Carissimi,
colpisce sempre la pagina di Cana di Galilea. Gesù fa il suo primo segno (qualcuno lo chiama miracolo) trasformando l’acqua in vino; ma a ragion veduta, si potrebbe dire che ogni cosa che il Maestro di Nazareth dice e fa sia un “segno” per noi, un segno che non si sostituisce alla nostra libertà ma la dovrebbe ispirare affinché, ognuno, nella propria singolarità e nella propria storia possa imparare una “logica” in grado di dare ai giorni della vita degli orizzonti e dei respiri che soltanto il Figlio di Dio può offrire a quanti lo accolgono. E colpisce il fatto che il primo segno nel vangelo di Giovanni sia un segno di gioia: non sempre noi ci accostiamo al Signore con il pensiero di potere trovare in Lui respiro e letizia. Anzi, sovente lo pensiamo associandolo e rinunce, sacrifici, novene, preghiere super pizzose … ma Gesù non è questo, bensì la possibilità, per chi “ascolta quello che Lui dice” di ridare vigore e gioia ai giorni. Perché troppo sovente, lo dobbiamo dire, la nostra vita assomiglia a quelle sei giare di pietra, vuote. Fredde come la pietra e anche prive di un contenuto. Il cammino del tempo ordinario, immediatamente successivo alle feste del Natale, ci pone allora questa domanda: cosa c’è dentro di me? Qual è il contenuto di quelle anfore in grado di riattivare il mio desiderio di dare e condividere senza paura i tesori che il Signore mi ha dato? La risposta me la può suggerire Gesù e la Sua Parola, giorno per giorno, ma me la devo dare soprattutto io imparando a fare quello che Lui mi dice.
Buon cammino a tutti!
Don Luigi