo spreca per chi aveva sprecato i suoi averi e dilapida con grande incoscienza abbracci pieni di amore per coprire parole di inutili scuse assolutamente non all’altezza delle strette dell’amore paterno. Ma si sa, l’amore è tale proprio perché così: illogico, dissipatore, scialacquatore e pieno di spreco. Ma il problema è ancora un altro: il secondo figlio – lavoratore, indefesso e prodigo di esteriore sottomissione – non è per niente convinto dell’amore del padre. Non vuole entrare alla festa, perché colui che meritava punizione e allontanamento è di nuovo stato accolto e integrato nella sua famiglia. Entrerà? Non entrerà? Fatto sta che noi ci identifichiamo con questo figlio molto sovente, sia perché pensiamo di non essere mai malvagi e peccatori, sia perché chi è troppo certo di se stesso e avrebbe bisogno di tanto cammino rimane impalato sulle proprie posizioni senza possibilità di cambiamento. O meglio, di conversione. D’altronde – pensa e pensiamo – siamo già convertiti… che bisogno ne avremmo?
Buona settimana a tutti e Buona continuazione di Quaresima!
Don Luigi